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venerdì 3 luglio 2020

MATRIARCATO NAGOVISI


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LA CONFIGURAZIONE FAMILIARE

Tutti gli attuali retaggi delle antiche società matriarcali si possono collocare su una scaletta che va dalle società in cui la famiglia matrilineare è abbastanza autonoma e il potere centrale è debole o inesistente a società nelle quali è invece inserita in strutture gerarchiche, dove esiste un potere centrale forte, anche regale.

Come spiega l'antropologa Casella Paltrinieri «Al primo gradino della scala appartiene la popolazione Moso, che combina il principio matrilineare con una organizzazione sociale poco strutturata» con gruppi familiari autosufficienti e abbastanza autonomi senza molte sovrastrutture. I Minangkabau, hanno stranamente una forte influenza islamica che deve avere corretto non poco la originaria tradizione matrilineare.

All’estremo opposto della scala vi sono le famiglie matrilineari che si giovano di un'organizzazione economico-politica piuttosto strutturata e centralizzata, come gli Akan e i gruppi irochesi. La loro è però soprattutto una micro-organizzazione, a livello di comunità e di famiglia:
«Può non avere alcun effetto a livello di macro-organizzazione, soprattutto visto che il potere economico e politico non si gestisce più nelle piccole comunità» spiega Casella ma a livello simbolico «è fondamentale perché ci dice che l’organizzazione della famiglia è plastica e può presentare configurazioni molto più gratificanti e funzionali, al limite anche molto meno costrittive e violente».



I NAGOVISI E L'AMORE PER LA TERRA

I Nagovisi vivono a Bouganville del Sud, un’isola a occidente della Nuova Guinea, a nord dell'Australia. Le donne sono coinvolte nella conduzione della comunità e nelle cerimonie ma il loro maggior orgoglio e piacere è nel lavorare le terre di loro proprietà. Da un lato sono le detentrici del sapere e della proprietà, da un lato sono donne che lavorano duramente, ma pure gioiosamente.

Per i Nagovisi la donna incarna nel suo corpo le forze della natura e quindi della vita. Tuttavia, al contrario delle primitive società matriarcali, le donne sono identificate nel sole, un calore che risveglia gli appetiti sessuali dei maschi.

IL MATRIMONIO

La donna Nagovisi sceglie il suo uomo che può divenire suo marito, ma senza un matrimonio istituzionalizzato. Se una coppia viene vista insieme, dorme insieme e l’uomo assiste la donna nel lavoro della terra, i due sono considerati sposati a tutti gli effetti. 

La donna dà la stessa importanza al lavoro della terra e alla sessualità condivisa con il partner. I maschi non possono invece possedere nè terre nè case però, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, le donne lavorano molto più degli uomini, ma purchè l'altro mostri buona volontà si accontentano del loro carattere meno alacre.

Tuttavia questa specie di matrimonio non è soggetto a regole di fedeltà o di obblighi reciproci. La convivenza procede finchè i due stanno bene insieme, se il rapporto si scioglie i figli restano con la donna ma hanno rapporti anche col padre. 

In realtà tutte le donne della tribù si occupano almeno in parte dei figli altrui oltre che dei propri. L’antropologa Jill Nash ha riferito che la società Nagovisi è divisa in vari gruppi matrilineari che sono a loro volta divisi in “matriclans”.

Nel pensiero matriarcale, dopo la morte ognuno rinasce all’interno del proprio clan: il bambino non lo ricorda, perchè la morte cancella la memoria. Tutto avviene come nei cicli vegetali, dove le piante muoiono in autunno, ma i loro semi riposano d’inverno fino a primavera, quando germogliano e rinascono uguali a quelle precedenti.



IL DIVORZIO

Quando una coppia litiga i nagovisi dicono che la donna "può rifiutare allo sposo i frutti del suo albero" il che significa che non solo lo priva del contatto sessuale ma pure del sostentamento, per cui l'uomo è costretto ad andarsene. 

Ciò accade però piuttosto raramente, vale a dire che anche se litigano la donna raramente toglie all'uomo il sostentamento, cosa che avine in situazioni davvero estreme. Una volta comunque che l'uomo sia costretto ad andarsene egli torna la suo clan dove lavora per la comunità in dei terreni a disposizione dei non sposati.

Essendo una civiltà contadina è molto importante avere diversi figli, anzi, al contrario delle civiltà patriarcale, è importante avere diverse figlie, perchè resteranno con la madre a coltivare l'azienda agricola, mentre i maschi se ne andranno per loro conto. 

Ciò sfata l'idea, del tutto patriarcale, per cui avere maschi serva a coltivare la terra cosa che le femmine non possono fare. Le donne Nagovisi lavorano duro come e più degli uomini e ne sono particolarmente orgogliose.



giovedì 30 aprile 2020

LONGYOU GROTTEOS


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Queste grotte furono scoperte, o avrebbero dovuto essere riscoperte, solo nel 1992. La gente aveva precedentemente presunto che fossero solo vecchi stagni per pesci, ma quando furono prosciugati, le persone impararono che erano in realtà grotte antiche che erano state scavate da solide rocce nella prima la dinastia Qin, circa duemilacinquecento anni fa. I metodi di costruzione, i metodi di illuminazione e lo scopo di queste grotte sono tutti ammantati di mistero.

Tutto iniziò con una leggenda sulle proprietà "senza fondo" degli stagni locali finchè un uomo decise di andare a fondo su questo mito e scoprire cosa ci fosse di vero. Si sa che alla base dei miti in genere c'è una realtà. Così, si rivolse ad altri membri della comunità e insieme comprarono una grande pompa idraulica.

Dopo aver pompato per 17 giorni, l'uomo, e quindi il mondo intero, scoprì favolose grotte scavate a mano sotto l'acqua degli stagni della città che ora avevano un fondo. Non c'è però spiegazione sul perchè di codeste vaste grotte, tutto ciò che si sa è che enormi caverne artificiali alte 30 metri sono state scavate nell'arenaria da sconosciuti usando strumenti sconosciuti, dimostrando un'enorme cura e capacità nel processo.


Ad esempio, le pareti sono tutte scavate esattamente nello stesso schema. Gli antichi sapevano anche di dover lasciare almeno tre pilastri centrali in piedi in una formazione a triangolo equilatero per sostenere il tetto.

Le Grotte di Longyou (cinese : 龙游 石窟), chiamate anche "Xiaonanhai Stone Chambers" (cinese : 小 南海 石室), cioè "camere di pietra" e sono un gruppo di 24 caverne di arenaria artificiale situate sulla collina di Fenghuang (i Fenghuang sono uccelli mitologici trovati nella mitologia dell'Asia orientale che regnano su tutti gli altri uccelli), vicino al villaggio di Shiyan Beicun, sul fiume Qu, a Longyou Contea, prefettura di Quzhou, provincia di Zhejiang, in Cina. Creati più di 2000 anni fa, non furono registrati in alcun documento storico e furono riscoperti dagli agricoltori nel 1992.

Le grotte sono artificiali e ciascuna di esse scende per circa 30 metri nel terreno, dove troviamo stanze sotterranee in pietra, ponti, grondaie e piscine. Sono sopravvissuti per oltre 2000 anni (secondo alcuni 2500 o addirittura 3000) e nessuno sa come e perché sono stati costruiti. Gli studiosi ritengono che la costruzione delle grotte sia stata molto probabilmente organizzata da qualcuno direttamente collegato all'imperatore.

DEE O GENI ALATI FEMMINILI CHE ACCOMPAGNANO UN VIAGGIATORE SU UN ASINO
Di tutti i misteri che circondano le grotte, forse il più grande è capire come sono state costruite. La quantità di roccia che sarebbe stata rimossa equivale a 1 milione di metri cubi. Quando gli esperti considerano il tasso medio di scavo degli esseri umani incaricati degli strumenti dell'epoca, stimano che per completare le caverne ci sarebbero volute 1.000 persone che avrebbero lavorato 24 ore di fila per 6 anni.

Questi calcoli considerano solo il tempo che ci sarebbe voluto per rimuovere quel volume di rifiuti, ma non tengono conto della precisa ingegneria e dell'abilità artistica mostrate nella costruzione delle grotte.

Tuttavia, se ciò è vero, allora l'esistenza delle grotte è un mistero ancora più grande, poiché non ci sono documenti storici da nessuna parte, menzionando la costruzione delle grotte. Nessuno avrebbe intrapreso un tale gigantesco progetto di costruzione senza assicurarsi che fosse ben documentato.

Nonostante decenni di studio, il vero scopo delle grotte rimane nascosto forse proprio nelle pareti delle grotte che hanno custodito un incredibile segreto per più di 2000 anni. Le grotte sono la prova che più di duemila anni fa, e senza l'uso della tecnologia moderna, gli antichi cinesi hanno creato progetti strabilianti, degni di ogni lode.


Ma sembra che alcune grotte siano decisamente più antiche:

" Giovedì gli archeologi cinesi hanno iniziato lo scavo di tre antiche grotte risalenti a circa 15.000 anni  fa nella provincia di Guizhou, nella Cina sud-occidentale (oltre a quelle di 2000 anni fa). Le rovine delle grotte, scoperte per la prima volta nel 2008, si trovano nella città di Machang, nella nuova area di Gui'an. Erano tra i primi 10 reperti archeologici della Cina del 2016.

