giovedì 31 gennaio 2013

LA MORTE DELLE NINFE


0 commenti

"Non osiamo lanciarci dalla barca perchè non c'è nessuno che ci lanci un salvagente, nessuno ci lancia un salvagente perchè non osiamo lanciarci dalla barca" (aforisma di Osimo)


Il matriarcato regnò da 30.000 a 5.000 anni fa, un lunghissimo periodo, mentre il patriarcato risale a circa 5000 anni fa: 25.000 anni di matriarcato contro soli 5.000 di patriarcato.

E' così, il matriarcato è morto, la natura è morta o mortificata, e le ninfe che l'abitavano sono morte. Un tempo il contadino chiedeva perdono all'albero che tagliava o all'animale che uccideva, oggi chiede perdono solo ai preti quando va bene, perchè l'uomo si sente privilegiato ed unico nel creato, il solo vero figlio di Dio, mentre gli animali  e le piante sono figli di un Dio minore, per non dir peggio.

Le ninfe erano l'espressione bella, intelligente e leggiadra della natura, ma oggi conta costruire blocchi di cemento perchè rendano denaro e potere, le ninfe pigramente dormienti presso i fiumi, o silenti dentro gli alberi cavi, o nascoste nelle rocce più alte, o baluginanti mentre corrono leggere nella foresta, non esistono più, ovvero esistono, ma non le vede più nessuno, perchè la mente non lo consente.

Le donne erano diverse all'epoca, erano libere e selvagge, in armonia con la natura, attive e intraprendenti, rispettose e rispettate, calde e sessuate, desiderose del maschio di cui però non erano schiave, Ma questa libertà all'uomo fece paura.

Una statuetta di 5000 anni fa rappresenta una leonessa detta Guennol, una rara scultura antica proveniente dalla Mesopotamia. La statuetta fu comprata nel 1948 da un collezionista privato, Alastair Bradley Martin, e da allora è sempre stata esposta al Brooklyn Museum of Art. La statuetta è una Dea Madre, metà donna e metà leonessa, il che fa unpo' capire il carattere di quella Dea e delle sue sacerdotesse.


La morte di Pan

L’urlo del marinaio era terribile, disperato, Plutarco ne fu scosso e inorridito.
- Pan è morto! -
Eppure mai morte passò più inosservata. Pan, il della natura, delle selve ombrose, della ciclicità poetica delle stagioni, portatore dell’ebbrezza dionisiaca, figlio segreto, molto segreto, della Pandora (Pan-dora) primigenia, è scomparso. Quel che è peggio, è morto il suo corteo di ninfe e di satiri. I satiri son divenuti i demoni del Dio in croce, e le ninfe non esistono più, esistono solo ninfomani. L’Antro delle Ninfe è divenuto tomba, le Muse non ispirano più Apollo che ora è un sole secco e inaridito. Apollo uccise Pitone lasciandolo disseccare al sole, infatti tutto ciò che è legato all'anima, alla terra, alla natura, si è disseccato, a cominciare dai sentimenti e a finire alla poesia. Gli elementi acquei dell’umanità sono estinti, tutto ciò che si scioglie, che appartiene all’alchimistico “solve”, che ci fa dilatare, espandere, lasciar andare, è bandito. Resta l’arido “coagula”, focalizzazione ristretta fine a se stessa, che non amplia, ma riduce anima e realtà.


La morte delle Ninfe

Per questo le ninfe, sono morte, sono elementi, o elementali, dell’acqua. Una volta dormivano pigre accanto alla sorgente a loro dedicata, intestata oggi a un oscuro signore che è stato sindaco benemerito di non si sa dove. Si lasciavano trascinare pigre dalla corrente del fiume, ondeggianti di veli e petali, correvano veloci tra gli alberi della foresta con balugini di gioielli e nastri colorati che al viandante erano visione, o immobili giacevano sul fondo del lago, in attesa che un giovane re della luna richiedesse Escalibur ancora una volta, l’antica spada che sorge dalla profondità dell’acqua per vedere la luce del nuovo sole.
Insomma le ninfe non ci sono più, e non potrebbero tornare?
Chissà, le ninfe erano un po’ ninfomani, ma tanto quanto la natura, come lei s’accoppiavano e proliferavano, ma nessuno lo riteneva sconveniente, a parte la Chiesa, che poi ha trovato sconveniente tutto il sesso. Le ninfe se la spassavano coi satiri, si sa, un po' di lussuria ravviva la situazione.



ANTICHE SACERDOTESSE


"Dea del disco lunare, una e triplice,
danzammo per te sulla spiaggia del mare
battendo i talloni sull’onda che si frange a riva,
corremmo di notte con l’arco sacro a tracolla
e la luna d’argento sulla fronte,
come ninfe rifugiammo nelle grotte,
protette da cerchi di fuoco, e nei templi sotterranei,
profumati d’erbe odorose, celebrammo i Sacri Misteri.

Noi vaticinanti, noi Pitie, noi Sibille, noi Profetesse,
noi Sacerdotesse del primo fuoco del mondo,
noi Sacre Prostitute della Dea Vivente,
noi Maghe, Presaghe, Divinatrici, Streghe e Shamane,
facemmo riti per la pace e la prosperità dei popoli.
Come regine Sacerdotesse amministrammo la legge,
condannando guerre e omicidi,
perché tutti gli uomini sono figli della Dea.

Anteponemmo la pace alla guerra, la notte al giorno,
la primavera all’inverno, il figlio minore al figlio maggiore,
il debole al forte, e il bene del popolo al nostro orgoglio,
perché solo la Dea Madre conosce i bisogni dei figli,
solo una Madre comprende l’animo loro
e li sostiene con infinita pietà.
"

Già le antiche sacerdotesse anteponevano la primavera all’inverno, nel matriarcato l’anno iniziava in primavera, con il nuovo ciclo della natura. -
 - Primo di Marzo: festa romana di Marte, - scrive Tibullo - qui iniziava l’anno per i nostri antenati. -
In una società più vicina al femminile i cicli ripetono quelli della natura, poi la società maschile la rovescerà e negherà, come non fosse esistita. Marte è il figlio della Grande Madre, quello che muore in autunno e risorge in primavera. Così la giornata iniziava col sorgere del sole,  usanza che durò per tutto il periodo matriarcale, poi iniziò a mezzanotte che però è l’ora delle streghe, perché tutto ciò che è oscuro è femminile e sospetto.
Ma quando iniziò il matriarcato? Da quando c’è l’homo sapiens. Le statue della grande madre iniziano nel paleolitico, come dimostra la donna scolpita in avorio di mammut, in Francia, al Museo dell’Uomo.

 - L’archeologo Grahame Clark - Societies prehistoric - 1965 :
Le figurine femminili si trovano frequentemente in tutto il vasto territorio tra i Pirenei e la valle del Don, estendendosi a sud fino all’Italia settentrionale. Anche se alcuni esemplari risalgono al magdaleniano (10.000 a.c.), la maggior parte appartiene all’epoca gravettiana (20.000 a.c.), e fa pensare che fra l’Europa orientale e l’Europa occidentale esistesse una vasta comunità di tendenze, tanto nel campo psichico che in quello tecnico. Le figurine stesse, alte solo pochi pollici, erano di solito intagliate in avorio, in lignite o in diverse qualità di pietre: calcite, ematite, oolite, serpentino, talco e steatite. Ma una figurina proveniente da Dolni Vestonice, in Moravia, era modellata in un materiale simile all’argilla e cotta fino al punto da raggiungere una considerevole durezza… L’attenzione dell’artista si concentrava sui seni generosi, le anche e le natiche abbondanti, insomma sui simboli e gli attributi della maternità.”


Dea del disco lunare, una e triplice

Le antiche Dee furono in effetti Dee lunari, poi il patriarcato portò il Dio Sole, Apollo, e la luna passò in secondo grado. Sembrerebbe normale, il sole è molto più importante della luna per noi, niente sole niente vegetazione, niente vita animale, niente vita in assoluto. Come mai allora le antiche Dee erano lunari?

La risposta c'è: perchè le sacerdotesse, cioè le donne, seguivano più l'interno che l'esterno, e l'interno era lunare, cioè non luminoso ma con un chiarore che a mala pena rischiarava il buio interiore. Oggi che siamo rivolti all'esterno e solo all'esterno una giornata col cielo coperto già ci rende metereopatici, una parola elegante per dire che ci deprime, perchè la mancanza di luce esterna ci avvicina al buio interno, che fa paura. Dentro di noi la luna che rischiara le tenebre non c'è più. Le sacerdotesse che seguivano i cicli lunari (nel mestruo le donne lo seguono tutt'oggi) sapevano che il loro inconscio si spalancava nel momento del ciclo e si richiudeva un po' di più al suo termine. Per questo c'era una certa tensione quando "La Dea si ritirava nelle grotte", perchè poco prima del ciclo le donne sentivano la presenza della Dea e all'arrivo del ciclo poteva manifestarsi in loro, ad esempio nel vaticinio.

A proposito, l'inconscio si spalanca anche oggi per le donne quando c'è il ciclo, solo che la mente si danna per richiuderlo, per questo sono nervose, perchè non seguono la loro natura e hanno due forze contrastanti dentro, così compaiono i mal di testa e i dolori mestruali.
In quanto al patriarcato rispetto al mestruo, figuriamoci, lo trovò infetto e impuro, segregò le donne in quel periodo, e ancora oggi nelle società cosiddette di tipo primitivo spesso la tribù segrega le mestruate dentro una tenda da cui non possono uscire, accudite da sole donne.


Danzammo per te sulla spiaggia del mare
battendo i talloni sull’onda che si frange a riva


Se la Dea era Luna è ovvio che molti riti fossero notturni, altrimenti la Dea non la vedevano mai, e naturalmente danzavano, perchè la danza è un antichissimo modo di lasciarsi andare. Poi il patriarcato farà legare i capelli alle donne perchè fossero ben contenute e inibite, ma all'epoca il lasciar cadere la mente era essenziale per ascoltare la natura e la Dea, che poi erano la stessa cosa. E quale posto migliore della sabbia in riva al mare per danzare a piedi nudi fino ad andare in estasi? Già il mare di per sè ispira una calma interiore e un perdersi nell'infinito, cosa che oggi farebbe molta paura.


Corremmo di notte con l’arco sacro a tracolla
e la luna d’argento sulla fronte


Diana era l'antica Dea Dia, da cui deriva il termine Dio, ed era appunto una Grande Madre, quindi Dea delle fiere, dei boschi dove le sacerdotesse correvano al chiaro di luna come ninfe e con le ninfe, perchè se non si sta nella mente le energie della natura si percepiscono, Certamente le immagini gliele diamo noi, come ninfe, elfi, fate, gnomi ecc ecc, ma quelle energie esistono davvero, e sono pure intelligenti.
Poi l'essere umano ha abbassato la serranda della mente e non è arrivato più nulla, e il mondo è diventato squallido e vuoto.


Come ninfe rifugiammo nelle grotte,
protette da cerchi di fuoco, e nei templi sotterranei,
profumati d’erbe odorose, celebrammo i Sacri Misteri.


I primi templi si dice che furono un recinto sacro all'aperto, ed è così, ma furono anche le grotte, specie per i riti segreti a cui il popolo non poteva partecipare. Nacquero così i Sacri Misteri, che durarono circa ben 1.500 anni, ma di cui i libri di storia tacciono, come un argomento scabroso da evitare. Il mistero è morto perchè la mente spiega tutto, cioè spiega e cancella come problema risolto. Questo è il suo compito, così l'anima non elabora e non sente più nulla.. e la gente cade in depressione, come è naturale...



ANTICHE VENERI

Le cosiddette Veneri steatopigie sono state trovate ovunque nell'Europa preistorica, dai Balcani al lago Baikal in Siberia, e in occidente da Willendorf, vicino a Vienna, alle Grotte du Pape in Francia. Insieme ai dipinti murali, alle caverne-tempio e ai luoghi di inumazione, queste infinite statuette sono documenti di costumi e culti del Paleolitico.

Insomma il mondo ne è pieno, i musei ne traboccano ma le espongono con calma, e se si tratta di una donna con un bambino in braccio, risalente a migliaia di anni addietro, ci scrivono su: "Donna con bimbo in braccio", se invece nella stessa epoca c'è una figura maschile, ci scrivono "Divinità maschile". Come mai questa distinzione? Sappiamo benissimo che anticamente non si modellavano immagini del popolino, ma solo Dei, al massimo re, eppure anche nelle riviste di archeologia si segue l'uso di occultare l'antica Dea.
In ogni epoca la madre scolpita o dipinta col figlio in braccio era una Dea, anche Hera o Giunone in uno specchio di Palestrina allatta un bimbo, anzi allatta Giove, il che la dice lunga sulla trasformazione dei miti, finchè non arriviamo alla Madonna, che è una Dea mancata perchè altrimenti le si dava troppa importanza, ma che è comunque la figura più venerata dai fedeli. E già, il popolo non si raccomanda molto al Padre, nè al Figlio, nè allo Spirito Santo, ma alla Madonna, e i miracoli li fa solo lei, santi a parte.



