lunedì 16 giugno 2014

LA REGINA ONFALE


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Pseudo Apollodoro

La regina Onfale della Lidia tenne prigioniero Ercole come amante e schiavo della regina Onfale (HELLAN. fr. 4F112 FGrH JACOBI)



LA LEGGENDA

Dopo aver compiuto le sue leggendarie dodici fatiche, Eracle (Ercole) andò dal re Eurito per chiedergli la mano della figlia Iole come promesso.

Ma Iole come la pensava?

I testi non ne parlano perchè le donne non contavano.

Eurito gli negò la figlia ed Eracle, che dall'espiazione con le 12 fatiche non aveva imparato niente, nel solito accesso di furore uccise Ifito, che peraltro era l'unico dei figli di Eurito ad acconsentire alle nozze dell'eroe con la sorella.

Per espiare questo delitto esecrabile, in quanto compiuto in casa dell'ospite, (in effetti di delitti ne aveva compiuti tanti altri) Eracle si rivolse all'oracolo di Delfi, ma la Pizia lo schifò e si rifiutò di dargli responsi.

Anche qui Ercole mostrò il suo caratteraccio e si mise a devastare il santuario, tanto che intervenne Apollo e si accese una lotta feroce tra i due.

Ma Apollo era un Dio e Ercole un semidio, per cui alla fine avrebbe prevalso Apollo, allora Giove per non perdere il figlio intervenne e fece cessare la lotta, poi pregò la Pizia di fare il suo lavoro e questa a malincuore lasciò il responso.
Profetizzò ad Ercole che per espiare doveva servire come schiavo per 3 anni, per spezzare l'orgoglio, reprimere l'ira e imparare l'umiltà.

Quando Ercole fu condannato dall'Oracolo a vendersi come schiavo per espiare l'omicidio, Onfale, che conosceva bene l'eroe e le sue grandi imprese, lo acquistò per 3 talenti (nell'antico sistema monetario "ponderale", ogni talento equivaleva circa a 26 chilogrammi di argento: quindi Ercole fu pagato a peso d'argento.

La regina Onfale, figlia di Iardano re di Libia, mise Ercole tra le sue ancelle, vestito da donna, a compiere lavori domestici e a servire.

Narra Apollodoro che il contratto di schiavitù con la Regina condusse Ercole ad assumere atteggiamenti sempre più effeminati, tanto che prese a vestirsi e ad ornarsi come una donna, ed imparò anche a filare la lana.

L'eroe trascorse circa un anno sottomesso ai capricci della Regina di Lidia, per la sua empia azione, indossando abiti da ancella, costretto a filare la lana e cucire con le sue enormi mani, vittima della derisione delle altre ancelle e della stessa Regina.
L'eroe per eccellenza, divino e umano al tempo stesso, forte, bello e virile, dopo aver impegnato la sua forza smisurata nel difendere i deboli e gli oppressi e nel compiere imprese utili agli uomini, ora era privato della libertà, privato dei suoi simboli di virilità (Onfale gli sequestrò la pelle di leone che egli indossava, e la usò come tappeto) e ridicolizzato in un ruolo che contraddiceva la sua sessualità.

Durante il primo anno di schiavitù, Onfale ebbe come unico diletto sottomettere il maschio col potere della seduzione: Ercole, soggiacendo alla magia dell’Eros, e schiavo dei sensi, vide svilito il suo principio virile a un piano puramente fallico e fu vinto dal tormento d’amore che fu sintesi e metamorfosi della frustrazione e delle umiliazioni subite.

Ma Ercole così virile era così schiavo della patata? Ebbene si, i maschi pensano che la bramosia sessuale sia virilità e dimenticano che ce l'hanno tutti gli animali, maschi e femmine. La virilità, che non è una componente solo maschile (vedi la virago, la vergine ecc.) è un insieme di istinto lucido e chiari sentimenti che rende l'umano sensibile e nello stesso tempo capace di contenersi.

Perchè il bambino non è capace di contenersi, nè nel corpo nè nella volontà ed è normale che non lo sia, ma dall'adulto ci si aspetta che ne sia capace altrimenti è immaturo.