Il nuovo ciclo di scavi è realizzato congiuntamente dall'Istituto Provinciale di Reliquie Culturali e Archeologiche del Guizhou e dall'Istituto di Archeologia dell'Accademia Cinese delle Scienze Sociali. Il precedente progetto di scavo, durato dal 2012 al 2019, ha portato alla luce un gran numero di utensili in pietra e ossa, frammenti di ceramica, pozzi di cenere e le rovine di diversi siti di sepoltura risalenti a circa 10.000 anni fa.

Gli archeologi hanno affermato che le grotte sono di grande importanza per lo studio dei cambiamenti ambientali nella Cina sud-occidentale, dal tardo Paleolitico al Neolitico. Secondo loro, mostrano anche il rapporto tra l'uomo e l'ambiente durante il periodo."

LA BELLISSIMA DEA
Dopo la prima scoperta nel 1992, sono state scoperte in totale 36 grotte, per un totale di circa 30.000 metri quadrati di caverne scavate a mano. Se da un lato queste caverne rappresentano uno dei più grandi progetti di scavo antico della storia, dall'altro la loro origine non ha assolutamente alcuna documentazione che porti allo svelamento del mistero.

I segni di scalpello sulle pareti in una serie di linee parallele indicano che le ampie grotte sono state scavate a mano da una civiltà ormai sconosciuta. Ora, una delle grotte è aperta al turismo. La grotta è stata scelta perché era la più ricca di ornamenti di tutte le grotte di Longyou. Anche con l'attuale ricerca archeologica e l'esame ingegneristico, l'origine delle grotte rimane ancora un mistero.

Ciò che lascia perplessi gli esperti è che questo progetto di ampia portata non è mai stato documentato e che non sono mai stati trovati strumenti in loco. Questo è particolarmente sconcertante se si considera quanto fossero bravi i cinesi antichi a documentare.

Un altro mistero sconcertante della costruzione delle grotte è rappresentato dai segni sulle pareti. Ogni parete è ricoperta da segni di scalpelli paralleli uniformi. Questa particolare forma di scavo sarebbe stata molto più laboriosa dello scavo grezzo. Gli esperti non sono sicuri del perché gli abitanti dell'epoca avrebbero scalpellato le grotte invece di usare strumenti più efficaci come picconi o altri oggetti contundenti e disordinati.

Il precedente progetto di scavo, durato dal 2012 al 2019, ha portato alla luce un gran numero di strumenti in pietra e ossa, frammenti di terracotta, pozzi di cenere e le rovine di numerosi siti di sepoltura risalenti a circa 10.000 anni fa.

Gli archeologi hanno affermato che le grotte hanno un grande significato per lo studio dei cambiamenti nell'ambiente nel sud-ovest della Cina, dal tardo Paleolitico al Neolitico. Secondo loro, mostra anche il rapporto tra l'umanità e l'ambiente durante il periodo.


Le superfici del soffitto, della parete e del pilastro sono tutte rifinite allo stesso modo, come una serie di fasce o percorsi paralleli larghi circa 60 cm contenenti segni di scalpellatura paralleli posti ad un angolo di circa 60 ° rispetto all'asse del percorso.

Hanno mantenuto la loro integrità strutturale e sembrano non interconnettersi. Le aree delle grotte si estendono da 1.000 a 3.000 metri quadrati. Ogni grotta ha un'estensione verticale verso il basso dal foro rettangolare con un'altezza di circa 30 metri.

Le pareti, il tetto e le colonne di pietra di ciascuna delle grotte sono decorate con segni di scalpello - linee e simboli - probabilmente lasciati deliberatamente dagli antichi.

Questi simboli hanno solo uno scopo ornamentale o c'è un messaggio nascosto all'interno delle pareti che deve ancora essere decifrato? Tra ventiquattro grotte scoperte - tutte scolpite a mano - ce ne sono sette decorate con motivi che ricordano chiaramente le sette stelle del Grande Carro.

Nessuna delle grotte è collegata tra loro, ma molte condividono pareti sottili. Come ha spiegato Yang Hongxun, un esperto dell'Istituto archeologico dell'Accademia cinese delle scienze sociali,

"In fondo a ciascuna grotta, gli antichi costruttori non sarebbero stati in grado di vedere cosa stavano facendo gli altri nella grotta successiva. 
Ma l'interno di ogni grotta doveva essere parallelo a quello dell'altra, altrimenti il muro sarebbe stato scavato. 
Pertanto l'apparato di misura avrebbe dovuto essere molto avanzato. 
Deve esserci già stato un layout delle dimensioni, delle posizioni e delle distanze tra le grotte. "

Le quattro grotte, ad esempio, coprono una superficie media del pavimento di 1.200 metri quadrati, quindi ciascuna delle grotte avrebbe dovuto comportare lo scavo di 36.000 metri cubi di pietra.
Poiché nel villaggio di Shiyanbei sono già state trovate in totale 24 di queste caverne, lo scavo complessivo sarebbe di 900.000 metri cubi.

- Dove veniva trasportata la roccia scavata dalle grotte?
- Quanti lavoratori sono stati coinvolti nella creazione di queste grotte estremamente sofisticate?

Secondo una stima: se un uomo può scavare ed eseguire 0,5 metri cubi di pietra ogni giorno, la costruzione di queste 24 grotte richiederebbe 1.000 uomini forti per lavorare 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana per circa 5 anni.

Tuttavia, questa è solo una stima prudente, perché "più profonda è la grotta, più difficili saranno gli scavi e i trasporti". Una teoria suggerisce che le grandi grotte rocciose completamente piene d'acqua possono essere stabili e integrarsi per migliaia di anni. Altri problemi devono attendere le risposte. La moderna meccanica e l'ingegneria hanno meno di 100 anni e non c'entrano con queste costruzioni arcaiche molto avanzate.



A CAUSA DI UNA COMETA

Per il Prof. dell' Institute of Megalithic Research  R. M. de Jonge, le grotte di Longyou possono essere considerate come un monumento per la catastrofe della cometa mondiale (o inondazione) durante la VI dinastia d'Egitto durante il regno del primo re Teti.

Il sito mostra che la popolazione mondiale originale era di 4,8 milioni di uomini, ma 2,6 milioni sono morti (54%) e 2,2 milioni di persone sono sopravvissute. Si è verificata una precipitazione di 9 metri di acqua durante 2 + 2 = 4 mesi.
L'evento catastrofico sterminò tutte le antiche civiltà sulla Terra.

Tuttavia, in primo luogo le grotte furono costruite come un palazzo sotterraneo per il re e la corte reale per la necessaria protezione durante il ritorno di questa cometa. Le grotte di Longyou pertanto furono probabilmente costruite quando ciò accadde, intorno al 1200 a.c.

E poi, davvero bastano delle grotte per rifugiarsi da un evento catastrofico che ha bruciato mezzo pianeta? L'aria irrespirabile diventa irrespirabile anche nelle grotte e in superficie le piante spariscono, e nelle grotte non si possono allevare le piante che hanno bisogno di luce e di aria.



A CAUSA DELLA RAGIONE

E se invece di invocare comete apocalittiche ammettessimo, a causa della ragione,  che tanti millenni fa, come del resto l'archeologia sta scoprendo, esistevano delle civiltà matriarcali che in alcune zone si organizzavano una vita sottoterra per dormire tranquillamente senza essere assalite dalle belve feroci che all'epoca pullulavano nelle foreste e oltre?

La capacità raffigurativa ci riporta a una cultura molto raffinata ed evoluta, guidata dall'immagine di una Dea Madre con eroi vari, dai lineamenti tutt'altro che primitivi, anzi la Dea ha un volto sereno, dolce e bellissimo e nelle sue mani tiene l'elisir della vita, pertanto lei è la Madre Natura di essenza divina. C'è poco da indovinare, basta guardare.

SE NON MI IMMERGO NON MUOIO, MA NEMMENO VIVO.



lunedì 2 marzo 2020

MATRIARCATO JUCHITAN


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Messico: le donne di Juchitàn ispirarono Frida Kahlo

Le donne di Juchitàn, in Messico, sono le stesse a cui si ispirava l'artista Frida Kahlo nel suo abbigliamento. Si tratta di una società matriarcale, una realtà poco conosciuta ma molto interessante La popolazione indigena della città messicana di Juchitán, una delle diverse città indigene sul Pacifico nel golfo di Tehuantepec, è riuscita a mantenere la maggior parte dei suoi canoni, nel cuore della società messicana. Si tratta di un esempio straordinario di matriarcato urbano, risultato della solidarietà tra donne, della loro capacità di essere indipendenti e libere rispetto al mondo esterno, rifuggito nonostante i continui tentativi "maschili" di intervenire.


DEA DONNA

Un esempio straordinario di matriarcato urbano, che la prof.ssa Heide Goettner-Abendroth nel suo “Le Società matriarcali. Studi sulle culture indigene del mondo” descrive come risultato della solidarietà fra donne, del loro inflessibile indipendentismo rispetto al mondo esterno, e del loro continuo intervento nella politica degli uomini:
Le donne di Juchitán, dell’Istmo di Tehuantepec, sono famose in tutto il Messico per la loro bellezza e per il loro potere economico.(…)

La città di Juchitán è un centro di commerci regionali. Inoltre vi risiedono molti agricoltori e pescatori. Due ampie lagune di acqua salata, ricche di pesce sono situate a 5-10 km dalla città. Le pianure costiere intorno sono adibite alle coltivazioni e all’allevamento. Per visualizzare il carattere di questa città, possiamo pensare a una città agricola europea, come ne esistevano fino agli anni ‘70 del secolo scorso, costituita principalmente da agricoltori che vivono in città e che possiedono terreni sparsi nel distretto.(…)

I commerci a Juchitán sono esclusivamente nelle mani della donne. Ogni donna si percepisce come commerciante, un capacità che le viene data dalla nascita, per la ragione di essere donna e di essere Teca. Anche se è insegnante o medico, comunque commercerà per esempio in gioielli d’oro o in strumenti medici. Il commercio è sia locale che regionale – i commercianti a Juchitán hanno filiali/empori nelle aree vicine e con altri gruppi etnici – con commercianti distanti fino all’America Centrale e agli stati del Sud degli USA. 