I SACRI MISTERI

Iniziarono con le prime Grandi madri, prima era lei che scendeva negli inferi a ritrovare il compagno caduto e o ferito, nel viaggio perdevano tutto, vesti, gioielli e talvolta gli occhi, ma poi risalivano vincenti col loro paredro.

In altri miti si trattava di una Dea Madre con una Dea figlia che veniva rapita dal Dio degli Inferi, la madre scendeva nel regno dei morti per ritrovare la figlia e nella discesa perdeva tutto: i vestiti, i gioielli e pure gli occhi, per poi riacquisire una figlia e un genero felicemente uniti.
Poi la Dea Madre ebbe un figlio che crescendo diveniva suo paredro, però per un accidente moriva con la disperazione della Dea, per poi però resuscitare e ricongiungersi alla moglie-madre.


Noi vaticinanti, noi Pitie, noi Sibille, noi Profetesse,
noi Sacerdotesse del primo fuoco del mondo

Ma qual'è il primo fuoco del mondo? Nel Convivio si dice che Eros era il primo nato tra gli Dei ed Eros o Cupido sarebbe il Dio dell'amore. Ma dell'amore ne sappiamo poco, dell'innamoramento ne sappiamo invece tanto. Innamorarsi è facile, è una specie di invasamento, stordimento ed esaltazione, però poi finisce, e trasformare quel sentimento in amore non è facile. Forse le sacerdotesse intendevano un altro amore, che non è nè altruismo nè sacrificio, ma è solo la conclusione di un viaggio che terminava con la conoscenza di se stessi.



lunedì 28 gennaio 2013

LE AMAZZONI - IV


0 commenti

amazzone ferita



"Come le Amazzoni di Tracia quando battono col piede le fluenti
gelate del Termodonte e combattono con armi istoriate" 
(Virgilio - Eneide)

LA RELIGIONE AMAZZONICA

Le Amazzoni erano considerate nemiche dei Greci e ti credo, in una società maschilista come quella greca, l'esistenza di donne guerriere era un insulto e una barbarie che si contrapponeva all'ordine della civiltà ellenica.
Le amazzoni si dichiaravano figlie di Hares, il Dio della guerra, non solo perchè erano combattenti ma anche perchè il feroce Dio si era vendicato ferocemente uccidendo Alirrozio, figlio di Poseidone, presso una fontana alle pendici dell’acropoli di Atene, che aveva tentato di stuprare sua figlia Alcippe. Per questo il Dio fu convocato sull'areopago per essere giudicato dal consesso degli Dei. Non essendoci altri testimoni e visto che la ragazza confermava quello che aveva sostenuto il genitore, questi fu assolto. Incredibile per una società che aveva, nei miti e quindi anche nella società, lo stupro facile, di Dee, di ninfe e di donne mortali.

Chi era Ares, cioè Marte? Un capo? Ma le Amazzoni non avevano capi maschi, allora un'idea, ma le idee non si portano in giudizio. Forse furono proprio le Amazzoni ad essere citate in giudizio, probabilmente per loro la loro regina.

La massima divinità è comunque la Grande Madre, individuata in Artemide, come Dea dell'arco e delle frecce, come la frigia Cibele col carro trascinato da due leoni,  e talvolta con Afrodite, un tempo raffigurata con la lancia. In onore di Artemide fondarono l'Artemision, un gigantesco tempio considerato una delle 7 meraviglie del mondo.
Forse Marte era più un'idea che un Dio adorato, ma qualche dubbio resta.

Per altri autori le amazzoni ebbero altri culti, e ci si deve credere, perchè occuparono zone molto diverse, addirittura in diversi continenti, per cui necessariamente ebbero divinità differenti.

Comunque ebbero sempre il culto di una grande Dea scita, Tabiti (che Erodoto interpreta come Estia, forse per  l'eroina Tapati del Mahabharata, detta "IL FUOCO CHE BRUCIA", che sarebbe raffigurata in un gran numero di statuette di terracotta rinvenute nell'area dei fiumi Bug e Donec nella religione degli Sciti che occuparono la Russia meridionale nel sec. VII a.c. Parte degli invasori occupò anche la Mesopotamia superiore e la Siria (650-620 a.c.). Un'altra schiera attraversò i Carpazi fino al corso medio del Danubio.

Ma il nucleo degli Sciti rimase nella Russia meridionale, formato soprattutto da arcieri e arciere a cavallo, divisi in numerose tribù, ciascuna con i suoi pascoli separati. Ogni tribù era governata da un re e da capi subordinati sepolti in grandi tumuli (kurgans) insieme con i cavalli e il seguito. 
Gli Sciti conservarono le loro abitudini nomadi, sfruttando il lavoro delle popolazioni indigene, segnatamente nella zona della terra nera, ricca di grano, che vendevano ai Greci delle colonie del Mar Nero, comprando in cambio ceramica e metalli lavorati greci.

Tra le regine più conosciute si ricordano Mirina, Ippolita e Pentesilea.
Le loro tombe hanno restituito numerosi ornamenti d'oro, con decorazioni di animali e scene di caccia, nonchè numerose armi sia per uomini che per donne. Sciti, con il loro re Idanthyrsos, respinsero un'invasione del re persiano Dario intorno al 512 ac.; nel 325 ac. annientarono un corpo di spedizione condotto contro di loro da Zopirione, generale di Alessandro.

Le altre divinità scitiche erano:  Artimpasa (corrispondente per Erodoto ad Afrodite Urania),  Papaios (per Erodoto Zeus), Api (forse Apia, per Erodoto Gea), Goitosyros (interpretato da Erodoto come Apollo ma forse il nome corretto era Oitosyros, corrispondente a Mitra), Thagimasadas, (che Erodoto identifica con Poseidone).



LE TERRE

Le Amazzoni si dice vivessero presso la costa sudorientale del Mar Nero, in Leucosiria, lungo il Termodonte e nella Piana Doiantica, spartita in tre territori, ognuno abitato da una stirpe che prendeva nome da una città o da un fiume: Temiscira, Cadesia e Licastia.

Metrodoro di Scepsi (fr. 4 ibid.) e Ipsicrate (ap. STRAB. ibid.) le dicono contermini, cioè confinanti, dei Gargari nelle zone pedemontane a nord dei Cerauni nel Caucaso.

Oppure stavano in Ircania, ove si racconta che la loro regina, Talestria, copulasse con Alessandro Magno per averne un figlio (ibid.; anche in PLUT. Aless. 46 e in DIOD. SIC. XVII 77, 1, il quale però scrive che sarebbe giunta in Ircania dal suo regno sul Mar Nero).

Giulio Cesare disse che avevano occupato quasi tutta l'Asia, e nessuno osò contraddirlo.
Ma esistono le Amazzoni nascoste, cioè contraffatte dai miti, come le DANAIDI e le LEMNIADI.



LE DANAIDI

Le cose andarono così:

Belo è figlio di Poseidone e di Libia e re dell'Egitto. Da Libia discesero i libici, gli etiopi e i pigmei.
Ebbe come figli Egitto, Danao, e Agenore. Secondo lo Pseudo-Apollodoro, Egitto e Danao erano gemelli e la loro madre era Anchinoe, figlia del dio-fiume Nilo. 
ARTIMPASA
  • Belo regnò in Egitto, 
  • Agenore regnò su Sidone e Tiro, in Fenici,. 
  • Egitto regnò sull'Arabia e poi assoggettò il territorio dei Melanpodi, e lo chiamò Egitto dal proprio nome, 
  • Danao regnò sulla Libia.
Danao ebbe 50 figlie ed Egitto ebbe 50 maschi. Di certo non si può pensare sia storia vera, ma un senso ce l'ha. Alla morte di Belo i gemelli si fecero guerra per la successione al trono, normale amministrazione del patriarcato. Danao, sconfitto, con le sue cinquanta figlie abbandonò l'Egitto per approdare nel Peloponneso dove fondò il regno di Argo.
Le 50 figlie furono dette Danaidi, figlie di Danao padre, e di due madri, Polisso e Pieria, madri del popolo dei Danai, cioè dei Greci.
 
Polisso, prima moglie di Danao, era madre di dodici figlie: Autonoe, Teano, Elettra, Cleopatra, Euridice, Glaucippe, Antelia, Cleodore (o Cleodora), Evippe, Erato, Stigne e Brice. Queste vennero chieste in moglie dai figli di Egitto e della ninfa Caliadne, naiade del fiume Nilo, sorella di Polisso, che aveva avuto dodici figli maschi:
Euriloco, Fante, Peristene, Ermo, Driante (o Dria), Potamone, Cisseo, Lisso, Imbro, Bromio, Polittore e Ctonio.

Pieria sarebbe stata la madre delle restanti Danaidi, fra cui Ipermnestra.
Qui si intreccia col mito di Amimone perchè quando il padre giunse a Lerna, nel golfo di Nauplia, incaricò la figlia Amimone di procurarsi dell'acqua per un sacrificio. Mentre attingeva l'acqua la giovine svegliò involontariamente un satiro, che cercò di stuprarla. La fanciulla invocò l'aiuto di Poseidone, che scagliò il tridente che però mancò il satiro, ma colpì una roccia. Poseidone fece estrarre il tridente ad Amimone e lì sgorgò la fonte Amimone, origine del fiume di Lerna. Naturalmente il Dio pretese il pizzo e dall'unione dei due nacque Nauplio.


Nomi di alcune Danaidi:

Actea, Perifante, Autonoe, Amimone o Ipermnestra, Astioca (o Astioche), Antelia, Autonoe, Brice, Cleodore (o Cleodora), Cleopatra, Euridice,  Crisotemi, Elettra, Erato, Euridice, Evippe, Glaucippe, Isonoe, Stigne, Teano.
Sull'etimologia: Ipermnestra non significa "dal saldo matrimonio" come alcuni hanno interpretato, ma significa "Gran sacerdotessa", così come Clitennestra, la moglie di Agamennone, significava "la sacerdotessa che consola" perchè mnestra significava ministra, cioè sacerdotessa.

Le 50 figlie di Danao, rifiutandosi di maritarsi coi propri cugini, fuggirono col padre ad Argo. Ma i giovani le inseguirono e le costrinsero al matrimonio. Danao diede ad ognuna l'ordine di uccidere il proprio marito. Tutte obbedirono eccetto Ipermnestra, che aveva sposato Linceo.

Infatti Amimone-Ipernnestra andò in sposa a Linceo, suo cugino figlio di Egitto, rifiutando di obbedire a suo padre quando ordinò alle figlie di uccidere i mariti. In un mito il marito di Ipermnestra, Linceo, vendicò i suoi fratelli uccidendo le 49 Danaidi assassine.
Secondo un altro mito Danao fece sposare le 49 figlie con principi e gente del luogo dando origine ai Danai. Linceo non tarderà a vendicare i suoi fratelli uccidendole tutte e risparmiando dalla morte la sola Ipermnestra.
Negli inferi, le Danaidi, vennero rinchiuse nella zona del Tartaro e furono condannate da Zeus a riempire d'acqua una gran botte che aveva il fondo bucato, così imparavano che gli stupri non vanno vendicati ma sopportati.



QUAL'E' IL VERO SENSO DEL MITO?

Perchè le Danaidi rifiutarono di sposare i cugini? Per paura di malattie dominanti tra consanguinei? No, non si sapeva che esistessero. Erano tutti e 50 brutti come la fame? Difficile da credere. E poi erano nobili e ricchi, figli di re. Diciamo che le Danaidi non si volevano proprio sposare, tanto è vero che nel mito più arcaico avevano violato le leggi di Hera, che erano le leggi del matrimonio.

amazzone con labris
Successivamente, siccome pareva brutto che le principesse non volessero sposarsi, cambiarono la cosa con la follia mandata da Dioniso, riallacciandola alle menadi o baccanti, le donne che non impazzirono ma rivendicarono la loro indipendenza nell'esplosione del culto dionisiaco del V sec. a.c.

Le Danaidi, nome dato a tutte le donne greche, semplicemente non volevano sposarsi perchè rifiutavano le leggi schiavizzanti del matrimonio greco, volevano essere libere come erano abituate da sempre, accoppiandosi con chi volevano. Riporta il mito che i loro mariti le stuprarono la prima notte di nozze al che esse risposero da buone figlie di Ares ammazzandoli tutti. Tanto è vero che si racconta di Linceo che non aveva violentato la moglie.

Se effettivamente l'ordine fosse stato dato dal padre esse non sarebbero state condannate perchè erano i padri in Grecia a stabilire il matrimonio delle figlie e l'obbedienza cieca delle figlie, tanto è vero che Danao non viene incriminato per aver dato l'ordine dell'eccidio, a parte che qualsiasi donna che non fosse abituata alle armi si troverebbe in difficoltà ad ammazzare un uomo sia pure nel sonno. Allora c'erano spade e pugnali, non c'erano le armi a distanza.


Argo

Ma Danao non si rifugiò nella città di Argo bensì la conquistò soffiando il trono al legittimo re, perciò la conquistò con un esercito e quale esercito, quello delle 50 figlie? A Danao succedette Linceo (che sposò Ipermnestra), allora diciamola tutta, i maschi volevano impalmare le donne per avere un trono futuro, senza donne la corona non si tramandava. Del resto anche per diventare re di Micene Egisto, il fratello di Agamennone dovette sposare la regina per avere il regno, e così i Proci dovevano sposare Penelope per regnare su Itaca, e così in Egitto occorreva sposare una donna della famiglia reale anche se il maschio già apparteneva alla famiglia reale e così via.