E quel che è peggio è che ne imputa la colpa alla donna, è stata lei a sedurmi (lo fa pure Adamo con Dio incolpando Eva) deresponsabilizzandosi e giocandosi la sua dignità.
La successiva evoluzione del rapporto di schiavitù vide la Regina Onfale fare di Ercole il suo amante/schiavo, dal quale ebbe tre figli. In più, Ercole eseguì per Lei tre ordini:

1) catturare i due briganti Cercopi
2) uccidere Sileo, che costringeva la gente a lavorare la sua vigna
3) uccidere Litierse, che costringeva i viandanti a mietere il suo campo e poi li uccideva.

Passati i 3 anni, Ercole fu di nuovo libero.... di fare danni.





L'ALTRA STORIA


ERACLE E ONFALE

Eracle andò dalle Amazzoni per conquistare il cinto di Ippolita, vi restò come amante della regina per tre anni, poi se ne andò, ci ripensò e tornò per combatterle, e le vinse. Forse per vendicarsi di Onfale, la regina di cui fu schiavo d’amore. Sembra che l'avesse obbligato a vestirsi da donna e a filare e tessere. Ma allora Onfale chi è, la regina della Lidia o la regina delle Amazzoni?

Omphale, o Onfale, era la regina della Lidia, figlia del fiume Iardano, cioè di una divinità e non di un uomo, il che sa di amazzonismo camuffato.

Eracle per tre anni fu schiavo di Onfale, che da lui generò alcuni figli: Ati, Illo, Agesilao, Lamo e Tirseno (o Tirreno).

1) Ati fu il padre di Lido e Tirreno per cui capostipite dei sovrani della Lidia dopo di lui.

2) Illo sposò Iole, obbligato dal giuramento fatto al padre in punto di morte. 

3) Secondo Erodoto, Tirreno migrò col fratello Tarconte, a seguito di una carestia. Traversarono il Mediterraneo orientale, giunsero in Italia e vi fondarono 12 città nell'Etruria. In onore del principe si chiamarono Tirreni (altro nome degli Etruschi).

Eracle « ... lavorò con la leggera conocchia, torcendo con la sua mano tremenda l'umido stame. Egli, appunto, depose dalle spalle la spoglia della fiera nemea, la mitra strinse la sua chioma, e si ridusse a far lo schiavo, con gl'irti capelli bagnati di mirra Sabea »
(Seneca, Ercole sul Monte Oeta)

4) Ora Onfale, figlia di Iardano, aveva ereditato il regno di Lidia dal suo sventurato (sventurato? Era uno stupratore!) marito Tmolo, figlio di Ares e di Teogone, il quale violentò una compagna di Artemide, chiamata Arripe. La Dea lo fece uccidere da un toro furioso, perchè all'epoca violentare una donna era un crimine senza attenuanti.

OMPHALE
Eracle giunse alla Corte di Onfale come schiavo venduto da Ermete (qui il mito cambia, è Ermete e non la Pizia che glielo chiede), il quale voleva che l'eroe si purificasse dell'uccisione di Ifito, uno dei fratelli di Iole. 

Eracle durante la sua schiavitù fece un monte di imprese e Onfale, ammirata lo liberò ma Ercole perse la testa per lei. Luciano (Dialoghi, XXV) narra che per farle piacere le cedette la pelle del leone Nemèo e la clava e giunse a portare collane di pietre preziose e a vestirsi di una gonnella di croco e di porpora, a scardassare la lana e a torcere il fuso, nonché a ricevere dalla regina stessa qualche scherzosa percossa con la pantofolina dorata se spezzava il fuso. 

« Tale già si ridea del fiero Alcide Onfale allor che in femminili spoglie deposto del leon l'ispido vello, squarciava e manti e gonne, e colla mano troppo grave rompea cembali e fusi »
(Stazio, Tebaide)

Io se non altro non ho fatto lo schiavo come te, - fa dichiarare Luciano da Asclepio ad Eracle - né stavo a cardar la lana in Lidia, vestito di porpora e battuto da Onfale col sandalo d’oro. -

Qualcosa non torna, Onfale è regina per caso, anzi in quanto vedova, ma la Lidia era in realtà matriarcale, per cui il trono era della regina.
Come mai non fu il figlio Teoclimeno a ereditare il trono? E come mai dei suoi figli, tutti maschi, non ce ne fu uno che restò presso la madre ed ereditò il trono?

Semplice, le amazzoni non tenevano i figli maschi.

Narra ancora il mito che Eracle, giunto infine a Micene; offrì l'ascia di Ippolita alla regina Onfale che la serbò nel tesoro dei re lidi.
In seguito fu portata nel tempio di Zeus Labradio (labradio da labris, l'ascia bipenne delle Amazzoni) e posta nelle mani della statua.