Le merci che vengono commerciate a lunga distanza sono specialità locali come i gamberetti secchi, tortillas tostate chiamate "totopo", gioielli d’oro e tessuti riccamente ricamati. L’agricoltura e la pesca sono i solo domini esclusivi maschili. La moglie di un agricoltore non si vede come contadina, ma come commerciante di prodotti agricoli, e lo stesso vale per la compagna di un pescatore. 

Gli uomini consegnano i loro raccolti alle donne, che li trasformano in prodotti da forno a base di mais o formaggi, in deliziosi piatti di pollo o pesce affumicato che possono vendere al mercato. Oppure fanno da mediatrici e vendono i prodotti grezzi ad altre donne che a loro volta li trasformano. Lo stesso commercio avviene nell’ambito dei prodotti fatti a mano dalle donne.(…)

Un altro principio matriarcale è l’identificazione con la realtà locale, l’essere connessi a una località specifica come se si fosse radicati nella madre terra, in contrapposizione all’astrattezza e la casualità del mercato globalizzato che porta allo sradicamento di tutto e tutti. Di maggiore importanza per gli juchitechi è il fatto che solitamente le donne possiedono le case. Non esiste la casa del padre, solo la casa della madre. 

A questa casa possono sempre ritornare i figli se ci sono problemi con la compagna con cui vivono. Ma la casa appartiene esclusivamente a lei. La madre passa la casa e i gioielli alla figlia più giovane affinché possa occuparsi della madre vecchia. Inoltre, la madre si assicura che le nuove case delle figlie siano costruite vicino a lei, nella sua proprietà.(…)

E’ in particolare la tradizione della casa della madre, la matrilocalità, che ha permesso di resistere alla tendenza neo-liberale di orientare la produzione agricola di Juchitán verso il mercato mondiale. Il fatto che gli agricoltori e i pescatori, gli artigiani e i manovali diano i loro guadagni alle donne invece di utilizzarli o venderli ad altri, ha creato la realtà matrilocale. 

Poiché le case appartengono alle donne e i rituali della coesione sociale e delle genealogie sono focalizzati sulle donne, possiamo dire che la città appartiene alle donne. Gli uomini hanno accesso alla società della città dando il loro prodotti e i loro guadagni alle donne.

L’altro spirito che regna a Juchitán e fa sì che la reciprocità prevalga, permette all’economia e al denaro di rimanere integrato nelle relazioni sociali. Attribuiamo questo altro spirito al principio matriarcale che si concentra nel concreto, nel materiale, nel sostanzialmente utile: questa vita concreta sulla terra e non un qualche mondo trascendente. Questo tipo di pensiero lo definiamo un orientamento verso la sussistenza.(…)


Martha Toledo Martinez portavoce della comunità di Juchìtan, in Messico testimonia di una comunità in cui le donne hanno potere nella vita pubblica e l’economia si fonda sulla condivisione dei beni.

La popolazione indigena della città messicana di Juchitán, una delle tante città indigene lungo la costa del Pacifico sul golfo di Tehuantepec, è riuscita a preservare gran parte dei suoi modelli sociali tradizionali sopravvissuti non in una lontana enclave rurale ma in un centro di transito molto frequentato, nel bel mezzo della moderna e complessa società messicana.

Un esempio straordinario di matriarcato urbano, che la prof.ssa Heide Goettner-Abendroth nel suo “Le Società matriarcali. Studi sulle culture indigene del mondo” descrive come risultato della solidarietà fra donne, del loro inflessibile indipendentismo rispetto al mondo esterno, e del loro continuo intervento nella politica degli uomini.

FRIDA KAHLO
«Secondo l’analisi femminista – ci spiega – il fenomeno che più colpisce in questa città sono le donne e non solo per lo spettacolo di grande effetto che suscita il loro pittoresco abbigliamento, come per esempio le gonne dai vivaci disegni e le splendide bluse ricamate con enormi fiori. Quello che è più singolare, invece, è il dominio che esercitano nella vita pubblica, sia per gli ottimi affari che realizzano nella piazza del mercato, sia per la gestione dei grandi festival che organizzano nelle strade.

Il matriarcato è determinato anche da altri importanti elementi che danno forma alla loro cultura. Uno di questi è che la casa appartiene soltanto alla donna e questo perché, con il suo lavoro di artigiana e commerciante, si prende cura degli aspetti organizzativi e finanziari degli affari della famiglia: la costruzione della casa, la sua gestione economica e l’educazione dei bambini. 

In Juchitán il legame tra madre e figlia è la chiave di tutte le relazioni della vita; le figlie, e anche i figli, sono orgogliosi della loro madre e di discendere da lei. In questo modo non rinnegano mai la loro eredità etnica: al contrario, considerano i consumi e lo stile di vita juchitechi “migliori”, un risultato che senza dubbio si deve all’educazione materna.

Al carattere pubblico delle loro vite va aggiunto il fatto che le donne producono e poi vendono cibi e oggetti di artigianato di fronte a casa, o lungo i vicoli e le strade, o nei mercati frequentati solo da donne, utilizzando i ricavi per le spese più grandi, come costruire una casa o l’educazione dei bambini.

La povertà e la mancanza di sviluppo, dilaganti in altre parti del Messico, sono sconosciute a Juchitán, dove le donne mantengono un’economia tradizionale su base regionale, perlopiù autosufficiente. I prodotti del posto sono molto più apprezzati di quelli importati, e la gente va fiera del cibo, dei vestiti e della musica di Juchitán.

In Juchitán raggiunge l’apice del prestigio non chi ha più denaro, ma chi ha dato di più agli altri. L’economia locale non si fonda tanto sull’accumulo di ricchezze personali, quanto sulla condivisione dei beni, secondo criteri che premiano la mutualità. Questo tipo di “economia del prestigio” ruota intorno al rafforzamento del legame sociale grazie al festoso consumo collettivo dei beni, che anziché essere accumulati dai singoli individui, circolano come doni.

I festival del merito delle donne sono straordinari. In molti parti del mondo queste celebrazioni sono affare di uomini e le donne gli oggetti del loro onore. Ma non a Juchitán, dove le donne sono il soggetto, nonché le attrici, delle feste che si celebrano pubblicamente nelle strade. 

E così le feste hanno una funzione di livellamento; è questa la finalità del dono in un’economia basata sulla mutualità e l’equilibrio. In questo modo si riducono drasticamente le differenze tra ricchi e poveri: da una donna ricca ci si aspetta che dia di più, sia come ospite che come invitata».



LE BENEDETTE DA DIO - LE DONNE NEL CORPO DI UOMINI

"L’occasione è di quelle importanti: Lucy Teran festeggia i suoi 40 anni. Si preparano il trucco, il vestito della festa, una cassa di birra. Considerate una benedizione di Dio dai genitori, donne nel corpo da uomo si considerano loro, sono le Muxes di Juchitàn, nello stato di Oaxaca in Messico.
Nel gergo zapoteco (lingua regionale) significa omosessuale, ma niente al mondo è come la comunità gay di Juchitàn: non sono una minoranza tollerata, ma il centro della vita economica e sociale della città."



OSSERVAZIONI

Più una comunità è tollerante, meno è incivile; più una comunità sa comprendere, più è civile. Chi comprende non ha bisogno di essere tollerante, perchè sa. Chi non sa è bene che sia tollerante. La tolleranza è della legalità, la comprensione è dell'intelligenza. 

Delle cose colpiscono nelle società matriarcali, le donne lavorano e lavorano sodo, spesso più degli uomini, ma questo lavoro non gli pesa, e per due ragioni:
- Primo perchè sono rispettate dagli uomini e dai figli,
- secondo perchè hanno un grande senso di responsabilità.

Delle cose colpiscono nelle società matriarcali, le donne lavorano e lavorano sodo, spesso più degli uomini, ma questo lavoro non gli pesa, e per due ragioni:

- Primo perchè sono rispettate dagli uomini e dai figli,
- secondo perchè hanno un grande senso di responsabilità.

Le società maschiliste al massimo tollerano i gay, le società femministe comprendono i gay e li rispettano.


VIAGGIO TRA LE FIERISSIME “MUXE” MESSICANE, PIONIERE PRECOLOMBIANE DEL TERZO GENERE E DELLA FLUIDITA’ SESSUALE - A OAXACA LAVORANO COME INSEGNANTI E INFERMIERE, SONO LE REGINE DELLE FESTE E UNA BENEDIZIONE PER LE FAMIGLIE SENZA FIGLIE FEMMINE

Non appartengono al movimento trans americano né alla comunità LGBT mondiale. Una “muxe” indossa abiti tradizionali, la sua sessualità fa parte della sua cultura e si sente desiderata. Assume i tradizionali ruoli femminili all’interno della famiglia e della società, ha un ruolo economico che ha aiutato la libertà sociale.