Gli succedette poi il figlio, padre dei gemelli Acrisio e Preto che si scannarono per il trono finchè non vinse Acrisio che ebbe una figlia di nome Danae.

Però un oracolo predisse ad Acrisio che sarebbe stato ucciso dal figlio di sua figlia, così la rinchiuse in una torre ma Zeus che non si sapeva tenere la raggiunse come pioggia d'oro e lei generò Perseo. Allora Acrisio fece rinchiudere Danae e Perseo in una cassa che fu abbandonata in mare. Ci cascano tutti, Noè, Romolo e Remo, Osiride non insegnano nulla. Infatti Perseo e Danae riuscirono a tornare a casa e Acrisio scappò sulla rocca di Larissa, ma quando è sfiga è sfiga. Perseo fu chiamato a Larissa per partecipare a dei giochi funebri e lanciando il disco, colpì involontariamente Acrisio, che morì.

Perseo divenne così re di Argo ma siccome aveva fatto fuori il re  propose al cugino Megapente, succeduto a Preto come re di Tirinto, di scambiarsi i regni.

A Megapente succedette il figlio Anassagorao. Ma qui le donne argive impazzirono, per colpa di Dionisio secondo alcuni, secondo altri per colpa di Era offesa dal loro comportmento. Sembra proprio che odiassero gli uomini e non volessero sposarsi. Ci risiamo, il re chiese aiuto all'indovino Melampo  ed a suo fratello Biante che riuscirono a riportarle alla ragione, grazie, si dice, alle loro tecniche mediche. Essi ottennero però un terzo del regno a testa ed il matrimonio con le figlie del re. Insomma le costrinsero a sposarsi con la forza del loro esercito tanto è vero che si papparono due terzi del regno.

La leggenda delle Danaidi fu d'ispirazione per la tragedia Le Supplici di Eschilo.


Le Supplici

Danao ed Egitto condividevano la sovranità sul regno d’Egitto. con cinquanta figlie, l'uno e 50 figli l'altroi. Egitto aveva tentato di imporre il matrimonio tra i propri figli e le Danaidi, ma queste si erano rifiutate ed erano fuggite ad Argo, in Grecia.

Qui giunte vengono esortate da Danao a raggiungere il recinto sacro, dove i supplici hanno diritto di asilo inviolabile. Esse raccontano la loro storia a Pelasgo, re di Argo, ma quest’ultimo è restio ad aiutarle, per il timore di una guerra contro l’Egitto, però ne parlerà all’assemblea cittadina; dal canto loro, le Danaidi affermano che, se non verranno accolte, si impiccheranno nel recinto sacro.

L’assemblea accoglie la supplica delle ragazze, però gli egizi sono appena sbarcati presso Argo, e vogliono rapire le Danaidi. Arriva l’araldo egizio con i suoi armigeri per portarle via, ma l’intervento di Pelasgo lo impedisce, ma sarà guerra

Morale:

le donne non volevano sposarsi perchè desideravano la libertà e per mantenerla giungevano ad uccidere, in pratica erano amazzoni. A parte le Scite che imposero regole particolari, le amazzoni rifiutavano il ruolo imposto dai maschi. Per conservare la loro libertà combatterono e fecero la guerra, infine dovettero soccombere..

gladiatrici




II VERSIONE

Le cinquanta figlie di Danao, re di Argo, accompagnarono il padre quando fuggì dalla Libia, temendo i cinquanta figli del fratello Egitto, che infatti mandò i figli a punire Danao e tutta la sua famiglia. Appena giunti, essi pregarono Danao di concedere loro in spose le sue figlie, che avrebbero ucciso però la notte delle nozze. Danao rifiutò e i figli di Egitto strinsero allora Argo d'assedio. Nella cittadella argiva non vi erano sorgenti d'acqua e Danao dovette concedere le nozze.

Durante la festa nuziale, Danao segretamente consegnò alle figlie dei lunghi spilloni da celare tra i capelli; e a mezzanotte ciascuna di esse trafisse il cuore del proprio sposo. Soltanto uno sopravvisse: per consiglio di Artemide, Ipermestra salvò la vita di Linceo che aveva rispettato la sua verginità, e lo aiutò a fuggire.
All'alba, Danao seppe che Ipermestra aveva disubbidito e la portò in tribunale affinché fosse condannata a morte; ma i giudici la assolsero. Essa innalzò un simulacro ad Afrodite Vittoriosa nel tempio di Apollo Lupo, e dedicò inoltre un santuario ad Artemide Persuasiva.

Linceo e Ipermestra poterono riunirsi come marito e moglie e Danao, che voleva sposare le sue altre figlie il più presto possibile, indisse una gara di corsa per scegliersi la moglie, detta Gara Imenea. Linceo in seguito uccise Danao e regnò al suo posto. Avrebbe volentieri ucciso anche le cognate, per vendicare la morte dei fratelli, se gli Argivi glielo avessero permesso.


Commento:
Anche qui le donne furono infine costrette a sposarsi, ma le donne della popolazione erano ancora dalla parte delle donne. Poi il tempo passerà e le donne dimenticheranno tutti i diritti e le libertà che avevano, diritti e libertà che non hanno a tutt'oggi.
Un particolare: sembra che le donne greche indossassero abitualmente lunghi spilloni per reggere i capelli, del resto anche nel sud Italia usava fino al secolo scorso. Gli ateniesi però emanarono una legge che proibiva gli spilloni perchè se venivano maltrattate o molestate le donne, che se pur schiavizzate mantenevano ancora il loro carattere libero, colpivano i maschi.



LE LEMNIADI


I VERSIONE

L'isola si Lemno era abitata da sole donne, visto che tutti gli uomini erano stati sterminati dalle loro donne. Sembra che a causa di una punizione di Afrodite, offesa dalla trascuratezza in cui versava il suo culto, le Lemniadi furono condannate ad un odore dalla pelle che le rendeva inavvicinabili.

I mariti disgustati iniziarono a trascurarle preferendo le schiave di Tracia e fu così che esse decisero di vendicarsi sterminando l'intera popolazione maschile, compresi padri, fratelli e figli. Solo Ipsipile ingannò le altre facendo nascondere il padre Toante che era figlio di Dioniso e Arianna.

Le donne però volevano figli per cui quando giunsero Giasone e gli Argonauti si giacquero con loro, che non solo non sapevano dell'accaduto, ma che in qualità di viaggiatori e marinai anche loro puzzavano non c'è male. La regina Ipsipile, si unì a Giasone, generando i gemelli Euneo (o Eveno) e Nebrofono (o Toante), creando una nuova razza denominata Mini, ma gli stessi Argonauti furono talvolta riferiti come "Mini" poiché la madre di Giasone discendeva da quella stirpe, e molti suoi cugini si unirono nell'avventura.
Eracle li forzò a ripartire rimproverandoli per il sentito coinvolgimento, strano visto che lui per far piacere ad Onphale d'era vestito da donna. O forse gli bruciava per questo.



II VERSIONE

In un'altra versione non è chiaro il motivo per cui Afrodite punisce le donne di Lemno forse un disamore nei confronti della Dea. La conseguenza è l’allontanamento delle Lemniadi da parte dei loro mariti, per l'odore ripugnante cui le aveva condannate la Dea. I mariti presero allora delle concubine tracie, catturate come schiave nel corso di spedizioni di guerra. Per vendetta allora le Lemniadi nella uccisero i mariti infedeli e i figli maschi avuti con le schiave.



III VERSIONE

Le Lemniadi non emanavano cattivo odore dalla pelle ma soffrivano di alitosi, gli puzzava il fiato, e non furono punite da Afrodite ma da Athena sempre per un culto trascurato. Per il resto si accoppiarono cogli argonauti e Giasone promise eterno amore a Ipsile, poi partì promettendo il ritorno che non arrivò mai. Ipsipile, incinta e incavolata, aspettando invano il ritorno di Giasone, maledì lui e Medea:
(ma Medea che c'entrava?)
Se, dall'alto, Giove stesso, dio di giustizia, accoglie in qualche modo le mie preghiere, anche l'usurpatrice del mio letto provi a sua volta le sofferenze per cui Ipsipile piange e sia colpita dalle sue stesse leggi.
E come io, sposa e madre di due figli, sono abbandonata, anche lei, avuti i figli, sia privata del marito; e ciò che avrà partorito malamente non possa conservarlo a lungo, e ancor peggio lo perda; sia esule e cerchi rifugio per tutto il mondo!
E quanto, come sorella, fu crudele con il fratello e, come figlia, con il povero padre, altrettanto lo sia con i figli e altrettanto con il marito.
E dopo aver esaurito terra e mare, cerchi la via del cielo; vada errando povera e disperata, macchiata del sangue della sua strage.
Queste le punizioni che io, figlia di Toante, defraudata delle mie nozze, invoco.
Vivete, moglie e marito, in un talamo maledetto!
 - (Ovidio, Eroidi VI).
Ella ebbe due gemelli Euneo e Deipilo.Quando le donne di Lemnos scoprirono il tradimento di Ipsipile, che aveva salvato il padre, la vollero uccidere, ma lei riuscì a scappare. Essa e i due figli vennero catturati dai pirati e venduti come schiavi al Re Licurgo di Nemea, padre di Giasone.

Quando i Sette marciarono contro Tebe (Beozia), per rifornire le loro truppe di acqua, la schiava del Re, Ipsipile, li condusse verso una fonte vicina, ponendo però sul terreno Ofelte, il piccolo figlio di Licurgo ed Euridice (non quella di Orfeo, un'altra), che fu morso mortalmente da un serpente. Il serpente fu ucciso e il fanciullo sepolto. Dal momento che questo fu interpretato come un cattivo presagio, i sette eroi introdussero in onore del bambino i giochi di Nemea. Per la negligenza Ipsipile venne condannata a morte, ma si salvò grazie all'intervento dei suoi due figli.



IN REALTA' AMAZZONI

Ambedue i miti alludono alle amazzoni, anche se rigirano la frittata, e pure le donne tracie erano amazzoni, probabilmente schiave di guerra. Ipsipile era la regina di Lemno e quindi delle amazzoni. Un giorno giunse a Lemno Giasone con gli Argonauti come tappa della loro missione per il recupero del Vello d'oro. L'eroe greco la sedusse e poi l'abbandonò incinta, (non puzzava più?) e pure gli argonauti si unirono alle lemnie (anche qui niente puzza). Giasone abbandonerà anche Medea (ce l'aveva per vizio oppure si stravolgevano i miti per convincere le donne che erano gli uomini a mollarle?)

ATENA LEMNIA
Le amazzoni si accoppiavano con chi volevano ma rifiutavano i matrimoni, per cui sembra molto strano che Afrodite, Dea dell'amore libero e lussurioso, le punisca, anche perchè la custode dei matrimoni semmai era Hera (Giunone).

Questi miti devono giustificare il rifiuto degli uomini da parte delle donne che in genere abbandonarono le città rifugiandosi in luoghi disabitati o cacciando via gli uomini dai possedimenti.

Quando non vogliono sposarsi è perchè sono impazzite, non perchè non vogliono sottomettersi agli uomini, se poi li uccidono è perchè sono criminali folli, non perchè gli uomini hanno tentato di catturarle o sterminarle perchè la loro presenza era un'offesa per gli uomini, anche se abitavano lontano da loro.

L'idea di lasciare libera la donna non è mai stata accettata dall'uomo, perchè pensa che se è libera di decidere li rifiuterebbe, e infatti è così.
Non viene in mente però che se l'uomo rispettasse la donna questa potrebbe amarlo.
Ma la paura che la donna possa essere meglio di lui ossessiona il maschio fino alla brutalità e all'impotenza.



LISIPPA

Secondo un mito, Tanai era un giovane eroe, figlio di Beroso e dell'amazzone Lisippa, il quale offese Afrodite col suo disprezzo per il matrimonio e il suo amore per la guerra. Smaniosa di vendicarsi, la Dea fece sì che Tanai si innamorasse di sua madre; ma piuttosto che cedere a quell'incestuosa passione, egli si gettò nel fiume Amazzonio e annegò. Da allora, il fiume prese il nome di Tanai.
Per sfuggire alla sua ombra lamentosa, Lisippa allora guidò le sue figlie lungo le rive del Mar Nero, fino alla pianura bagnata dal Termodonte che nasce dagli altissimi monti Amazzoni. Colà esse si divisero in tre tribù e ogni tribù fondò una città.
Il mito serve da un lato a far vedere quanto sono bravi i giovani maschi, come le Amazzoni nascessero da un quiproquo per una svista al culto degli Dei e non perchè le donne fossero stufe di essere maltrattate dagli uomin, e in più, quanto sono crudeli le Amazzoni, per quanto madri.