Eracle fu un personaggio vero e proprio oltre che un mito, tanto è vero che se ne racconta il positivo e il negativo. L'essersi fatto schiavizzare per amore dalla regina Onphale doveva cuocergli parecchio e pertanto si vendicò.

Ma non è il solo, quelli che odiano le donne sono quelli che hanno più paura di esserne soggiogati, solo che anzichè chiedersi come mai siano tanto bisognosi al punto da poterne perdere la dignità attaccano le donne.
Della serie: "Non sono io ad aver un disperato bisogno delle donne ma sono loro che mi tentano perchè hanno una natura infame."



L'ICONOGRAFIA


E' uno dei miti più raffigurati e meno commentati. Un neo nella storia gloriosa dell'eroe.

L'unico vaso su cui senza dubbio sono da riconoscere Eracle e Onfale è la pelìke lucana del Louvre K 545, databile verso il 350-330 a.c.

La sua più antica rappresentazione è su un rilievo arcaico in piombo di Taranto, ora nel Museo Nazionale di Atene, con Onfale stante e con il capo e il corpo coperti dalla leontè (pelle di leone).

Tra le pitture, quella della Casa di M. Lucrezio, che deriva da un insigne originale di scuola asiatica, con Eracle in panneggi e ornamenti femminili, umiliato, ebbro, stordito dal timpano di una menade e dalla tibia di un erote, e Onfale con la pelle leonina sul capo e la clava nella sinistra, che ostenta il suo trionfo.

Fra le pitture con i busti di Eracle e Onfale, un medaglione deve attribuirsi, per stile e concezione, alla mano del medesimo artista.
Diversa come spirito, composizione e anche qualità è una serie di pitture pompeiane che risalgono, con poche varianti, a un medesimo prototipo, in cui Eracle ebbro giace a terra, mentre gli eroti giocano con le sue armi alla presenza di Onfale.

Qui il dramma si è trasformato in uno scherzo giocoso,come appare in diversi mosaici, molto probabilmente derivanti da una pittura ellenistica, la cui attribuzione al mito è, però, molto incerta, mancandovi le figure di Onfale, che manca anche in un'altra pittura di Pompei, e anche di Eracle.

Il mosaico di Anzio ora nel Museo dei Conservatori, con il possente leone incatenato e beffeggiato dagli eroti (Eracle che fila in abiti femminili è un restauro moderno) e in mosaici del Museo Naz. di Napoli e del British Museum.

Ritroviamo Eracle nella muliebre occupazione di filare sotto gli occhi di Onfale in un'altra pittura di Pompei e anche in un interessante mosaico trovato a Liria, ora a Madrid, in cui la scena è circondata da una fascia a riquadri con le dodici fatiche d'Eracle. In una pittura pompeiana Eracle è seduto accanto a O. che sta in piedi con l'arco.

Più rare le sculture in marmo e i bronzetti, sia di Eracle ed Onfale, in gruppo, sia isolati. Mentre nelle pitture Onfale appare in ricchi abbigliamenti, nelle sculture è ignuda, salvo la leontè.

Solitamente Onfale regge la clava, mentre Eracle indossa vesti muliebri.

È da menzionare anzitutto il gruppo nel Museo Naz. di Napoli, in cui Eracle regge il fuso, e una statuetta di Onfale danzatrice, che proviene dal santuario delle divinità dolichene sull'Aventino, ora nel Museo Capitolino, deriva probabilmente da una pittura o da un rilievo ellenistico.

La parte inferiore (la superiore è tutta di restauro), di una statua di Onfale, che è però panneggiata, a differenza degli esempî già riferiti, è a Leningrado nell'Ermitage. Una dama romana con acconciatura di Giulia Domna si è fatta ritrarre quale Onfale in una statua conservata nei Musei Vaticani.
Si ha inoltre una bella testa di Eracle con acconciatura femminile nell'Albertinum di Dresda. Erme di Eracle e Onfale ornano un bel candelabro in bronzo rinvenuto ad Efeso e un altro di Pompei.

Tra i rilievi marmorei, tre di Afrodisiade raffigurano la testa di Onfale con leontè.
Un solo sarcofago, trovato nella catacomba di Pretestato, ora nei Musei Vaticani, rappresenta il mito di Onfale ed Eracle.