- Le società maschiliste al massimo tollerano i trans, 
- le società femministe comprendono i trans e li rispettano.

SE NON MI IMMERGO NON MUOIO, MA NEMMENO VIVO.



mercoledì 1 gennaio 2020

UNA CITTA' DI 200.000 ANNI FA


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IL SITO VISTO DAL SATELLITE
Qualcosa di straordinario è stato scoperto in una zona del Sud Africa: le rovine di un’antica città fortificata appartenente a un'antichissima civiltà, a circa 280 km verso l’interno, ad ovest del porto di Maputo (la capitale del Mozambico). Questo ritrovamento potrebbe riscrivere la storia dell’umanità.

La piramide di Giza risulta essere la struttura più antica mai ritrovata e risale solamente a 5000 anni fa. La sfinge è stata supposta antecedente alle piramidi,  qualcuno ha parlato di 7000 anni addietro. Ma il sito di Lepenski-vir (le Porte di Ferro) risalgono a 7000 anni fa, e il sito di Gobekli Tepe risale a 9500 anni fa. Poi i ritrovamenti di figurine fittili di 35000 anni fa, e la Venere di Hohle Fels, la statuina paleolitica datata tra i 31.000 ed i 40.000 anni fa, associabile alle prime presenze dell' Homo Sapiens (Cro-Magnon) in Europa. Ma questo sito è molto ma molto più antico.

I primi esploratori dell'area che si trovarono di fronte a queste rovine pensarono trattarsi di recinti destinati al bestiame, costruiti da popolazioni antiche ma non così antiche. Solamente negli ultimi vent’anni si è compreso che non si tratta di recinti, bensì di templi antichi e osservatori astronomici, costruiti da civiltà per ora sconosciute. Una città che sembra essere stata costruita dal 200000 al 160000 a.c..

Lo scrittore Michael Tellinger, insieme al vigile del fuoco e pilota Johan Heine, che aveva osservato queste rovine negli anni sorvolando la regione, avevano scoperto per caso il sito che si trova a circa 300 km da Johannesburg, quasi al confine con il Mozambico, già nel 2010, tanto che aveva parlato della scoperta nel suo libro “Temples Of The African Gods”. Il giornale thesouthafrican.com ha confermato ora che la città risalirebbe a ben 200.000 anni fa.

Tellinger ha commentato: “Quando Johan per primo mi ha fatto conoscere le antiche rovine di pietra dell’Africa australe, non avevo idea delle incredibili scoperte che ne sarebbero seguite, in breve tempo. Le fotografie, i manufatti e le prove che abbiamo accumulato puntano senza dubbio ad una civiltà perduta e sconosciuta, visto che precede tutte le altre, non di poche centinaia d’anni, o di qualche migliaio d’anni… ma di molte migliaia d’anni. Queste scoperte sono così impressionanti che non saranno facilmente digerite dall’opinione ufficiale, dagli storici e dagli archeologi, come abbiamo già sperimentato. E’ necessario un completo mutamento di paradigmi nel nostro modo di vedere la nostra storia umana”. 

Anche le popolazioni del luogo conoscevano già il posto, e lo attribuivano a qualche civiltà antica, ma non così antica. Sorvolando in aereo la zona, lo scrittore e il vigile del fuoco hanno voluto ottenere una veduta più ampia che ha portato a una scoperta sensazionale, e cioè che gli enormi cerchi concentrici erano mura cittadine ben visibili dal satellite.



LE DIMENSIONI

Queste mura si protrarrebbero per 1500 km, con un'altezza di quasi due metri e più di un metro di larghezza, in alcuni punti fino a tre m e mezzo di spessore, tali da poter far transitare due carri contemporaneamente. 

Il sito farebbe infatti parte di un’antica città che occupava un'estensione di 10000 Kmq. Ma secondo notizie più approfondite, date dalle foto scattate da aerei e da elicotteri, risulta che l’area coperta da questa metropoli era di soli 5000 Kmq, ma a sua volta era compresa all’interno di un’ampia comunità che occupava addirittura 35000 Kmq. 

Al suo interno ci sono strade, alcune delle quali lunghe sino a cento miglia, che servivano da collegamento fra la città e i campi destinati all’agricoltura; è stata rilevata una certa somiglianza con gli insediamenti degli Inca in Perù.

Ma si osservano complessi di forma circolare e campi agricoli, il che dimostra che questo luogo era abitato da una civiltà evoluta. Alle coordinate satellitari 25 37’40.90″S / 30 17’57.41E si possono vedere chiaramente (A) il panorama visto dal cielo, (B) le strutture circolari e (C) altri piccoli cerchi che indicano degli avvallamenti nel terreno.


Queste rovine circolari sono distribuite su una vasta area. Possono solo essere veramente apprezzate dal cielo o attraverso immagini satellitari. Molte di loro sono quasi completamente erose o sono state coperte dai movimenti del suolo fatti per millenni dall’attività dell'agricoltura. Del resto il Sudafrica è già considerato la culla del mondo. Proprio di recente, sempre nella zona di Johannesburg, è stato trovato il più antico antenato dell’uomo, l’Homo Naledi.

HOMO NALEDI 

- 6 Mag 2018 - Il nostro nuovo antenato è stato trovato in una grotta a 40 metri di profondità vicino a Johannesburg, in Sudafrica. Si tratta di un mosaico fossile composto da oltre 1.500 ossa. Viso da scimpanzè, denti, piedi e mani umani: ecco com’era l’Homo Naledi scoperto in Sudafrica.

La scoperta è stata effettuata anche grazie a un finanziamento della National Geographic Society. Nel team anche un italiano: Damiano Marchi, antropologo del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, che fa parte dell’equipe guidata dal professor Lee Berger.

Nella stessa zona nel 1947 fu scoperta Lucy, la più famosa tra gli ominidi che risale a qualche milione di anni fa, e nel 1997 Little Foot, che avrebbe un’età di 3 milioni e 670mila anni e sarebbe pertanto il più vecchio ominide trovato finora sulla Terra.



LE MINIERE D'ORO

Ma c'è di più: nella zona dei ritrovamenti di questa civiltà sono state scoperte, durante gli ultimi 500 anni, miniere d’oro antiche, evidente segno che chi ha vissuto in questa terra ha scavato per molto tempo in cerca dell’oro o in ogni caso ne ha approfittato.

Il Sud Africa è il più grande paese produttore di oro al mondo e la più grande zona di produzione d’oro del mondo è il Witwatersrand, la stessa regione dove si trova l’antica metropoli.

Infatti nelle vicinanze di Johannesburg, c'è anche un luogo chiamato “Egoli”, che significa la città d’oro.

Non si tratta dunque dell'oro nativo trovato per caso nei fiumi o nelle sabbie, ma di miniere vere e proprie, con tunnel e pozzi.

Le migliaia di antiche miniere d’oro scoperte nel corso degli ultimi 500 anni, indicano una civiltà scomparsa che ha vissuto e scavato per l’oro in questa parte del mondo per migliaia d’anni”, dice Tellinger. “E se questa è in realtà la culla del genere umano, possiamo star guardando le attività della più antica civiltà sulla Terra”.

Viene da chiedere cosa se ne facessero popoli così antichi dell'oro, evidentemente era apprezzato per la sua bellezza e inalterabilità, ma sicuramente anche come merce di scambio (oro lavorato o grezzo che fosse), il che fa comprendere l'evoluzione del sito.

Infatti a 30 km dell'area, si trova un porto abbastanza grande per il commercio marittimo necessario a sostenere una popolazione stimata nientedimeno che di 200 mila persone, grossomodo quanto Padova o Trieste.

FOTO AEREE
Le rovine sono per la maggior parte cerchi di pietre sepolti e solo alcuni sono visibili grazie ai venti che hanno spazzato via la sabbia, facendo emergere fondamenta e mura appartenute ad antiche costruzioni, presumibilmente le più antiche mai costruite dall’essere umano.

Nei testi sacri dei Sumeri, specialmente l'Enuma Elish, si parla di una città di nome Abzu, conosciuta anche come città mineraria per via delle miniere d’oro poco distanti. Questa città, dunque, sembra essere davvero esistita proprio in concomitanza con l’improvvisa, e tuttora misteriosa, evoluzione degli ominidi in homo sapiens.

Il ritrovamento di utensili costruiti da esseri umani e datati a 500 mila anni fa inoltre retrodaterebbe ulteriormente la comparsa di esseri viventi senzienti sul nostro pianeta.

VISIONE SATELLITARE
Johan Heine scoprì il cosiddetto "Calendario Adam" nel 2003, mentre cercava uno dei suoi piloti schiantato con l’aereo sul bordo dell’altopiano.

Mentre portava in salvo il pilota ferito Johan scorse dei i monoliti che erano allineati ai punti cardinali della Terra.

Almeno tre erano allineati verso il sorgere del sole, ma sul lato ovest dei monoliti allineati c’era un misterioso buco nella terra.

Infine Johan capì che le rocce erano allineate con il sorgere e il tramonto del sole, determinando i solstizi e gli equinozi. Ma un giorno scoprì che c’era una pietra dalla forma umanoide che era stata rimossa tempo prima. e che Johan ritrovò dopo una lunga ricerca.

I primi calcoli dell’età del calendario vennero effettuati in base al sorgere di Orione, una costellazione che completa la sua rotazione, detta precessione, ogni 26000 anni.

Quando i pezzi sono stati rimessi insieme, mancavano circa 3 cm di pietra. Si è potuto valutare così l’età del sito dal tasso d’erosione della pietra.