Per giunta i maschi nati dalle amazzoni non vivevano con le madri, anzi venivano consegnati agli uomini senza sapere nè i padri nè i figli quale fosse la madre, tanto è vero che se li accettavano non era perchè
fossero figli loro personali, ma per eternare la propria razza esattamente come facevano le Amazzoni.



BEBHIONN

Nel mito, Bebhionn, la bellissima venuta dalla Terra delle Vergini, isola abitata da sole donne (degli uomini non ne potevano più), al largo delle coste occidentali d’Irlanda, era Dea degli inferi, protettrice del piacere, guaritrice, perennemente circondata da uccelli magici. Nel mito è evidente si parli di Amazzoni.

Le prese nostalgia dei maschi, hai lei, si fece donna e andò a vivere sull’isola di Man (isola degli uomini) ma guarda caso il re fu brutale con lei, così scappò. Il re la inseguì e la uccise, e ti pareva? 
Dovunque gli uomini si riuniscano, sia un pub esclusivo, un centro massone, un club sportivo, o una cena tra amici, si stabilisce una solidarietà antagonista alla donna. Tra loro possono reggere il gioco stantio dell’uomo forte e dominatore, e insieme ci credono di più. Sanno che se arriva una donna l’incantesimo si spezza, scattano innamoramenti e gelosie. Tra maschi possono dimenticare i bisogni, far finta di non averne. Se compaiono i sentimenti cade il ruolo fantasticato, torna il bambino bisognoso, più bisognoso perché fortemente negato. 

Si dice che sono le donne a ricorrere alla fattucchiera per i filtri d’amore, l’uomo non lo farebbe mai. E’ vero, ma i delitti d’amore li fanno i maschi. Se abbandonati diventano distruttivi molto più delle donne, non solo per la sofferenza, ma per quel pene negato, il pene forte che doveva sostenerli. Se la donna li trascura si sentono nulla, mentre quel pene favoleggiato li faceva potenti.



NOMI DELLE AMAZZONI


Aella  
La prima delle Amazzoni a combattere contro Heracle I quando egli approntò la spedizione per riprendere la cintura di Hippolyte II. Venne uccisa dallo stesso Heracle I.

Agave IV

Alcibie
Una delle Amazzoni che andarono con Penthesilia alla Guerra di Troia. Venne uccisa da Diomede II a Troia.

Alcippe I

Alcippe IV
- Aveva giurato di rimanere una ragazza. Venne uccisa da Heracle I.

Andromaca

Anea

Antandre
- Una delle Amazzoni che andò con Penthesilia a Troia. Venne uccisa da Achille.
Antianira II
- Regina della Amazzoni. Le Amazzoni si diceva menomassero i loro figli maschi togliendo loro un braccio o una gamba. E quando gli Sciti, desiderando porre fine alla guerra contro di loro, dissero che essi non mutilavano i loro compagni di letto, Antianira II replicò che gli uomini zoppi erano comunque buoni amanti. In realtà le amazzoni non tenevano figli maschi.

Antea
Antea (o Stenebea) figlia di Iobate, re della Licia, moglie di Preto re di Tirinto da cui ebbe le Pretidi, si innamorò di Bellerofonte. Egli rifiutò l’amore della donna e allora lei l’accusò di averla violentata. Il re non volle sporcarsi le mani e lo inviò dal padre di lei con una lettera che lo avvertiva di cosa avesse fatto a sua figlia.

ARMI DA CERIMONIA
Quando Antea scoprì che Bellerofonte era ancora vivo in preda alla rabbia si uccise cavalcando Pegaso il cavallo alato cadde morendo. Il cavallo Pegaso era lunare, quindi un'allusione all'amazzonismo perchè le greche di certo non cavalcavano.
Le tre figlie di Preto e Antea: Lisippa, Ifinoe e Ifianassa erano diventate folli, a causa di una maledizione divina, e condannate a vagare allo stato selvaggio sulle montagne, assalendo come belve gli sfortunati viandanti. Ifinoe fu pure una donna di Lemno che cercò di convincere Giasone e gli Argonauti a lasciare il luogo, e fu inviata da Ipsipile, che evidentemente non li voleva tra i piedi. Le tre sorelle erano uscite di senno e il loro padre disperato fino a quando Melampo, il primo medico come citato nei racconti, venne nel suo paese, incontratele riuscì a guarirle. Ifianassa andò in sposa al medico da cui ebbe un figlio. Erano uscite di senno perchè non volevano più stare con gli uomini.

Antibrote
Una delle 12 Amazzoni che seguì Penthesilia a Troia. Fu uccisa da Achille.

Antioche
una delle Amazzoni, nominata da Igino.

Antinea
Nel 1925 rinvenuto un mausoleo degli antichi Tuareg con le spoglie di Tin Hinan – Antinea, così e’ stata battezzata l’immagine dipinta sulle rocce del massiccio dei Tassili (Algeria) intorno al 2300 a.c.Tin Hinan, regina dei Tuareg Ahaggar, per alcuni storica per altri leggendaria. Per alcuni identificabile con Antinea, nel  regno di Atlantide.
Nel 1925 una spedizione franco-americana intraprese gli scavi d'un gran tumulo funerario, ad Abalessa, 73 km ad ovest di Tamanrasset, presso il massiccio dell'Ahaggar. In quel tumulo, le tradizioni dei Tuareg Kel Rela identificavano la tomba della loro mitica regina madre, l'antenata degli "uomini blu", la casta più nobile tra tutti i popoli del gran deserto.
Nel tumulo furono scoperte diverse camere. In una di queste giaceva uno scheletro, in buono stato di conservazione, sui resti d'un letto di legno intagliato.
Lo scheletro giaceva sul dorso, con il capo orientato verso Est, gambe e braccia lievemente piegate, e indossava un copricapo di piume di struzzo, 15 braccialetti d'oro e d'argento. Inoltre si ritrovarono intorno allo scheletro una lampada romana, i resti d'una tunica di cuoio rosso, perle d'antimonio e di metallo, un anello ed una foglia d'oro, perle rosse, bianche e colorate, i grani d'una collana, due sigilli (punzoni) di ferro ed altri oggetti: un tesoro inestimabile, se si pensa che solo gli oggetti d'oro raggiungevano un peso di sette chilogrammi.
Lo scheletro alto 1,70 - 1,75 è, secondo Leblanc, d'una "donna di razza bianca" e doveva zoppicare. Lo storico arabo Ibn Khaldun riferisce che gli antenati dei Tuareg, i Berberi Huara, chiamavano Tin Hinan "Tiski", ossia "la zoppa". Il nome Tin Hinan significa "quella degli accampamenti".

Antiope IV
Era la sorella di Ippolita III o forse la stessa persona. Fu regina delle Amazzoni, amata dall'eroe Teseo, il quale la rapì e la condusse con sé ad Atene. Ebbe un figlio, Ippolito IV, da Teseo. Venne uccisa dall'amazzone Molpadia I o dallo stesso Teseo.

Armotoe
uccisa da Achille

Asteria III
Fu uccisa da Heracle I.

Asteria
una delle Amazzoni che affrontarono l'eroe Eracle, allorché egli preparò una spedizione per ottenere la cintura della regina Ippolita. Venne uccisa dall'eroe.

Bremusa
Una delle 12 Amazzoni che andò con Penthesilia a Troia. Uccisa da Idomeneus I.

Celaeno V
Vergine compagna di Artemide nella caccia. una delle Amazzoni che affrontarono l'eroe Eracle, allorché egli preparò una spedizione per ottenere la cintura della regina Ippolita. Venne uccisa dall'eroe.

Cleta
Licofrone afferma che Cleta prestava aiuto alla vergine armata, si narra che partita con la regina alla volta di Troia, Pentesilea trovò la morte e Cleta decise allora di tornare in patria, durante il viaggio una tempesta colse impreparata la nave su cui viaggiava e attraccò nell'Italia meridionale fondando la città di Cleto. La donna ebbe un figlio, Caulone, e morì in uno scontro contro gli abitanti di Crotone non prima di avere fondato la città di Caulonia.

Clonie 
Una delle Amazzoni che seguì Penthesilia a Troia. Venne uccisa da Podarces II, figlio di Ificlo a Troia.

Clymene VII
una delle Amazzoni, nominata da Igino

Deianira III 
Fu uccisa da Heracle I nella spedizione per ottenere la cintura della regina Ippolita.

Derimacheia
Fu a Troia con Penthesilia, e venne uccisa da Diomede II.

Derinoe 
Una delle 12 Amazzoni con Penthesilia alla Guerra di Troia. Fu uccisa da Ajax II a Troia.

Dioxippe IV
una delle Amazzoni, nominata da Igino.

Eriboea II

Uccisa da Heracle I.

Euryale III 
Un'Amazzone che ha combattuto nell'esercito di Aeetes contro le truppe di Perseo III.

Eurybia III 
Compagna di Artemide nella caccia. Rimasta uccisa ad opera di Heracle I.

Evandre 
Una delle Amazzoni che parteciparono con Penthesilia alla Guerra di Troia. Fu uccisa da Meriones.

Glauce VI

Harmothoe 
Fu a Troia con Penthesilia, ed ivi rimase uccisa da Achille.

Harpe III 
Un'Amazzone dell'armata di Aeetes contro le truppe di Perses III.

Hippolyte II 
Regina delle Amazzoni che possedeva la cintura che Heracle I doveva prendere. Fu uccisa da Heracle I.

Hippolyte III 
Un'amazzone che attaccò Atene quando Teseo stava per sposare Phaedra; oppure fu Teseo a portarla con sè. A volte è identificata con Antiope IV. Compagna di Teseo, della discendenza di Hippolytus IV, per alcuni venne uccisa accidentalmente da Penthesilia; altri dicono che fu uccisa da Teseo; altri ancora da Molpadia I, guerriera che con Teseo combattè le Amazzoni. Ma c'è un'altra versione che dice che la guerriera morì di crepacuore a Megara.

Hippothoe IV
Una delle guerriere di Penthesilia nella Guerra di Troia. Fu uccisa da Achille.

Iphinome

Ipsipile
nota anche come Ipsipyle, Issipile o Isifile, narrata da vari poeti, come Ovidio nelle Metamorfosi, Stazio nella Tebaide ed Euripide nella tragedia omonima. Regina delle Amazzoni ma trasformata in regina e basta.
Ipsipile era la regina dell'isola di Lemno. Durante il suo regno la dea Afrodite maledisse l'isola perché veniva trascurato il suo tempio, così le donne furono punite con una forte alitosi che le rendeva ripugnanti agli uomini. Essi iniziarono a trascurarle predilegendo ad esse le schiave di Tracia e fu così che esse decisero di vendicarsi sterminando l'intera popolazione maschile, compresi padri, fratelli e figli. Solo Ipsipile salvò il padre Toante che era figlio di Dioniso e Arianna.
Poi giunse a Lemno Giasone con gli Argonauti, diretti al recupero del Vello d'oro. Le promise eterno amore e poi l'abbandonò incinta, (farà lo stesso anche con Medea). Ipsipile aspettando invano il ritorno di Giasone, maledì lui e Medea:
- Se, dall'alto, Giove stesso, dio di giustizia, accoglie in qualche modo le mie preghiere, anche l'usurpatrice del mio letto provi a sua volta le sofferenze per cui Ipsipile piange e sia colpita dalle sue stesse leggi.
E come io, sposa e madre di due figli, sono abbandonata, anche lei, avuti i figli, sia privata del marito; e ciò che avrà partorito malamente non possa conservarlo a lungo, e ancor peggio lo perda; sia esule e cerchi rifugio per tutto il mondo!
E quanto, come sorella, fu crudele con il fratello e, come figlia, con il povero padre, altrettanto lo sia con i figli e altrettanto con il marito.
E dopo aver esaurito terra e mare, cerchi la via del cielo; vada errando povera e disperata, macchiata del sangue della sua strage.
Queste le punizioni che io, figlia di Toante, defraudata delle mie nozze, invoco.
Vivete, moglie e marito, in un talamo maledetto!
 - (Ovidio, Eroidi VI).
Ella ebbe due gemelli Euneo e Deipilo.Quando le donne di Lemnos scoprirono il tradimento di Ipsipile, che aveva salvato il padre, la vollero uccidere, ma lei riuscì a scappare. Essa e i due figli vennero catturati dai pirati e venduti come schiavi al Re Licurgo di Nemea, padre di Giasone.
Quando i Sette marciarono contro Tebe (Beozia), per rifornire le loro truppe di acqua, la schiava del Re, Ipsipile, li condusse verso una fonte vicina, ponendo però sul terreno Ofelte, il piccolo figlio di Licurgo ed Euridice (non quella di Orfeo, un'altra), che fu morso mortalmente da un serpente. Il serpente fu ucciso e il fanciullo sepolto. Dal momento che questo fu interpretato come un cattivo presagio, i sette eroi introdussero in onore del bambino i giochi di Nemea. Per la negligenza Ipsipile venne condannata a morte, ma si salvò grazie all'intervento dei suoi due figli.

Laomache

Liliana
l'ultima della stirpe amazzone.

Lyce
Un'Amazzone dell'esercito di Aeetes contro Perses III. Fu uccisa da Gesander.

Marpe 
Uccisa da Heracle I.

Melanippe II 
Presa prigioniera da Heracle I, ma Hippolyte III diede all'eroe la sua cintura come riscatto per la sorella.

Menippe III 
Combattè nell'esercito di Aeetes contro le truppe di Perses III.

Molpadia I
Si dice essere stato uno di coloro che colpì Hippolyte III. Lei stessa fu uccisa da Teseo.

Myrina 
Regina delle Amazzoni.

Ocyale

Orizia 
sorella di Antiope, come narra Diodoro Siculo, combattè contro Teseo.

Otrere

Regina delle Amazzoni e la prima ad innalzare il tempio di Artemide a Efeso. Compagna di Ares, discendenza da Penthesilia.

Penthesilia 
Si dice che uccise Hippolyte III, figlia di Ares e di Otrera, e sorella di Ippolita, Antiope e Melanippa. Prode eroina e fanciulla bellissima, fu richiamata da Priamo nel decimo anno del conflitto troiano, a seguito della morte di Ettore, per respingere le file achee. Pentesilea portò scompiglio tra le orde nemiche, risollevando momentaneamente le sorti dei Troiani, ma fu colpita a morte da Achille che subito dopo se ne innamorò.
Secondo alcuni autori, quando Pentesilea si scontrò con Achille ebbe la meglio e lo uccise con la sua lancia ma Teti, la madre dell'eroe, supplicò Zeus di fare un prodigio sul cadavere del figlio e così il padre degli dei gli ridiede la vita.

Philippis
Fu uccisa da Heracles I.

Phoebe V 
Una compagna di Artemide nella caccia. Fu uccisa da Heracles I.

Polemusa 
Una delle Amazzoni che seguirono Penthesilia a Troia. Fu uccisa da Achille.

Polydora VI

Prothoe I 
Uccisa da Heracles I.

Talestri
una delle regine amazzoni

Tecmessa II
Uccisa da Heracle I.

Thermodosa
Una delle Amazzoni che andò a Troia con Penthesilia. Fu uccisa da Meriones.

Thoe III
Una delle guerriere dell'armata di Aeetes contro Perses III. Fu uccisa da Gesander.

Xanthe II

Le Amazzoni di Pentesilea:

Clonia
, uccisa da Podarce.
Derinoe, uccisa da Aiace d'Oileo.
Evandra, uccisa da Merione.
Antadra, uccisa da Achille.
Bremusa, uccisa da Idomeneo.
Ippotoe, uccisa da Achille.
Armotoe, uccisa da Achille.
Alcibia, uccisa da Diomede
Derimacheia, uccisa da Diomede
Antibrote, uccisa da Achille.
Termodossa, uccisa da Merione.
Cleta, fuggita in Italia dopo la sua morte. 



I COSTUMI

Le armi principali delle Amazzoni sono l'arco, l'ascia, la lancia  ed uno scudo particolare, piccolo ed a forma di mezzaluna, chiamato pelta. Usano il Labris, cioè l'ascia bipenne solo per le cerimonie, anche perchè sarebbe scomoda e pesante in battaglia.

ARES
Indossano costumi colorati con raffinati gioielli, come talvolta sono stati rinvenuti nelle loro tombe, ma in guerra usano stoffe eleborate con cuoio semplice o borchiato, non armature perchè le appesantirebbero. Talvolta usano cappucci di cuoio, o vanno a capo scoperto, difficilmente usano elmi. Si muovono a cavallo, sanno tirare d'arco dal cavallo in movimento. Allevano cavalli e li selezionano da vere intenditrici e con loro stabiliscono un contatto continuo e prolungato. Sanno guidarli con la sola voce e montarli senza basto nè briglie. Soprattutto cavalcano stalloni, cosa tutt'altro che facile perchè devono domarli e addestrarli, nel periodo in cui i Greci si accontentano di pony.

Prima di ogni battaglia suonano il sistro, uno strumento che producendo un suono limpido e cristallino, che non può avere lo scopo di intimorire il nemico, ma le mette in comunicazione con la Dea Madre. Le Amazzoni si considerano parte della natura, una forma di vita prestata dalla Dea Natura, con la loro morte la Dea si riprende l'energia che ha loro prestato per dar vita un giorno a un altro essere. 

Alcune amazzoni vivono solo di guerra e caccia, ma altre si dedicano all'artigianato, fabbricando vasi, stoffe e monili, oggetti di legno e cuoio, che, insieme all'ambra naturale o lavorata, all'osso e all'avorio lavorati, o alle conchiglie lavorate, vendono ai paesi vicini in cambio di altre merci. 

Hanno almeno due regine, una per gli affari interni e una per l'esercito. A volte le regine sono tre, di cui due militari e una civile. La prima funziona da controllo alle attività amministrative e giudiziarie, la seconda organizza l'esercito, lo allena e lo guida in battaglia. Il loro allenamento è molto severo perchè da questo dipende la loro sopravvivenza. Sanno anche navigare su snelle imbarcazioni costruite da loro stesse.
Sono famosi i loro giochi Targarèi, narrati da Eumolpo: cinquanta imbarcazioni, chiamate titalnès, si affrontano sul Termodonte: scagliate una verso l'altra a velocità folle, vincono quelle i cui campioni - detti targaira, amazzoni in piedi sulle barche che impugnano delle aste - riescono a sostenere l'impatto senza cadere in acqua. Si procede così a eliminazione finché non c'è un'unica vincitrice, che viene proclamata la prediletta di Afrodite. Strano perchè le Amazzoni veneravano la Dea Madre, ma sappiamo che esisteva anche una versione amazzone della Dea. 

Le amazzoni rifiutano legami stabili di qualsiasi tipo, considerano il matrimonio come una schiavitù e fanno sesso almeno una volta all'anno per un periodo, onde assicurare la prole al lor regno. Sono le amazzoni a scegliere le loro regine attraverso votazioni. Scelgono anche una facente veci in caso di morte. Non hanno preclusioni per il lesbicismo.

Talvolta gli uomini sono ammessi alla loro corte ma per un periodo non eccessivo, in genere quello che basta al periodo di accoppiamenti. Le figlie che allevano sono un po' figlie di tutte e tutte se ne prendono un po' cura, proteggendole e istruendole nelle loro arti. Non risulta abbiano particolari sacerdotesse, ma che esse stesse officino i propri culti.





mercoledì 23 gennaio 2013

TESEO E ARIANNA


0 commenti


Antonin Artaud: “Gli spiriti maligni non sono stati mentali, ma esseri che non hanno voluto sopportarsi.”

- Cioè? -
- Demoni e fantasmi derivano dal lato non conosciuto e non amato di noi stessi. -

Eh già, quando eravamo alle dirette dipendenze della natura ci capivamo di più: eruzioni vulcaniche, terremoti, temporali, alluvioni, siccità, o bel tempo, la nostra vita e il nostro cibo dipendevano da ciò. Ci riconoscevamo bestie tra le bestie, in lotta per la sopravvivenza. Poi ci siamo organizzati, raffinati, chi la vede più la campagna, i raccolti, gli animali?

Solo sulle immagini delle confezioni, nel labirinto del supermercato: dal biscottino supervitaminizzato che sa di premura materna, alla bevanda gasata che sa di spiagge esotiche, tanga e sesso, alle fette di carne incellofanate che non sanno d’ecatombe, di sangue e morte nei mattatoi industriali. E’ l’unico labirinto rimasto, quello cretese non c’è più e il Minotauro giace in bistecche nei frigo.

- Ma il filo d’Arianna dov’è? S’è rotto?  Sicuramente s’è spezzato, forse prima, oppure dopo, che il giovane Teseo penetrasse nell’orrido antro del Minotauro. Seguiamo i fatti.

Teseo è cugino d’Ercole, che fardello da portare, non si parla che di lui, il cugino, difficile la fama con un parente del genere. Ma Teseo è un eroe, non per nulla è votato ad Apollo, Dio del disco solare, e come lui sa come mettersi in luce. Decide d’eliminare subito banditi, delinquenti e mostri. E' un giustiziere e poi cerca la fama.



IL MITO

Fa una strage, e con meno “fatiche” di Ercole. E’ già famoso, ma non appagato, e a Creta decide di far fuori il Minotauro cui vengono sacrificate le vergini. Le donne lo amano, Peribea e Ferebea gli concedono i loro favori, ma il giovane guarda più in alto, alla figlia del re, la bella Arianna che, nemmeno a dirlo, è cotta di lui.

ARIANNA
Coro:
- E’ bellissimo Teseo, bionde e selvagge le chiome, forte e brunito dal sole il corpo possente, azzurri gli occhi come l‘acqua dell’Egeo. Nella corsa è un cervo, nella lotta un leone. Ha qualcosa nello sguardo che “incanta come la sirena”. -

Lei l’aiuta, mediante il magico filo, a districarsi nel dedalo in cui giace il fratellastro, il crudele Minotauro. Il mostro non era in forma, perché Teseo gli dà una scrollatina e muore subito. Sono tutti in festa, ma su richiesta d’Arianna prendono la nave per Atene, dove ha promesso di sposarla.

Teseo è irrequieto, già pensa ad altro, ama avventure e libertà. Mentre Arianna incinta riprende fiato sull’isola di Nasso lui gira la nave e la pianta là. Va ad Atene e riprende il suo trono, deve battersi poverino, ma dopo aver vinto ci ripensa, e fa una nuova epurazione, praticamente spopola la città, visto che per precauzione stermina Pallade e i sui cinquanta figli. Al processo che giustamente richiedono gli ateniesi i giudici lo definiscono “omicidio giustificabile” perchè è tanto giovane ed eroico che gli ateniesi lo assolvono, tanto non sono meglio di lui. -

Coro:
- E’ bellissimo Teseo, bionde e selvagge le chiome, forte e brunito dal sole il corpo possente, azzurri gli occhi come l‘acqua dell’Egeo. Nella corsa è un cervo, nella lotta un leone. Ha qualcosa nello sguardo che “gela il sangue alle fiere”. -

Teseo è un illuminato, fonda la democrazia e batte moneta. Ma anche questo dura poco, gli brucia la terra sotto i piedi e riparte. Non avendo nessuno da combattere va a rompere le scatole alle Amazzoni che se ne stavano tanto bene per i fatti loro. Ne uccide quante ne può e vince, poi rapisce la regina Antiope, le Amazzoni per rappresaglia attaccano Atene, le vince di nuovo e ammazza la sorella d’Antiope. Fare a meno degli uomini non è servito alle Amazzoni, anzi, per i maschi è un insulto, anche Ercole le attaccò per lo stesso motivo. Come osano evadere il dominio maschile? Ma forse Teseo s’annoiava.

Coro:
- E’ bellissimo Teseo, bionde e selvagge le chiome, forte e brunito dal sole il corpo possente, azzurri gli occhi come l‘acqua dell’Egeo. Nella corsa è un cervo, nella lotta un leone. Ha qualcosa nello sguardo che “gela il pianto a donne e bambini”. -

Nemmeno a dirlo, Antiope è innamorata di Teseo, dimentica che gli ha ammazzato suddite e sorella, e gli dà pure un figlio: Ippolito. Non sono tutti d’accordo le cronache, per altri lei è prigioniera nel palazzo e quando le sorelle attaccano Atene combatte al loro fianco e muore per loro. Questa ultima ci sembra più credibile. Storia breve ma intensa, soprattutto breve, perché Teseo guarda già altrove e mette gli occhi su Fedra.
Nel mito più in voga, per non sentire le lamentele d’Antiope, (le donne abbandonate, si sa, fanno un sacco di storie) Teseo l’ammazza, nonostante Ippolito. Lo rende orfano, che importa? Ora può impalmare la sua Fedra.

Il destino però è strano e Fedra s’innamora d’Ippolito, bello come il padre ma più giovane, vuoi mettere? Teseo fa il ganzo, ma ormai deve avere i suoi annetti. Ippolito non ci sta e Fedra s’impicca (ma era un vizio? Pure Giocasta…) e lascia una lettera in cui accusa il figliastro di violenza.

Figurarsi la rabbia di Teseo, figlio o non figlio lo esilia, poi, siccome non lascia le cose a metà (l’abbiamo visto con Pallade), lo fa ammazzare da un mostro di Nettuno. Secondo processo, però se la cava, è o non è un eroe nazionale? Filiicida si, ma eroe. Dicono che cadde in disgrazia in seguito perché tentò di stuprare Persefone. Che pignoli! In Grecia lo stupro era all’ordine del giorno!

Coro:
- E’ bellissimo Teseo, bionde e selvagge le chiome, forte e brunito dal sole il corpo possente, azzurri gli occhi come l‘acqua dell’Egeo. Nella corsa è un cervo, nella lotta un leone. Ha qualcosa nello sguardo che “dissecca la vita nei germogli”. -



IL MINOTAURO

- Teseo, acquisisti gloria e onori, ma non amasti nessuno. Il fatto è che giunto nell’orrido labirinto, invece di riconoscere la bestia che era in te, l’hai uccisa, come i tuoi predecessori. Ovvero, i tuoi predecessori l'hanno uccisa dentro di sè, per cui non l'hanno riconosciuta e ne hanno avuto terrore. così il minotauro l'ha sbranati. Non l'hai riconosciuto nemmeno tu, però sei un eroe e l'hai ammazzato.