Gli scienziati non sanno perché improvvisamente apparve l’Homo sapiens, ma siamo in grado di rintracciare i nostri geni sino ad una sola donna, che è nota come “Eva mitocondriale”.

CALENDARIO ADAM

L'EVA MITOCONDRIALE

Una comparazione del DNA mitocondriale di appartenenti a diverse etnie e regioni suggerisce che tutte queste sequenze di DNA si siano evolute molecolarmente dalla sequenza di un antenato comune. 

Poichè un individuo eredita i mitocondri solo dalla propria madre, tutti gli esseri umani hanno una linea di discendenza femminile derivante da una donna che i ricercatori hanno soprannominato Eva mitocondriale. 

Basandosi sulla tecnica dell'orologio molecolare, che mette in correlazione il passare del tempo con la deriva genetica osservata, si ritiene che Eva sia vissuta fra i 150000 e i 200.000 anni fa. La filogenia suggerisce che sia vissuta in Africa.

Gli scienziati ipotizzano che vivesse in una popolazione di 4000-5000 femmine fertili. Se altre femmine avevano prole con cambiamenti evolutivi del loro DNA, non abbiamo alcuna registrazione della loro sopravvivenza. Sembra che siamo tutti discendenti di questa femmina umana. Insomma tutti figli della stessa madre che, in barba ai razzisti, è proprio nera.



martedì 3 dicembre 2019

LA SOCIETA' DEI CHEROKEE


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IL MITO

"Presso la tribù indiana Cherokee esiste un mito legato all’origine del grano e dell’agricoltura. Selu è "la donna grano" o "la madre del grano" ed ha due figli, di cui uno nato da un fiume intriso del sangue degli animali uccisi da suo marito Ka-na-ti, cacciatore.

Questo figlio è selvaggio, curioso e diffidente. In un primo momento, egli vuole capire come fa il padre a tornare dalla caccia con il carniere sempre pieno e scopre che, in realtà, il padre ha chiuso in una grotta tutti gli animali della foresta, prendendo, di volta in volta, solo quelli necessari al nutrimento della famiglia. 

I due figli, però, volendo imitare il padre, provocano la fuga di tutti gli animali, con la conseguente carenza di prede. Selu, quindi, inizia a nutrirli con cibi deliziosi, preparati con un alimento speciale che lei chiama "grano". 

Ancora una volta, il figlio nato dal fiume non capisce dove la madre possa prendere quel cibo e, dopo averla spiata, scopre che il grano era generato proprio dal suo ventre. Egli decide allora che sua madre è una strega e convince l’altro fratello che non possono nutrirsi del suo corpo, che ciò che è accaduto è orribile e che per punizione essi decidono di ucciderla.

La madre acconsente al sacrificio, imponendo loro di smembrare il suo corpo e di trascinare i pezzi in modo da rendere fertile, con il suo sangue, quanto più terreno possibile. Ma i due fratelli, pigri, trascinano il corpo solo due volte, ricavando così poco grano, in grado di sfamare solo loro due."



DAL MATRIARCATO AL PATRIARCATO

Qui finisce il mito ma la sua storia è quella del passaggio dal matriarcato al patriarcato dove i maschi hanno ucciso e sottomesso le donne distruggendo tutto ciò che di loro non potevano e non possono capire. 

E' successo tra gli indiani ciò che è accaduto anche in occidente, con la negazione e la sottomissione della donna, solo che i Cherochee hanno saputo vederlo e trarne insegnamento, ritrovando il rispetto della donna e dei figli.

Il padre era colui che limitava la caccia solo ai bisogni perchè all'epoca c'era il rispetto degli animali, mentre nel patriarcato i cacciatori hanno fatto strage di animali per guadagno e ingordigia. La madre era colei che provvedeva i prodotti della terra, detronizzata e uccisa perchè invidiata nei suoi poteri.



LA TRIBU' DEI CHEROCHEE

I Cherokee sono un popolo nativo americano del Nord America che al tempo del primo contatto con gli europei nel XVI secolo abitavano nelle terre orientali e sud-orientali degli USA finché non vennero costretti a spostarsi nell'altopiano d'Ozark negli anni 1838-39, nonostante le proteste del generale Wool, poi dimessosi, e di intellettuali come Ralph Waldo Emerson che scrisse personalmente una lettera al presidente Van Buren. I Cherokee erano una delle cosiddette Cinque tribù civilizzate.

I Cherokee erano di evidente discendenza matriarcale non troppo remota, infatti rispettavano le donne ed ascoltavano i loro consigli. Erano molto attenti all'educazione e alle necessità dei figli ed ambedue i genitori se ne occupavano, dando però molto risalto al compito della madre.

Le tribù Cherokee si dimostrarono subito molto accomodanti nei confronti dell'uomo bianco e delle sue mancanze di rispetto per le tradizioni indiane, imitarono molto in fretta la cultura dei bianchi di cui avevano visto i molti vantaggi, divenendo anche le cinque tribù che vennero civilizzate dal Governo americano e che accettarono i costumi importati dal vecchio mondo.


Insieme si adattarono alle leggi e alle usanze dei bianchi anche gli indiani Choctaw, diversi Creek e alcune centinaia di Seminole, ma senza ogni dubbio i Cherokee furono i più modernisti, da nomadi si trasformarono in sedentari, costruirono scuole, fattorie e chiese, impararono a coltivare dissodando e coltivando estese vallate usando con molto profitto gli utensili dei bianchi come la ruota, il carro, l'erpice e pure le fucine per forgiare gli attrezzi e così via.

Un appartenente alla tribù degli indiani Cherokee, che poi diventò anche famoso nella storia americana, di nome Sequoyah, inventò anche un nuovo alfabeto nel 1809: egli nacque da padre bianco e madre indiana, ricevendo l'educazione che veniva destinata ai pellerossa senza imparare mai l'inglese, riuscendo comunque ad avere il grande vantaggio di scrivere la lingua dei bianchi cercando di far avere la stessa possibilità alla sua tribù.

Passati dieci anni di studio riuscì a mettere a punto ottantasei simboli che fossero in grado di tener presente la complessità del sistema sillabico del suo popolo dei Cherokee, usando alcune lettere dell'alfabeto latino o dal greco mentre altre erano state inventate da lui.

Si cominciò a usare il suo alfabeto e sistema linguistico nel 1821 una volta che tutti lo accettarono volentieri il tutto trasposto nelle scuole indiane facendo addirittura uscire il primo giornale scritto e prodotto interamente dalla tribù degli indiani Cherokee nel 1828 stampando il giornale Cherokee Phoenix. Un botanico austriaco diede il nome di Sequoyah a un albero della costa occidentale del Nord America, per rispetto e ammirazione, che divenne sequoia come la conosciamo oggi.

Nel 1827 i Cherokee dopo aver indetto un'assemblea costituente promulgarono una costituzione modellata su quella americana trovando un proprio territorio in una regione tra il Tennessee, la Georgia, l'Alabama e il North Carolina che venne ritenuta illegale dal governo degli Stati Uniti non potendo permettere la creazione di una nazione autonoma dentro i propri confini dopodichè nel 1830, nel territorio dei Cherokee venne scoperto l'oro.

Il presidente Jackson si trovò di fronte a un problema del tutto anormale: gli indiani Cherokee andavano eliminati e le loro terre aperte agli insediamenti dei bianchi ma si trattava di un popolo pacifico e civilizzato quindi non si poteva sterminare senza perderci la faccia come era avvenuto per altre tribù per questo motivo prima di qualsiasi azione violenta si promulgarono leggi speciali completamente inique e discriminatorie per gli indiani che si videro privati di ogni diritto e costretti a vivere in condizioni miserevoli.

Alla fine gli venne imposto di spostarsi in Oklahoma. Inutili furono le proteste e le accorate petizioni lanciate dai nativi nel 1838 e la tribù fu costretta a partire lungo quella che fu chiamata la pista delle lacrime. La deportazione della tribù degli indiani Cherokee fu una delle più amare tragedie della storia americana dove almeno un quarto della popolazione morì lungo il viaggio a causa dei freddo, delle malattie e dello sfinimento. 

Anche Sequoyah seguì il suo popolo in esilio e morì in Oklahoma nel 1843, anche se c'è da dire che non tutti partirono poiché circa mille indiani restarono nascosti nei boschi della Carolina dove vivono ancora oggi i loro discendenti. Quelli che raggiunsero l'Oklahoma non si persero d'animo adattandosi alla nuova condizione e cominciando a ricostruire dal principio le loro case, le scuole, le fattorie e le chiese.



LA LEGGENDA DELLA CREAZIONE

"Per i Cherokee all'inizio c'erano due mondi: quello dei cieli, chiamato Ga-lun-la-ti, e quello delle acque scure, che ricoprivano tutta la terra che noi conosciamo oggi, in cui vivevano le forze maligne. Il Ga-lun-la-ti, invece era popolato da animali, piante e uomini.Tutte le creature parlavano la lingua Cherokee e vivevano insieme in armonia.

La Terra non era altro che un globo coperto di acqua dove vivevano pesci giganteschi e rettili. L'universo dei Cherokee si fondava sull'armonia e l'equilibrio. La luce era bilanciata dal buio, le cose virtuose e benigne erano bilanciate da quelle che si nascondevano nell'oscurità e fuggivano dalla luce.

All'inizio non c'era il sole, ma un grande albero della vita, che cresceva al centro del Ga-lun-la-ti. Esso illuminava il mondo, così che si potesse vedere ovunque e irradiava la sua luce anche nel mondo oscuro delle acque. Il Creatore viveva sull'albero della vita da dove si prendeva cura delle piante e degli animali.

A volte gli uccelli marini, i falchi e le aquile volavano nel mondo oscuro sottostante dove tartarughe giganti e ratti nuotavano nella pallida luce dell'albero del cielo. Il Creatore conduceva una vita solitaria. Quando il suo lavoro fu completato, si sedette sull'albero della vita e ammirò il mondo intorno a lui e sotto di lui. A volte, però, si sentiva solo e desiderava una compagna, forse una figlia, che si potesse sedere accanto a lui alla sera e vedesse la sua creazione vivere e crescere.

Così il Creatore plasmò una fanciulla la cui grazia e bellezza gli toccarono il cuore. Egli sapeva, però, che anche lei aveva bisogno di qualcuno con cui correre e giocare, così creò un uomo e insegnò ai suoi figli le cose che conosceva. Il Creatore presto si accorse che sua figlia rideva troppo e cantava troppo; parlava costantemente. Essa poneva moltissime domande: perché brillano le fronde dell'albero della vita? Chi ha creato il mondo dei cieli? Chi ha dato il nome alle piante?


Il Creatore continuava ad amarla, perché era sua figlia, ma questo parlare e chiedere in continuazione, cosa avrebbe potuto fare? Il Creatore aveva detto molte volte ai suoi figli di stare lontano dall'albero della vita e di non giocare nei pressi del suo tronco. Ma, come tutti i bambini curiosi, la prima donna volle scoprire perché suo padre aveva detto queste cose. Il primo uomo insisteva affinchè essa non si recasse all'albero, ma essa tutti i giorni avrebbe voluto scalare l'albero fino alle sue fronde più alte.

Un giorno trovò un buco ai piedi del tronco e vi entrò cadendo così al di fuori del Ga-lun-la-ti. Quando il Creatore tornò a casa non trovò la prima donna. Allora chiese al primo uomo: ”Dov'è mia figlia?”. Il giovane uomo rispose: ”Io le ho detto più di una volta di non entrare nel buco ai piedi dell'albero della vita, ma lei non ha voluto ascoltarmi!”.

Il Creatore non sapeva cosa fare per evitare che sua figlia cadesse nel maestoso oceano. Allora convocò gli uccelli del cielo affinchè la prendessero evitando di farla annegare. Essi formarono così una specie di grossa e soffice coperta con le loro ali piumate, con la quale presero la prima donna. Tuttavia, dove avrebbero potuto posarla? Così, mentre volavano sulla superficie delle “grandi acque”, il capostipite di tutte le tartarughe disse: “Qui, mettetela sul mio guscio!”.

Quindi gli uccelli discesero con la giovane donna, da quel momento conosciuta come “Sky-Woman”, e la posarono sulla superficie della sua nuova casa. Tuttavia non vi era abbastanza spazio, così il ratto e la lontra si offrirono volontari e scesero sul fondo del mare riportando in superficie del fango, il quale, dopo essere stato messo sulla schiena della tartaruga, cominciò a crescere diventando la terra che oggi conosciamo come “Turtle Island”.

Il Creatore, però, sapeva che essa avrebbe avuto bisogno di più cose, quindi mandò sulla nuova terra le piante e gli animali, affinchè si prendessero cura di sua figlia. Mandò il cervo, il bisonte, l'orso, il coniglio e lo scoiattolo, per fornirgli cibo e abiti. Mandò anche le piante medicinali: il cedro, la salvia, la sanguinaria-canadensis, la quercia e soprattutto il tabacco.

Mandò poi sulla terra molte altre cose per provvedere alla sua futura generazione: i Kituwah, i Cherokee. Quando la prima donna fu soddisfatta, il Creatore mandò il primo uomo ad aiutarla a curarsi della sua creazione. Il primo uomo e la prima donna erano ora marito e moglie. Erano felici e tutto andava per il meglio, ma, come in tutte le buone cose, il male si insinuò tra loro e cominciarono a discutere e litigare.


Furono dette parole dure da entrambi e, alla fine, la prima donna raccolse le sue cose e partì. “Vado a cercare un nuovo posto dove vivere” disse al marito “ tu sei indolente e non mi presti mai attenzione!”. In breve tempo il primo uomo si pentì delle sue azioni e cercò di raggiungere la moglie per scusarsi. Tuttavia si rese conto di non poterla ormai raggiungere, e pregò il Creatore di aiutarlo: “Rallentala, Creatore, affinchè possa dirle cosa essa significhi per me!”.

Il Creatore chiese: ”Il tuo spirito è uno con il suo?”. Il primo uomo rispose: ”Ne abbiamo uno solo fin da quando siamo stati creati! Ne abbiamo uno solo da quando tu hai soffiato la vita in noi e ne avremo uno solo fino alla fine del tempo stesso! ”. Toccato dalle parole dell'uomo, il Creatore intervenne. Vide la strada che la prima donna stava percorrendo e cominciò a far crescere delle piante ai suoi piedi per rallentarla. 

Da un lato crebbero le more selvatiche, dall'altro i mirtilli, ma lei continuò il cammino. Allora fece crescere i ribes (uva spina), ma ancora, lei non si curò di essi e continuò il cammino. Il Creatore, però, sapeva di doverla rallentare a tutti i costi, così andò nel suo giardino, prese una manciata di piantine di fragole e le piantò sula terra.

Quando atterrarono ai piedi della prima donna, cominciarono a crescere, fiorire e maturare. La prima donna si fermò a vedere gli splendidi rami e bacche della piantina di fragole, e si chinò per assaggiarne una. Appena mangiò la fragola dimenticò la sua rabbia e, preso un cestino, lo riempì velocemente e tornò verso il marito. 

Il primo uomo, intanto, si stava affannando per raggiungere la moglie e rimase sorpreso quando la vide tornare, e oh! Come batteva il suo cuore! Lei era sorridente! Lei mise la mano nel cestino, prese una fragola e la mise nella bocca del marito. Lui sorrise e ringraziò il Creatore. Presa la sua mano, la moglie lo condusse sul sentiero di casa, mangiando insieme le fragole lungo la via."

La donna che aspetta non guarda dietro, non guarda davanti. 
Si guarda dentro, e cresce; invoca il vento, le stelle, i mari
 e culla nei suoi occhi i sogni che fanno girare la terra.” 
(Poesia Cherochee)

Dalla leggenda della creazione alla poesia su scritta si comprende che i Cherochee sono di discendenza matriarcale recente. Dio creò per prima la donna e lei è il centro della coppia.



RITO DI PASSAGGIO

L’indiano Cherokee per diventare adulto dovesse superare una prova. Questi veniva portato nel cuore della foresta dal padre, il quale gli metteva una benda sugli occhi in modo che non potesse vedere. Fatto questo se ne andava, lasciandolo solo.

Il ragazzo doveva rimanere seduto su un tronco d’albero fin quando la luce del mattino, arrivando al suo viso, sarebbe passata attraverso la benda avvisandolo che la notte era passata. Il giovane non poteva piangere ne tanto meno gridare per cercare aiuto. Superata questa prova doveva fare voto di non parlarne. Non poteva dire nulla agli altri, perché ogni ragazzo diventa uomo alla propria maniera.

Il ragazzo, nel buio delle bende, è terrorizzato. Può sentire ogni tipo di rumore, di sicuro ci sono bestie selvatiche intorno a lui. Anche qualche altro umano potrebbe ferirlo. Il vento soffia forte, fischiando tra i rami, scuotendo l’erba e persino il tronco dove era seduto, ma nonostante questo, il ragazzo rimane seduto, stoicamente, senza mai rimuovere le bende.

Perché quello era l’unico modo per diventare un vero uomo! Finalmente dopo la notte il primo raggio di sole bacia i suoi occhi e lui può rimuovere la sua fasciatura. E’ a questo punto che scopre che il proprio padre è seduto sul tronco di fronte al suo. E’ rimasto li tutta la notte, proteggendo il figlio da ogni possibile pericolo.



giovedì 14 novembre 2019

MATRIARCATO MINANGKABAU


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LE INCANTEVOLI DONNE MINANGKABAU
Sumatra è un' isola indonesiana, la seconda più grande delle Isole della Grande Sonda, nell'arcipelago malese. È separata a nord-est dalla penisola malese dallo stretto di Malacca e a sud da Giava dallo stretto della Sunda. Nella parte  occidentale di Sumatra (Indonesia) vivono i Minangkabau, circa quattro milioni di persone che costituiscono la più grande società matrilineare che conosciamo.

Per matrilinearità si intende un sistema di discendenza per linea materna, nel quale i figli ereditano la posizione sociale e il possesso dei beni dalla madre anziché dal padre; mentre il ruolo del padre risulta prevalentemente affettivo, la madre occupa una posizione di grande potere e prestigio, pur essendo affiancata, in particolare nell’educazione dei figli, da uomini della sua stessa linea di discendenza. 

Invece, la matrilocalità è la consuetudine secondo la quale la coppia di sposi novelli si stabilisce nel territorio del gruppo sociale cui appartenente alla sposa. Ciò accade perchè le detentrici dei beni, case e terreni, sono le donne, le uniche ereditiere delle madri.
Spesso si confonde il matriarcato con l'idea di "dominio della donna". In realtà, in queste organizzazioni sociali, ci si basa sulla collaborazione uomo-donna, anche se di solito in queste società matrilineari lavorano più le donne che gli uomini. Ma diciamola tutta: in tutte le società in genere lavorano più le donne degli uomini.