TESEO UCCIDE IL MINOTAURO
Penso che il Minotauro avesse paura quanto te: a mostruosità potevate fare la conta. Però non avevi pace, bisogna riconoscerlo, l’ansia ti divorava. Pensavi che la gloria o l’ammirazione delle donne potesse placare la tua angoscia. Non funziona mai. Come tutti i mentali eri convinto che il successo desse la felicità. Non è colpa tua, era già epoca del bando dell’anima.
La nave di Teseo allora lascia Creta a vele spiegate e vola senza scalo fino a un’isola delle Cicladi, Nasso, dove finalmente Arianna può scendere e riposare.

Lasciare Arianna non fu gran peccato, anzi le facesti un favore, era belloccia e se la prese Dioniso che la trattò meglio, e poi le cotte vanno e vengono. Il guaio non è la perdita d’Arianna, ma quella dell’anima.
Siccome eri figlio non fosti padre, in quel labirinto assassinasti la tua fragilità, uccidesti il tuo bambino perché dovevi essere forte, e uccidesti tuo figlio perché dovevi essere il migliore. Fosti come la matrigna di Biancaneve, allo specchio non ti vedevi, chiedevi solo se eri il meglio dei maschi. -

- Arianna, antica Dea Luna, declassata a donna dall’ingeneroso patriarcato, sacerdotessa della Dea triforme, tu avevi il magico filo che permetteva di girare nei cupi sotterranei del cervello senza smarrire la strada… e la testa. Tu Dama del Lago, tu iniziatrice dei Sacri Misteri, mostravi la via all’istinto incontrollato che giace nel profondo, per riunificarlo alla coscienza e renderlo sacro. Teseo avrebbe potuto recuperarlo e diventare finalmente uomo, ma l’ha ucciso e l’hai sentito forte per questo, il Minotauro lo temevi anche tu. Ti sei offerta come un trofeo, perché ammiravi più la fama che la verità. Il maschile t’aveva plagiata, sacerdotessa non più in contatto con la madre luna, ma donna assoggettata al maschio. -

- Teseo, non hai riconosciuto l’anima perché non hai riconosciuto l’istinto. I figli sono più sacri degli Dei. Erigesti templi sull’assassinio di colui che avresti dovuto proteggere, e uccidesti sua madre, eliminando La Madre dentro di te. La bestia eri tu, giovane eroe! -

La mente mascolina, il patriarcato, aveva fatto il suo danno. Il filo d’Arianna s’era spezzato!

Cosa abbiamo messo al posto dell’anima? Il delirio d’onnipotenza e la sottomissione agli onnipotenti. L’idolatria del potere, dal tiranno all’uomo macho, dal femminile “fai di me quello che vuoi” , alla rabbia contro chi il potere ce l'ha o i soldi ce l'ha, perchè, nell’illusione del “minus-habens” il ricco e il potente sono felici, è l'annullamento dell'anima. Oggi i poveri di spirito sono questi, e mancano totalmente di humor. Non contestano l’illusione del potere, s’arrabbiano perché lo invidiano, secondo il famoso detto, triste perché veritiero, “il potere logora chi non ce l’ha”. L’illusione è che da questo si possa uscire con leggi giuste, che possano sostituire il “sentire” umano. Il pensiero è diventato droga, continuiamo a pensare soluzioni, e continuiamo a pensare, pensare… e a non sentire.



Anima Mundi

- Splendida Anima Mundi, che travasavi acqua benedetta nei cuori delle donne, (o lama dell’Acquario nei Tarocchi), quand’erano voce oracolare della Grande Madre, radice d’ogni gioia e dolore umano, mistero imperscrutabile. Madre Pietosa, tu dettavi amore e compassione nell’animo delle sacerdotesse e le inebriavi d’ebbrezza vitale. Tu sei la Madre, e per quanto saggio possa essere, nessun Padre sarà pietoso e sollecito come te. Così in cielo e così in terra.

Il futuro è donna? Solo se ritrova l’anima perduta, se riacquista dignità, e il contatto con terra e infinito.

- Come il maschio non ha paura d’esplorare terre lontane, tu, donna, non hai paura di scendere nel mondo interiore, o n’hai meno di lui. Riproducevi fin dagli inizi la danza cosmica, e nell’età dell’argento non sacrificavi agli Dei, perché ne eri parte e non schiava. -


Arianna

Si racconta che Dioniso, dopo avere rapito (rapito? Ma non era d'accordo?) Arianna sul suo carro per farne la sua sposa, afferra la corona che le cinge il capo e la scaglia in cielo. “Per immortalarla”, scrive Ovidio nelle Metamorfosi. Precisando, nei Fasti, che Arianna venne divinizzata da Dioniso con il nome di Libera. Eh, era ora che lo diventasse, libera...


TESEO TORNA VITTORIOSO..


Teseo

In un angolo della capanna solitaria Teseo piange. Rivede le chiome raccolte di Arianna, l’ingenua vergine che ancora fanciulla trovò il coraggio di penetrare i bui meandri del labirinto. Sognava un mondo d’amore e non sapeva nulla degli uomini. I suoi capelli erano come seta e aveva lo sguardo puro dei bimbi. Gli credeva ciecamente, ignara del mondo, eppure aveva un incedere, e dei silenzi, pieni di segreti.

Un movimento impercettibile, il capo appena reclinato, come udisse cose remote, e Teseo perdeva gloria e onori. In quell’attimo si sentiva solo e l’avrebbe implorata di svelargli i segreti aldilà della porta a lui preclusa. Invece le scioglieva le chiome e la prendeva selvaggiamente, con passione e rabbia. Lei lo guardava stupita, ma quell’ingenuità invece di placarlo l’infuriava e diceva cose che la ferivano.

Rivede il corpo abbandonato, donna e bambina insieme, sulla pelle d’orso, sotto la tenda che ombreggiava il volto pallido. La tenne tra le braccia come una bimba, perché Arianna era orgogliosa e impaurita da quella vita nel grembo. Per una volta la prese con tenerezza e la baciò dolcemente, finchè il suo respiro non fu tranquillo. Le parlò delle bellezze di Atene e del suo avvenire di regina, con lui al suo fianco.
Quando lei s’addormentò risalì nella nave e girò la prua. Come al solito doveva distruggere le cose più belle, le più pure. Come se gli Dei, in cambio del suo eroico destino, avessero chiesto il sacrificio delle creature innocenti. Provò a immaginare il dolore d’Arianna al risveglio. Si sarebbe spaventata, poi disperata e torturata, ma non avrebbe intuito il sottile piacere di Teseo al suo dolore. Non avrebbe mai capito la sua crudeltà, e l’avrebbe rimpianto per sempre. 

Invece Arianna si consolò, le sue chiome s’allungarono come oro fuso, e s’ornò d’edera, di pampini e veli, sotto lo sguardo rapito di Dioniso. Le sue labbra pallide divennero ciliege mature, gli occhi sfumarono di viola come le bacche del pruno selvatico, e il seno divenne pieno, come coppe di latte e miele. Il suo abbandono non l’aveva stroncata, ma aveva fruttificato come un albero al sole. In un angolo buio della sua capanna Teseo, inseguito dalla morte, si sente abbandonato da Arianna, l’Anima che incontrò una sola volta nella vita e che perse per sempre, e Teseo piange.



lunedì 21 gennaio 2013

DEA ISHTAR


0 commenti


INANNA ALLE PORTE DELL'OLTRETOMBA

"Quando Inanna arrivò alle prime porte dell'oltretomba,
Bussò sonoramente,
Gridando con veemenza:

«Apri la porta, custode!
Apri la porta, Neti!
Entrerò solo io!
»
Le chiese Neti, custode sommo del Kur:
«Chi sei?»
Essa rispose:
«Io sono Inanna, la regina del cielo,
Diretta verso Oriente».
Le disse Neti:
«Se tu sei davvero Inanna, la regina del cielo,
Diretta verso Oriente,
Perché il tuo cuore ti ha messo sul cammino
Da cui nessuno mai torna?
»
Rispose Inanna:
«Per... Ereshkigal, mia sorella maggiore.
Gugalanna, suo sposo, Toro del Cielo, è morto.
sono venuta per i riti funebri.
Ora la birra dei suoi riti funebri colmi la coppa.
Così sia fatto».
Neti parlò:
«Resta qui, Inanna, voglio parlare con la mia regina.
Le porterò il tuo messaggio
».

Dea di guerra e amore della Mesopotamia, la divinità principale del pantheon, divinità lunare e infernale e, pur con molti amanti, è sempre vergine e legata ai misteri e alla magia. E' la Grande Dea di cui sono state reperite migliaia di statuette, basta andare al British Museum dove un immenso salone è tutto dedicato alle innumerevoli statuine della Dea, quella che per 25000 anni ha imperato in Asia, in Africa e nell'area mediterranea.

Ishtar è la Dea multiforme e multinomata, Tutti popoli l'hanno adorata e invocata, come Dea Natura, quindi come colei che dà la vita, che nutre e che dà la morte. Nell'aspetto terrifico era anche Dea della guerra, uno dei più grandi strumenti di morte.
Ishtar è legata anche al mito di Gilgamesh, che rifiuterà le sue avances scatenandone la furia vendicativa; è anche celebre la storia della sua discesa negli inferi per ritrovare il suo amato, e il fatto che durante la sua permanenza negli inferi la Terra non dia più alcun frutto ricorda il mito di Persefone e Demetra, durante la discesa di quest'ultima Dea per recuperare la figlia rapita.

Da un papiro egizio:

« ... loro ti chiamano Ecate,
dea dai molti nomi, Mene,
Artemide lanciatrice di dardi, Persefone,
Signora dei cervi, luce nel buio, dea dai tre suoni,

dea dalle tre teste, Selene dalle tre voci,
dea dal triplo volto, dea dal triplo collo,
dea delle tre vie, che tiene,
la fiamma perpetua in tre contenitori,
tu che offri la tripla via,
e che regni sulla tripla decade
. »

Ishtar, Dea dell'amore e della guerra, deriva dalla Grande Dea sumera Inanna. A lei era dedicata la principale delle otto porte di Babilonia, e aveva contemporaneamente l'aspetto di Dea benefica (amore, pietà, vegetazione, maternità) e terrifica (guerra e tempeste).

Era connessa con molte altre divinità del Medio e Vicino Oriente come Anath, Anutit, Aruru, Asdar, Asherat, Astarte, Ashtoreth. Athtar, Belit, Inanna, Innimi, Kiliti, Mash, Meni, Nana, Ninhursag Ninlil e Nintud. Da ciò derivano anche i tanti simboli diversi associati alla Dea.



ANAT

Anat era la cananea Madre Terra, Dea dell'amore e della fertilità, della guerra, Dea Madre. Veniva definita Vergine Dea, paragonata a: Demetra, Iside, Asherah, Ishtar. La zona del culto era adiacente e pertanto la Dea era simile ad Ishtar, nel culto e nei significati.

Consorte, a volte sorella, di Baal. Molti testi provenienti da Ugarit in Siria raccontano le gesta belliche del Dio Baal, al cui fianco combatte Anat. Figlia e sposa di El, Dio del pantheon in 'area semitica siro-palestinese e mesopotamica, spesso come Dio supremo, ed uno dei nomi di Dio nella Bibbia. Consorte di Jahvè, il Dio supremo israelita.

Si pensa che il suo nome derivi dal semita Anu (cielo), oppure "fornitrice" o "segno" di Baal. Fu lei a chiedere la costruzione di un tempio a Baal: si legge in un testo di Ras-Shamra:
« Sì, non vi è alcuna casa per Baal, come per gli Dei,
un atrio come per i figli Asherat
. »

Il culto di Anat, portato in Egitto dagli Hyksos, divenne popolare nella XIX dinastia, in cui, come Dea della guerra, divenne la protettrice militare di alcuni faraoni (come Ramesse II).
Su una stele tebana è raffigurata Anat, assisa in trono, nella mano sinistra scudo e lancia, nella destra  un'ascia.

Su alcuni papiri dell'isola di Elefantina, del 410 ac., si cita la Dea Iahu-Anat, adorata nel tempio di Yahweh in Gerusalemme. Iahu, secondo Robert Graves, sarebbe stato un titolo onorifico della Dea creatrice dell'uovo cosmico. Titolo che sarebbe poi passato al Dio ebraico diventando Yahweh. Secondo il mito pelasgico di Graves, "Iahu", in lingua sumera "divina colomba", dovrebbe essere ricollegata alla Dea primitiva Eurinome.

Da notare che tutte le antiche Dee erano collegate alla colomba. Non sfugge nemmeno il Cristianesimo che però appiccica la colomba allo Spirito Santo, rigorosamente maschio.

Nei testi di Ebla (Siria), il titolo "Iahu" era associato alla dea Anat, ma secondo lo storico francese Jean Bottero, il nome del Dio Ea sarebbe stato invece tradotto con Ia, da cui deriverebbe Iahu come la dea paredra, col suffisso -hu per il genere femminile.
I principali centri del suo culto erano Uruk, Assur, Babilonia, Ninive.