Le società matriarcali più numerose al mondo d'oggi sono: i Minangkabau dell’Indonesia, con quattro milioni di persone, seguita dalla società Khasi in India, da quella Mosuo in Cina e da quella yuchiteca in Messico. La loro struttura pacifista è di grande insegnamento per gli occidentali, che non sono propriamente pacifisti visto le innumerevoli guerre volute dai maschi.

In queste società si tramandano le proprietà e la successione politica da madre a figlia. Tipicamente la figlia più giovane eredita la proprietà della madre. E' caratteristica matriarcale preferire il figlio minore al maggiore, proprio perchè il futuro appartiene ai più piccoli, perchè hanno più tempo da vivere. La società è matrilineare, ma non matriarcale: gli uomini la governano e gestiscono le proprietà.

I FANTASIOSI E ALLEGRI COSTUMI MINANGKABAU
Spesso il matrimonio della figlia più giovane viene organizzato in un certo modo e secondo la tradizione ci si aspetta che il futuro sposo rifiuti una proposta di matrimonio chiedendo alla famiglia della futura sposa di «catturarlo» e spedirlo al villaggio della sua potenziale sposa. Ne va del suo orgoglio di maschio.

Un po' come la "fuitina" di un tempo in ambito patriarcale, dove era lo sposo, d'accordo coi genitori di sposo e sposa, a rapire la donna mettendo tutti di fronte al fatto compiuto. Qui però una volta sposati il marito vive nella casa della moglie. Se non dovesse funzionare l’unione viene sciolta senza uno stigma sociale poiché il matrimonio, che bellezza, non è un contratto vincolante.

Le donne generalmente governano il regno domestico mentre gli uomini prendono i ruoli di capi politici e spirituali. Dopo il matrimonio, la moglie acquisisce i propri quartieri per dormire. Il marito può stare con lei ma deve andarsene la mattina presto per fare colazione a casa di sua madre. All’età di 10 anni i ragazzi lasciano la casa materna per stare nei quartieri degli uomini e imparare le abilità pratiche e gli insegnamenti religiosi.

Tuttavia il capo del clan è sempre un uomo, ma sono le donne che lo scelgono e possono rimuoverlo dall’ufficio se dovessero percepire che non riesca a compiere in modo soddisfacente ai propri doveri.

SPOSI MINANGKABAU

LA LEGGENDA

Tutto avrebbe avuto inizio a metà del XII secolo, alla morte del re Maharajo Dirajo, che lasciò orfani tre neonati avuti da altrettante mogli: Puti Indo Jalito, la prima di queste, si prese così cura di tutti i bambini oltre che del regno, spianando, in questo modo, la strada a una società matriarcale.

Sappiamo tuttavia che il matriarcato è la prima forma di governo instaurata in tutte le società primitive, sia in oriente che in occidente. La leggenda è sicuramente posteriore e deve porre in antecedenza il patriarcato per negare l'origine matriarcale tanto avversata.

Colpiscono in queste foto, come in altre società matriarcali, l'allegria dei volti femminili, la loro espressività, il loro ammiccamento un po' malizioso, in netto contrasto con le società patriarcali, in special modo con quelle musulmane ma pure cattoliche, meno le ebraiche, almeno in Israele, perchè più emancipate.

In queste società il mondo degli uomini è bene accolto nel mondo delle donne, anzi ha meno costrizioni che nel mondo occidentale, ma le decisioni prese da tutta la collettività richiedono sempre il benestare delle matriarche, di coloro cioè a cui tutti riconoscono la massima autorevolezza e di cui tutti si fidano, per il semplice fatto che le donne, in qualità di madri, sono abituate a passare in secondo grado di fronte ai figli, cioè li privilegiano rispetto a se stesse, molto più di quanto non facciano i padri.

MATRIMONIO MINANGKABAU
Le donne hanno infatti le responsabilità maggiori, non solo di controllo familiare, ma anche al di fuori delle mura domestiche. Gli uomini, invece, sono tenuti ad avere un reddito fisso per provvedere al sostentamento dei figli. Per questa ragione, molti lasciano i loro villaggi per cercare lavoro altrove e tornano a casa solo saltuariamente. Ma sebbene molti abbiano prevista la fine di questa società, questa porta avanti le sue tradizioni difesa non solo dalle donne ma pure dagli uomini.

Dunque tutti gli averi sono riservati alle figlie femmine e l'uomo non è altro che un ospite in casa della moglie, eppure questo sistema sembra molto attento ad ogni problema si presenti tra i membri, più preoccupato di far star bene le persone che del rispetto delle leggi. Insomma un sistema più materno che paterno.

E' sufficiente guardare la bellezza dei costumi, la brillantezza delle stoffe, i colori sgargianti e gli allegri sorrisi, non vederete mai nulla di così spontaneo in un matrimonio cattolico o ebraico o musulmano, anche se, udite udite, oggi la maggior parte dei Minangkabau sono islamici, ma decisamente a modo loro.

L'antropologa Peggy Reeves Sanday dell’Università della Pennsylvania, ha studiato a fondo questa civiltà, rilevando che i valori dei Minangkabau sono incentrati sulla cura, sui bisogni della comunità invece che sui principi patriarcali di “giustizia divina”, vale a dire sacrifici e rigide prescrizioni sessuali dettate dall’alto. I valori di cura, i cerimoniali in onore dei cicli della natura discendono nella cultura da antenate mitiche divinizzate.



LA RELIGIONE ISLAMICA

La cosa più strana però non è che questo arcaico e ancestrale modo di governo sia sopravvissuto ma che, in un mondo in cui convivono diverse religioni, dagli animisti fino alle influenze dell'induismo e del buddismo arrivate dall'India, i Minang abbiano abbracciato soprattutto la religione islamica, la più maschilista e misogina delle religioni.

LA RICCHEZZA DEI COSTUMI
Anche il matrimonio è islamico: il giorno delle nozze lo sposo è tenuto ad andare a casa dell'amata per la cerimonia, i cui riti sono praticati secondo i principi islamici. Viene accolto con danze e musiche dai membri della famiglia della futura moglie che, vestendo gli abiti del folclore locale, gli offrono denaro, regali e cibo. Forse l'unica volta in cui l'uomo è la 'prima donna'.

Insomma una popolazione musulmana che però ha mantenuto un’organizzazione sociale tradizionale, decisamente matriarcale. I beni culturali ed economici si tramandano per via femminile, le case per le famiglie allargate sono proprietà delle donne, ogni persona appartiene al clan della propria madre e l’autorità del clan è la donna più anziana, la matriarca.

Eppure i Minangkabau si considerano, e sono orgogliosi di essere, musulmani osservanti (si fa per dire). Comunque hanno raggiunto una inusuale capacità di conciliare l’inconciliabile, ma solo perchè a dirigere sono le donne.



martedì 15 ottobre 2019

MATRIARCATO KHASI


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DONNE KHASI
Una delle principali società matrilineari che esistono oggi è quella dei Khasi, in India, proprio nella nazione dove i casi di stupro e di maltrattamenti delle donne sono all'ordine del giorno, e dove manca quasi totalmente tutela dei diritti femminili. Basti ricordare le donne che si danno fuoco impazzite dalle torture fisiche e morali che i maschi operano su di loro.

A breve distanza dal Bangladesh, a 1500 metri sul livello del mare, tra le montagne nebbiose dello Stato indiano di Meghalaya, si estendono le «tribù dei Khasi» vale a dire una serie di clan, ovvero famiglie estese, che hanno una genealogia di 2000 anni fa che risale alla «Nonna alle Radici» o «iawbei tynrai».

Qui infatti resiste ancora uno dei 30 sistemi matrilineari del mondo. In questa società, di circa tre milioni di abitanti, sono dunque le donne che ereditano ogni proprietà familiare, accolgono gli uomini nelle proprie case e danno il cognome ai figli.

Ma il diritto delle donne Khasi è sancito anche dalla Costituzione indiana, che stranamente tutela questo loro diritto matrilineare. Il matriarcato infatti non esiste più ma ne esiste nel mondo una derivazione: il diritto matrilineare, che fa ereditare ai figli il nome (cognome) della madre e alle donne i beni terreni.

I clan sono diretti dalle donne e sono i maschi a doversi staccare dalla tribù per maritarsi con una donna di un'altra tribù. Il sistema matrilineare è un’anomalia nello Stato Indiano, per non dire in un mondo, governato dagli uomini.

TERRITORIO KHASICO

LA SCOZIA D'ORIENTE

I coloni della East India Company la soprannominarono «Scozia d’Oriente», ma sarebbe più preciso «il Galles dell’India», perché nel 1840 fu un falegname calvinista gallese, Thomas Jones, a portare l’alfabeto, la sega, e delle tecniche edilizie a questo popolo, ma pure a trascrivere la loro conoscenza orale legata alla sciamanesimo e alla magia dotata di mantra guaritori. Non è una coincidenza che l’inno nazionale dei Khasi sia la stessa melodia di quello del Galles, ma con le parole della lingua Khasi.

La struttura di questa società è matrilineare ma non matriarcale: ufficialmente il capofamiglia resta sempre lo zio materno. Come avveniva un tempo in alcune grandi civiltà, il re comandava perchè sposava la regina, il faraone diveniva tale in Egitto sposando la faraona, insomma era la regina che doveva essere di sangue reale, lui diventava di sangue reale sposando lei, un po' come la regina Elisabetta col suo consorte.

DONNE CHE LAVORANO NEI CAMPI

IL POTERE DELLO ZIO

E' lo zio materno dunque che prende le decisioni più importanti ma deve il suo ruolo alla sorella. Questo accade o accadde sempre nelle tribù matriarcali o matrilineari. Comunque il consiglio delle donne può intervenire e porre il suo divieto in casi di condanne o di guerra.

Non si fa guerra e non si condanna se il consiglio delle donne lo vieta. Questo perchè la scarsità di sentimenti genitoriali nel maschio facilmente si abbandona all'aggressività e alla punizione, senza salvaguardare sufficientemente i figli della tribù.

Come in tutte le società matriarcali l'ultimogenito è superiore al primogenito, ed è un concetto e un diritto straordinario, perchè il figlio minore rappresenta da un lato quello che deve essere maggiormente tutelato, dall'altro rappresenta il futuro, e quindi il bene dei figli e della comunità in divenire.

Ciò significa che si privilegia il benessere dei figli e dei nipoti, in modo altruistico e impersonale, al contrario del diritto paterno, dove addirittura si toglieva in epoche passate il diritto di ereditare non solo alle femmine che spesso venivano chiuse in convento a tale scopo, ma pure ai figli minori che dovevano abbandonare la casa paterna.

Nella società matriarcale ma pure matrilineare invece l'erede universale non solo non è un maschio, ma addirittura è sempre l’ultimogenita, custode del lignaggio e delle proprietà. Ella è il futuro e il bene della tribù e le donne anziane la proteggono e la sostengono, e lei le terrà per consigliere tutta la vita.

La loro religione originaria, quella animistica, però riguarda solo il 37% della popolazione che per resto è in maggioranza cristiana ma induista, buddista e pure musulmana, e. ciò che conta, con un alto grado di scolarizzazione; molti di essi lavorano come funzionari e professionisti anche fuori del loro Stato di provenienza.

Oggi l'85 per cento della popolazione di Meghalaya è tribale, con tre principali gruppi di persone cioè i Garo nella sezione occidentale dell'altopiano, Hasis nella parte centrale dell'altopiano e Jaintia nella parte orientale dell'altopiano. Tutti e tre hanno un sistema sociale matriarcale in cui il lignaggio familiare è preso per parte di madre.
COPPIA KHASI
In alcuni villaggi Jaintia e Garo, incisioni di figure di uomini e animali si trovano sui muri delle case.
Vicino a Jowai, le incisioni di un amante e amata raccolgono il plauso degli estimatori per l'arte e l'ingegno nella progettazione. I Garo hanno eretto monumenti commemorativi per i morti,  statue incise in pali di legno, somiglianti nel viso e nella forma del defunto. 

Le donne di Garo sono esperte nella tessitura, soprattutto per i dakmandes, una sorta di abbigliamento femminile, decorate con raffigurazioni di bellissimi fiori e farfalle in vari colori. Cesti, letti, stuoie, e mobili in bambù intrecciati e canna si trovano nelle zone rurali. Gli Jaintia si dedicano alla pesca con le trappole in bambù, note per la bellezza funzionale. I ponti di canna si ergono sui corsi d'acqua impetuosi dei Khasi e degli Jaintia.

La maggior parte delle case sono costruite secondo i gusti della gente, ma anche nell'ambito dello stesso villaggio. C'è una grande variazione che va dal vecchio tipo di Khasi ai tipi moderni trovati in Shillong e altre importanti città dello stato. Ci sono case inserite nella foresta con case ricavate dalle radici del ficus elastico, come case e grattacieli moderni nelle città.

Naturalmente gli studiosi maschi si lamentano che il sistema abbia fatto molto bene alle donne Khasi ma molto male agli uomini. Non hanno responsabilità sulle loro spalle e così prendono la vita con leggerezza, sprecandola in alcol e droga. Non diciamo fesserie. 

COSTUMI KHASI
L'alcol e la droga non deriva dal dolce far niente, ma dall'essere stati abbandonati da fanciulli o dall'essere stati fortemente maltrattati. E non risulta che i maschi Khasi si droghino, perchè quello che i giornalisti maschilisti chiamano droga sono quelle leggere usate molto saltuariamente anche dalle donne, che fanno meno male delle più famose sigarette.

E' vero invece che il popolo dei khasi viva ancora in simbiosi spirituale con le foreste. Grazie anche a un’architettura naturale che impiega le radici di ficus elastica, in più dal 14 al 17 novembre si festeggia il Cherry Blossom Festival nella capitale e stazione montana del Meghalaya, uno dei più piccoli stati dell'India nord-orientale, conosciuto anche come "la Dimora delle Nuvole". Oggi è una meta emergente del turismo dato anche l'insolito periodo di fioritura dei ciliegi.

Qui tutto è libero, l’omosessualità è libera; l’amore è libero dalla eterosessualità imposta, dalla riproduzione, dalla casa acquistata insieme, dalla patria podestà, dall’affidamento dei minori e dalle rivalse di uno dei componenti della coppia.
 
La coppia non è necessariamente eterna, anche se può diventarlo. Si pratica il visiting marriage (lo sposo/amante che dorme nella casa della sposa/amante fino a che tutti e due lo gradiscono e poi la mattina ritorna alla sua famiglia allargata).

In più i cori di Shillong, capitale dello Stato di Meghalaya (che significa appunto «dimora delle nuvole»), una delle Sette Sorelle nel Nordest, sono famosi in tutta l’India, perchè le donne lì sono allegre, e piene di voglia di cantare, e sembra cantino benissimo.

L'agricoltura è la principale occupazione del Meghalaya, con l'83 % della popolazione totale, che coltiva anzitutto riso e mais, ma anche aranci, ananas, limono, guava, giaco e banane, mentre patate, iuta, mesta, cotone, arecanut, zenzero, curcuma, foglie di betel e pepe nero. dal giaco si ricava una bevanda alcolica. Risorse forestali, principalmente pini costituiscono un'importante entrata per lo stato. Lo stato ha molte piccole industrie in mobili, di ferro d'acciaio, e di pneumatici, ma mai grandi industrie.

UOMINI KHASI CHE SI ESIBISCONO COME DANZATORI

IL MITO

La mitologia Khasi parla delle origini del suo popolo, tutti figli della Dea madre Iawbei Tynrai, la Nonna delle Radici, come venuto dal cielo e atterrato sulla vetta di una Montagna Sacra, dove una spedizione archeologica ha di recente scoperto asce, scodelle, tracce di insediamenti e ferro risalenti forse al dodicesimo secolo prima di Cristo. Da lì iniziò la stirpe che continua a popolare un'intero altopiano fino a oggi.

Che la famiglia matrilineare risalga fino ad almeno il XII sec. a.c. sembra piuttosto chiaro, ma trattandosi di una cultura matriarcale gli studiosi dichiarano che è anche "possibile" che si tratti dello stesso popolo, ma non è certo, ma se fosse una civiltà patriarcale non dubiterebbero mai che i popoli dei monti o delle colline in tempo di pace tendessero a scendere in pianura, dove la coltivazione è più facile.

Ma c'è di più. Alcuni spiegano la prevalenza del matronimico sul patronimico dal fatto che i padri venissero spesso uccisi in guerra e per tenere saldo il clan, l’unico modo era dare ai figli il cognome della madre.

Ci vuole molta faccia tosta per sostenere una fandonia del genere perchè nell'antica Roma repubblicana, per non parlare di quella del declino dell'impero, decimarono lo stato romano, ma sarebbero morti tutti per non lasciare il patronimico alle donne, tanto è vero che spesso i parenti maschi adottavano i figli orfani.

L’altra brillante trovata è che ci fosse un sistema simile a quello di alcune tribù africane dove la paternità era incerta e il cognome materno era garanzia d’appartenenza. «Mater semper certa est, pater numquam» diceva, prima dei test del Dna, la legge dell’antica Roma.

Ma questo è accaduto ovunque, in tutto il mondo la maternità è stata incerta, e nessuno invocò per questo il matronimico.
«Non è niente male fare la capofamiglia», dice la Khasi Suzie Syem, professoressa di psicologia alla North East Hill University:
«È bello avere più potere, ma ci sono anche un sacco di responsabilità».
Sua cugina Joy Syem, che dirige un centro per i diritti delle donne, conferma:
«È vero le ragazze hanno più fiducia in se stesse, ma le donne hanno più doveri che diritti e lavorano più degli uomini».

Ma questo non solo nel resto dell’India, ma in tutto il mondo matriarcale. Che dire, anche nel mondo patriarcale le donne lavorano di più, visto che i maschi quando tornano dal lavoro si riposano, ma le donne no. In questo occidente e oriente si eguagliano.

A tutt'oggi i Khasi al potere femminile ci tengono e il governo li sostiene, nonostante alcuni maschi si siano ribellati al potere matrilineare, ma nessuno vieta loro di andarsene, e a volte lo fanno, andando a lavorare in un altro paese. Ma il governo sostiene il territorio dei Khasi anche perchè comportano una grande affluenza di turismo.

Per ora la struttura matrilineare resiste anche perché è intrecciata a folklore, riti e culto, come le riunioni dei clan nella foresta sacra nelle case dove abitavano gli antenati e dove gli sciamani si trasformano, nelle loro allucinazioni, in tigri-mannare a cinque dita, o predicono il futuro, cantando le canzoni e i mantra che guariscono da ogni male.



 

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