ARURU

Era la Dea sumerica Ninhursag (detta anche Ki o Aruru),  la Madre Terra, e formava con il Dio An la Montagna cosmica An-Ki.
Nel mito della creazione del mondo, la separazione di Cielo (An) e Terra (Ki) avviene tramite l'intervento del Dio Enlil, che "tira" verso di sé la Terra Ki, mentre An "tira" verso di sé il Cielo. Ovviamente il mito è riscritto in era patriarcale.
Ella venne rappresentata in forme diverse: 

ARURU E AN
- come Ninmah, la "Signora maestosa", era la dea che plasmò gli uomini dall'argilla;
- come Nantu, "colei che partorisce", era la dea protettrice del parto;
- come Ninhursag,  madre di tutte le creature viventi. 
- come Nin-hur-sag, la "Signora delle colline",  
- come Nintur "Signora delle nascite", 
- come moglie di Enki era solitamente chiamata Damgalnunna 
- oppure Dingirmah.
- Presso gli Accadi era Belet-ili "Signora degli dei" 
- come Mama. era Madre Natura
- come moglie di Ea, controparte accadica di Enki, era chiamata anche Damkina.
- ma nel suo aspetto di Damkina, quindi madre di Marduk, che divenne il Dio principale a Babilonia, conservò un posto sicuro nel pantheon mesopotamico.
- come Ninhursag (o Mami, Mama, Nintur a seconda dell'epoca e del luogo), impastò l'argilla per plasmare sette copie di sé stessa da porre alla sua sinistra (donne) e sette, invece, alla sua destra (uomini). Enunciando una serie di incantesimi animò le immagini. 
- come madre di Ninsar, Dea della pastorizia, e per aver creato Enkidu, l'uomo selvaggio fraterno compagno di Gilgamesh.

Secondo la tradizione il culto potrebbe essere stato importato in Egitto da Amenhotep III con la richiesta fatta a Tushratta, re di Mitanni, di poter avere la statua della Dea conservata a Ninive allo scopo di curare una malattia del sovrano egizio.
Nell'iconografia egizia la Dea è talvolta raffigurata nell'atto di allattare. Il suo prestigio decrebbe all'accrescersi di quello di Inanna/Ishtar.



ASHERAT

Dea proveniente dalla Fenicia, dalla Siria e dalla Palestina, che appare in Egitto sin dal XV sec. a.c., e da un iscrizione della tomba di Tuthmosis IV, con l'immagine di una dea guerriera, su un carro da combattimento; tale appare infatti anche in una pittura tolemaica di Edfu (Gressmann, fig. 278), dove però la Dea porta la testa di leone di Sakhnis, mentre il carro passa sul corpo di un nemico.

Ma anche in una stele di Memfi (F. Petrie,Memphis, I, pl. 15, 37), Ascerat, senza il carro, definita nell'iscrizione "regina del cielo" (come nell'Antico Testamento) e "signora di tutti gli Dei", è armata di lancia e di scudo. Anche altre figure egiziane di dee armate (Pritchard, p. 67) possono ritenersi immagini della Dea, tanto più che ella appare anche su un cavallo, e un testo la definisce "signora dei cavalli e dei carri".

ASHERAT
A più d'un millennio di distanza dai suoi monumenti egiziani, Asherat appare sulle monete di Tiro, Sidone, Ascalon, e di altre città marine fenice (cfr. Hill, Cat. Greek Coins, Phoenicia, index s. v.); con il capo ornato dalla corona murale delle Dee poliadi, per lo più in piedi sulla prua di una nave, reggendo in mano il timone e lo stilo. Ciò riporta alll'originario carattere marino della Dea, che nei testi di Rās Shamrah è alleata con il Dio Yam, il cui nome significa "mare".

Ella appare nelle statuette e nei piccoli bassorilievi dell'area semitico-occidentale dal principio del II millennio ac. in poi, per lo più nuda, che:
1) si stringe o si sostiene i seni,
2) ha le braccia distese ai fianchi,
3) regge nelle mani, secondo i casi:
   a) fiori (loto),
   b) un disco,
   c) serpenti,
4) porta o allatta un bambino,
5) ha in testa un diadema,
6) porta l'acconciatura di Ḥathōr (dalla seconda metà del II millennio).

I suoi caratteri celesti  risultano sia dai testi biblici (Gerem., 44, 18: "regina del cielo"), sia dall'interpretatio  Graeca  "Afrodite Urania", nei sigilli siriani la Dea, spesso armata, è accompagnata da attributi stellari (Contenau, 89, 93, 94 ecc.). In pendagli d'oro fenici del II millennio a.c. i simboli stellari sembrano essere equivalenti della figura di Dea che spesso appare negli stessi oggetti (Dussaud, L'art phén., figg. 15-16). 

Che si possa trattare di Asherat appare da un pendaglio analogo con simboli stellari (ibid., fig. 9, 5) di provenienza cartaginese, esplicitamente dedicato ad Astarte. L'evidenza dei seni allude all'aspetto nutritivo della natura come lato materno della Dea.
In Egitto è onorata insieme ad altre divinità siriane, a partire dal Nuovo Regno. Dea guerriera, brandisce lancia e scudo e porta una tiara ornata di penne, da cui pende sul dorso una benda. È spesso rappresentata sul cocchio, e talvolta a cavallo. Visto che gli Egiziani che non cavalcano, è evidente che la Dea è importata. Insomma un'' "Afrodite straniera", cui secondo Erodoto un tempio era dedicato a Memfi nel quartiere fenicio.
(Bibl.: S. Mercer, in Egyptian Religion, III, 1935, pp. 192-203)



ASTARTE

Grande Dea venerata nell'area semitica nord-occidentale, detta anche Ashtart; in accadico As-tar-tu, e nella demonizzazione biblica Ashtoreth. Infatti il nome Astarte o Ashtoret compare spesso nell'Antico Testamento, ma la differenza di pronuncia nell'ebraico biblico (‘Aštōret invece di ‘Ašteret) deriverebbe dalla sostituzione delle vocali con quelle del termine bōshet ("vergogna").
Astarte con colomba
Astarte era la Grande Madre fenicia e cananea, la sposa di Adone, col suo mito di figlio-sposo morto e poi resuscitato, come la vegetazione annuale. 
Pertanto ella era Dea della fertilità di uomni, animali e piante, ma pure Dea della guerra e connessa con l'Ishtar babilonese. 

I maggiori centri di culto furono Sidone, Tiro e Biblo, ma anche Malta, Tharros in Sardegna, ed Erice in Sicilia, identificata con Venere Ericina. Sempre in Sicilia, dette il nome a Mistretta, un paese sui Nebrodi, dal fenicio Am-Ashstart, città di Astarte".

Astarte entrò in Egitto dalla XVIII dinastia, identificata con Iside, Sekhmet ed Hathor. 
In epoca ellenica fu assimilata ad Afrodite, Urania e Cipride e alla Dea siriaca Atargartis (Syria per i Romani).
Suoi simboli erano il leone, il cavallo, la sfinge e la colomba. Nelle raffigurazioni compare spesso nuda ed in quelle egiziane con ampie corna ricurve, come Hathor. Il leone la riporta a Potnia Thera, la Signora delle belve, il cavallo all'aspetto nomade e amazzonico nonchè al cavallo da guerra, la sfinge all'antica Dea del cosmo misterioso e la colomba all'aspetto amoroso e curativo delle Grandi Madri.

Di lei il cristianesimo narrò cose folli, che si facessero sacrifici umani e che addirittura venissero sacrificati i bambini, cosa che non sta scritta da nessuna parte, ma che venne diffusa per screditare gli Dei pagani in genere, specie poi se femminili. Una Dea che allatta il figlio di certo non lo sacrifica, e del resto è cosa molto lontana dalla mentalità femminile. I costumi più cruenti sono apparenuti da sempre alle civltà monoteiste maschiliste.



NANA

La più antica apparizione della Dea nella mitologia mesopotamica è rappresentata da Nana, divinità sumerica e accadica, Dea della vita della natura, della fecondità e della generazione, venerata specialmente nell'antichissima città di Uruk o Erech nella Babilonia meridionale, dove sorgeva il suo grande tempio, Eanna ( Casa del Cielo o Tesoro Puro ), fondato intorno al 3000 a.c. dal re Urbau di Ur.

stella 8 punte emblema della Dea
Il culto di Nana era esteso in tutta la regione come divinità protettrice. Ma fu adorata anche dagli Elimei (Susiani), infatti nel 2280 a.c. il loro re Kudurnachundi, invasore della Babilonia, portò l'immagine di Nana da Uruk a Susa, da cui nel 644 a.c. il re assiro Assurbanipal la riportò nel suo luogo di origine.

Nana era raffigurata nuda, con forme molte sviluppate e le mani a coprire la nudità del seno.

A Ishtar successivamente era stato dedicato un santuario a Uruk, chiamato Eulbar ( casa di Ulbar ) il che lascia immaginare che la Dea Nana, divinità sumerico-accadica e Ishtar siano state la stessa divinità. Non a caso anche Inanna ebbe come emblema la stella a otto punte. Nella parte finale di un inno dedicato ad Ishtar, la Dea viene infatti  invocata come « signora di Eanna, signora del nome Nana ».

Nella mitologia greca Nana venne ingravidata da una mandorla che le cadde in grembo da un albero. Il mandorlo era germogliato dove era stato trucidato il violento e pericoloso genio Agdistis, figlio di Cibele, madre di tutte le cose. Nana abbandonò il bambino, che venne adottato da sua "nonna" Cibele. Il piccolo Attis crebbe diventando servitore e amante di Cibele.



INANNA
INANNA

Inanna è la Dea sumerica della Terra Madre e il suo culto fu fortemente diffuso presso i popoli del Mediterraneo orientale.
Nel mito fu protagonista di varie vicende, tra le quali la principale è quella della sua discesa agli inferi, dove  è uccisa dalla sorella Ereshkigal; ma gli Dei intervengono e la restituiscono alla vita.

Il racconto ripercorre il ciclo stagionale, in cui Inanna si lega a Dumuzi, il Dio-vegetazione che muore e risorge, a rappresentare le fine e la ripresa annua delle stagioni.

Nel culto astrale Inanna è identificata con Venere; nelle rappresentazioni artistiche viene simboleggiata in un fascio di canne, che termina in una voluta, da cui pende una banderuola. Ciò sottolinea quell'aspetto palustre della Dea su cui tanto insistè Bachofen, il primo scopritore del matriarcato, che tuttavia giudicò come aspetto inferiore al maschile.

La canna come simbolo dello stagno riporta il luogo dove tutto sembra fermo, ma tuttavia nel suo fondale brulica di vita, una vita difficile da vedere dal di fuori.

Lo stagno palustre è paragonabile al laboratorio alchemico dove tutto avviene all'interno del forno (atanor) e dell'alambicco. Vi è pertanto una chiara allusione al mondo interiore dell'anima, degli istinti e sentimenti, che si elabora portando a una continua trasformazione.

Quando i Babilonesi e gli Assiri subentrarono in Mesopotamia ai Sumeri, identificarono con Inanna la loro Dea Ishtar.



MENA

Mena (anche detta Mene) nella mitologia romana è la Dea della fertilità e delle mestruazioni.
Di lei si sa che era la ventunesima figlia di Giove, in quanto è citata da Sant'Agostino, nella sua "Città di Dio", in cui fa riferimento ad essa come "la Dea che sovrintende i periodi delle donne" Ma già nelle "Antiquitates rerum divinarum" di Varrone, come riferito proprio da Sant’Agostino, è presente il nome della Dea Mena, Dea del mestruo.

Mena era una Dea minore, figliastra di Giunone, che sovraintendeva insieme a questa al flusso mestruale. Il menarca, parola italiana desueta, tipicamente usata nel linguaggio medico, significa infatti "inizio delle mestruazioni". Ma anche "menstruo" e "mensis" (mese) sono termini legati alla Dea Mena. Del resto il menstruo col suo ciclo di 28 giorni è effettivamente collegato alla luna, con un periodo sterile, la luna Nera, e un periodo fecondo, la Luna Gravida o Luna Piena.

In realtà Mena fu un'antica e venerata Dea Luna, non a caso è spesso identificata con la Luna da Plinio ma pure da Geremia ed Isaia che raccontano della diffusione del culto della Luna tra gli Ebrei, oltre che tra Egizi ed Armeni.

Sembra che il suo culto nel sud Italia venne sopperito dal culto di San Menaio, tanto che dette il nome ad un borgo pugliese chiamato appunto San Menaio.



NINLIL

Ninlil o Sud, antica Dea sumera detta la "Signora dell'aria". Era sposa di Enlil, figlia di Haia e Nunbarsegunu o Ninshebargunnu. Il suo nome era Sud, ma quando si unì a Enlil lo cambiò in Ninlil. A volte è menzionata come figlia di An e Nammu. Viveva in Dilmun e secondo quello che racconta il testo di "Enlil e Ninlil", fu violentata da Enlil quando si bagnava nuda nel fiume. Alcuni le hanno associato l'origine di Lilith o Lilitu.



ISHTAR

« ...madre degli dèi,
degli uomini, della natura, madre di tutte le cose...
...l'Origine
tu sei la fine, e tu sola regni su tutto.
per tutte le cose che provengono da te, e che agiscono in te...
tutte le cose, giungono alla loro Fine. »


LA PORTA DI ISHTAR
Detta talvolta figlia di Anu, "il cielo ", e come tale Dea dell'amore, probabilmente credendo che l'amore fosse di origine celeste. 
In una iscrizione di Assurbanipal compare contemporaneamente come figlia Anu, di Bel e di Ea. 
Oppure è figlia di Sin, Dio della luna, e sorella di Shamash, Dio del sole, mentre in altri è descritta come figlia di Anu, Dio del cielo.
 Oppure è figlia di Bel, e cosi vien chiamata nelle invocazioni astrologiche. 
E' sempre associata con il pianeta Venere per cui è detta "Signora della Luce Risplendente", e nell'iconografia è associata alla stella ad otto punte (nel cristianesimo correlato alla Vergine Maria). La stella ad otto punte perchè il pianeta Venere ripercorre le stesse fasi in corrispondenza di un ciclo di 8 anni terrestri, cosa già ampiamente conosciuta agli astronomi/astrologi sumeri. 

Nell'Epopea di Gilgamesh Ishtar è descritta come innamorata via via del pastore Tammuz, poi di un uccello, di un leone, di un cavallo, di un giardiniere ed in ultimo di Gilgamesh stesso, che la rifiuta a causa della crudeltà della dea che aveva condannato ad un triste destino tutti i suoi precedenti amanti.

La morte di Tammuz è anche descritta nell'opera "Discesa di Ištar negli Inferi" dove la Dea, dopo essere discesa nell'oltretomba ed essere stata giudicata e giustiziata, rinasce scambiando il proprio corpo con quello dello sposo Tammuz. Dopo la morte di Tammuz tutte le donne, compresa la Dea, assumono lo stato di lutto che dura un mese, detto appunto il mese di Tammuz, digiuno che passerà alle cerimonie religiose islamiche. Durante la sua discesa negli inferi la terra si arresta e nulla può essere creato.

I suoi appellativi sono: 
- Argentea, 
- Donatrice di Semi, quindi governava anche la fertilità e il raccolto. 
- Stella del mattino, 
- Dea della fertilità, 
- Protettrice della natura, 
- Protettrice dell'agricoltura, 
- Signora della guerra e della pace, 
- Protettrice delle prostitute
- Protettrice dell'amore sessuale. 
- Dea delle tempeste, 
- Dea dei sogni e dei presagi, 
- Donatrice agli uomini di potere e conoscenza.
- Dea Madre, infatti nell'iconografia egizia la Dea è talvolta raffigurata nell'atto di allattare.
Ella personificò tante di quelle Dee  che il nome Istaru finì col diventare il generico nome di Dea.

Secondo la tradizione il culto potrebbe essere stato importato in Egitto da Amenhotep III con la richiesta fatta a Tushratta, re di Mitanni, di poter avere la statua della Dea conservata a Ninive allo scopo di curare una malattia del sovrano egizio. Il culto di Ishtar si diffuse anche in Egitto durante la XVIII dinastia.

Nella mitologia postsumerica o post sumero-accadica, bisogna distinguere fra la Ishtar adorata dal popolo e quella ufficiale religiosa babilonese, e soprattutto fra Ishtar babilonese e l'assira, sebbene poi si fusero in una sola, assorbendo le varie divinità femminili con essa identificate.
Un po' come nel suolo italico occorre distinguere tra la Dea romana Diana del rito ufficiale a quella adorata nelle campagne. Quest'ultima era Dea guaritrice con le erbe, protettrice dei bambini e delle donne, protettrice delle campagne coltivate, nonchè maga e protettrice della magia. La Dea ufficiale era invece Dea della luna e della caccia.

Nella più antica concezione popolare,babilonese, Ishtar è una divinità ctonia, il che la lega al culto dei morti e del mistero degli Inferi, quest'ultimo legato alle iniziazioni femminili. Infatti la Dea duscese negli inferi traversando 7 cancelli:
  • per aprire il I cancello il guardiano la priva della corona che ha sul capo, 
  • per aprire il II cancello il guardiano la priva degli orecchini, 
  • per aprire il III cancello il guardiano la priva della collana di perle 
  • per aprire il IV cancello il guardiano la priva del pettorale d'oro e di pietre preziose, 
  • per aprire il V cancello il guardiano la priva le toglie la cintura .
  • per aprire il VI cancello il guardiano la priva degli anelli, 
  • per aprire il VII cancello il guardiano la priva dell'abito.
Insomma negli inferi si giunge perfettamente nudi, cioè privi di schemi mentali altrimenti si finisce sbranati dai mostri infernali. Ma normalmente la gente non ci arriva proprio perchè la mente lo vieta.


Tammuz-Adone

In una saga che risale a tradizioni molto remote, si narra che Ishtar si fosse perdutamente innamorata di Tammuz.

ANATOLIA 2100 A.C.
Un giorno Tammuz fu ferito mortalmente da un cinghiale; Ishtar inconsolabile discese nel regno dell'oltretomba per sottrarre il compagno alla morte. Attraversò sette porte, obbedendo alle dure regole del regno dei morti che imponeva come condizione quella di lasciare un ornamento e un indumento in ciascuna di queste, fino a giungere completamente nuda al cospetto di sua sorella Ereshkigal che la imprigiona e scatena su di lei le sette piaghe.
La scomparsa di Ishtar condanna il mondo alla sterilità, gli uomini e gli animali cessarono di generare. Il consiglio degli Dei, le inviò allora un messaggero che dopo averla aspersa con l'acqua della vita la riportò sulla terra. 
Nel cammino di ritorno, riattraversando ciascuna delle sette porte, ritrovò i suoi ornamenti e vittoriosa riuscì a strappare alle potenze infernali il suo adorato Tammuz che fece ritorno dalle tenebre alla luce. Naturalmente il Dio Tammuz è la vegetazione annuale che ogni anno muore e resuscita, ma ha anche un significato più profondo connesso ai Sacri Misteri, come poi vedremo.

Ishtar, come Nana, fu Dea della fecondità e della generazione, ma pure stella brillante che sparisce ad occidente per tornare a brillare ad oriente, il pianeta Venere, per cui veniva chiamata "Signora della Luce" (il corrispondente romano di Lucina).

Come si vede qua a lato la Dea, oltre ad evidenziare la ioni come triangolo col vertice in basso (che è superiore, al contrario di quanto asseriscono molti cultori di yoga, al triangolo con vertice in alto), evidenzia pure una stella a cinque punte, che è stata da sempre il simbolo della magia, tanto è vero che anche nel medioevo i presunti maghi si firmavano con questo simbolo.

Le medesime funzioni erano attribuite, secondo Erodoto a Militta, Dea babilonese, un'altra delle figure parallele di Ishtar. Un'altra di queste, a Babilonia, era Zarpanit, signora della riproduzione degli esseri. L'Ishtar del periodo semitico, Dea della terra, ereditò tutti gli attributi di un'altra Dea Terra venerata a Eridu, Damkina, con cui si fuse: Ishtar e Damkina e cosi Nana, Militta e Zarpanit sotto differenti nomi divennero una medesima divinità.

La concezione di Ishtar come Dea-terra, nelle sue varie manifestazioni, è soprattutto la divinità dell'amore e del sesso, base della vita della natura. Ma questa rappresentazione anziché dall'attributo di fecondatrice e di generatrice dipende direttamente dal suo carattere siderale, che le derivò dall'alleanza stretta con Annunaki, a cui Ishtar fu assimilata.
Ishtar di Dilbat, « la messaggera, l'annunziatrice », cioè Ishtar-stella, formava una triade divina con Sin e a Shamash. Ella personificava la stella della sera, che precede l'apparizione della luna e la stella del mattino, che preannunzia il sole, associata al pianeta Venere; stella del mattino e stella della sera.

Come stella della sera era Dea dell'amore notturno che attira l'uomo verso la donna, come stella del mattino era la guerriera fredda e crudele, ma anche l'astro che annuncia il giorno con le sue fatiche e le sue lotte. Per questo Ishtar era ad un tempo casta e lasciva, benefica e feroce, pacifica e bellicosa, ricordando tuttavia che la guerriera era una caratteristica della Ishtar assira e che gli Assiri furono sopratutto un popolo guerriero. Ishtar rappresentante dell'amore sensuale e insieme Dea della fecondità era anche identificata con Belit, la madre degli Dei e degli uomini.

Era dichiarata la più forte fra le Dee, quella « per cui nessuno vive in riposo e in piacere, se ella non vuole, la dea della lotta, la signora della battaglia, l'arbitro delle grandi divinità », come vien designata in iscrizioni, colei che incita alle armi e in tempo di pace invita ai pericoli della caccia di fiere, e lei stessa dea delle fiere.  Come madre degli uomini e ad un tempo « signora degli Dei» ha parte nella leggenda del diluvio; piangendo sulla strage dei suoi figli.
Ebbe molti sposi, a ciascuno dei quali ella era unita sotto vari nomi o appellativi: quando è Marduk, lshtar appare come Zarpanit, quando Shamash diventa Ninib.
La Dea non si accontentò di un solo amante; nella leggenda d'Izdubar, li scelse fra gli uomini senza disdegnare le bestie. In questa leggenda infatti si racconta che la Dea amò ardentemente un'aquila e un leone e d'amore libidinoso un cavallo.

Ma l'amante principale di Ishtar fu Tammuz, paragonato più tardi all'Adone dei Greci; la cui saga nei suoi vari momenti, l'amore di Ishtar, il modo della morte, il periodico ritorno alla luce, ricompare spesso nella mitologia ellenica, Ishtar diventa Afrodite.
Anzi è probabile che la mitologia greca ne avesse tratto spunto per il racconto relativo alla rivalità tra due Dee, una celeste, l'altra infernale: Afrodite e Persefone, le quali entrano in discordia per l'amore di Adone. Comunque un bel Adon era amato dalla Dea Ashtartu/Astarte, assistita dalla Dea solare Shapash, guardiana dei morti.

IL TEMPIO DI AIN DARA



TEMPIO DI AIN DARA

Il Tempio di Ain Dara è un bellissimo tempio siro-ittita dell'età del ferro, costruito attorno al 1300 a.c e utilizzato sino al 740 a.c, eretto a 60 km a nord-ovest di Aleppo, in Siria. Uno dei templi più antichi della terra.

Il tempio, dedicato alla Dea Ishtar, si trova su di un'altura che domina la sottostante città di Ain Dara. 
Il tempio, maestoso nelle colossali strutture, con grandi statue e ricche decorazioni, con pietre e materiali diversi che ne esaltano i vari colori, è famoso per le numerose somiglianze con il Tempio di Salomone descritto nella Bibbia. (Philip J. King e Lawrence E. Stager, Life in Biblical Israel, p. 334). 

L'IMPRONTA DI ISHTAR
Le sculture conservatesi raffigurano leoni e sfingi, comparabili ai cherubini del Primo tempio ebraico; le grandi impronte dei piedi della Dea sono scolpite nel pavimento.

Nel 1955 fu casualmente ritrovato un leone monumentale in basalto, ma gli scavi avvennero tra il 1980 e il 1985. Si tratta di un tempio a pianta rettangolare orientato verso sud-est che venne strutturato e ristrutturato in tre fasi ben distinte.

La prima fase (1300-1000 a.c.) vide una struttura larga 20 m e lunga 30 m, composta da portico, anticamera (pronaos) e camera (naos). 

Nella seconda fase (1000-900 a.c.) furono aggiunte lastre in basalto a foderare il portico e i passaggi tra portico e anticamera e tra questa e la camera. 
Nella terza fase (900-740 a.c.) fu aggiunto un ambulatorio tutto intorno al tempio, ottenuto estendendo la piattaforma su cui era stato edificato inizialmente il tempio.

Questo significa che il culto prosperò dal XIV sec. ac. ad almeno l'VIII sec. ac. Un culto ufficiale durato almeno 6 secoli, senza contare il culto ufficoso che accompagnò sempre la persecuzione e l'abolizione delle antiche Dee.
Il tempio conserva le fondamenta in calcare e alcune lastre di basalto; è andata persa la sovrastruttura in mattoni di fango, probabilmente coperta da pannelli in legno.

La facciata e le mura interne sono decorate da altorilievi raffiguranti creature mitiche. Purtroppo il fanatismo degli uomini ha deturpato e praticamente annientato questo straordinario capolavoro. Si vede con quanta protervia si è lavorato con le mazze e martelli affinchè fosse colpita ogni figura fino a renderla irriconoscibile, anche se si trattava di animali simbolici.

Al che viene da pensare a quanto il patriarcato, e in particolare l'ebraismo, abbiano attinto largamente dai miti delle Grandi divinità femminili, dal mito della creazione, al Diluvio universale, agli appellativi divini, fino ai miti minori, spesso invertendo i ruoli maschili e femminili, denigrando sempre il femminile ed esaltando il potere della forza e della mente maschile in un mondo assolutamente arido, privo di poesia, di pietà e di anima.


 

Copyright 2012 All Rights Reserved Matriarcato e Matriarchy - Info - Privacy e Cookies