Questi, con il capo coperto da un drappo, sta seduto su una roccia e pare suoni la lira, in presenza di Onfale, che indossa la leontè, mentre eroti giocano con le armi dell'eroe.

Su un puteale di Capri nel British Museum, Eracle in abiti femminili afferra per le braccia Onfale, alla quale cade in terra la leontè.

In un rilievo del Museo Nazionale di Napoli, del II sec. d.c. circondato, come il mosaico di Liria, da una fascia con le fatiche di Eracle, Onfale poggia la sinistra sulla spalla dell'eroe che ha ancora la clava e la leontè, però davanti a Onfale sono rappresentati l'arco e la faretra e davanti a Eracle il cesto della lana e il fuso.

Tra i rilievi tre vasi aretini, un cratere del Louvre, un vaso di Boston e un frammento di Dresda che rappresentano un corteo in cui avanzano, sdraiati ciascuno su un carro, Eracle, barbato ma in abito femminile e Onfale, nuda con la leontè.

Su una phiàle d'argento del Tesoro di Berthouville è il grazioso motivo di Onfale addormentata sulla pelle di leone circondata da eroti.

Su lampade fittili, Eracle riposa ebbro, sdraiato sulla leontè, attorniato da eroti. Onfale ha un erote sulla spalla, in un disco fittile di Pompei, sulla ceramica calena e forse su un elmo bronzeo del Louvre.

Numerose sono le pietre incise con Onfale che ha i consueti attributi, sia con testa sia a figura intera: particolarmente bella quella in cui Onfale, con la testa inclinata, avanza nuda reggendo con tutt'e due le mani la clava sulle spalle.

In un cammeo di Pietroburgo Onfale, con l'aiuto di Eros, pettina e lava Eracle.



martedì 10 giugno 2014

LE MENADI


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GRECIA V SECOLO A.C.

«Se non fosse che per Dioniso fanno la processione e cantano l’inno alle parti oscene, la farebbero oltremodo spudorata, ma uno stesso sono Ade e Dioniso per il quale vivono la possessione e danzano freneticamente
(ERACLITO)

Le menadi sono donne, ma per taluni semidee, che insieme a Satiri e Sileni costituiscono il corteo di Dioniso e partecipano del furore sacro e orgiastico del Dio.

In genere le sacerdotesse di Apollo divenivano menadi quando erano invasate dal Dio.
Ma c'è un po' di confusione, perchè era Dioniso a invasare le sue sacerdotesse... o no?

Altra domanda, come mai sia Dioniso che Apollo hanno un aspetto così femminile?
Controllare per credere: Apollo e Dioniso.
Ma allora le menadi chi seguivano, un Dio o una Dea?

Inizialmente seguivano non una Dea ma la Dea, cioè la Dea della Natura, ovvero Gea, la Terra per questo erano orgiastiche, che non significa oscene, perchè l'oscenità è sempre basata sulla violenza, ed è violenza anche fare dell'altro un oggetto sessuale anche se non lo si obbliga.

Ma baccanti e menadi, pur somigliandosi non sono la stessa cosa. Le baccanti erano donne che eseguivano feste e riti licenziosi dove si beveva e ci si accoppiava.

Le menadi non necessariamente si accoppiano e stanno per lo più tra donne, vagano ebbre sui monti, cantano, suonano e danzano evocando il Dio del vino. Le vere seguaci della Dea erano originariamente le Menadi, donne sacerdotesse piuttosto divinizzate perchè parlavano e profetavano in nome della Dea.

Le menadi indossavano pelli di cerbiatto o di volpe, oppure la pardalide (pelle di pantera), erano coronate di edera, brandivano il tirso, un bastone ornato di edera, e correvano sui monti durante le feste dionisiache, al suono assordante di cembali, timpani e flauti, tenendo stretto un cerbiatto.

Anche Diana aveva con sè un animale e anche essa venne demonizzata dalla Chiesa cattolica facendo risalire a lei le streghe. Le Menadi invece non furono demonizzate dalla chiesa ma dagli uomini del patriarcato.
Le menadi erano libere e danzavano sui monti?
Per giunta stavano sole tra loro e disdegnavano gli uomini?
Avevano riti segreti a cui i maschi non potevano partecipare?
Allora erano belve spietate che divoravano crudi i cuccioli degli animali, che ammazzavano i bambini e smembravano con le mani i buoi.

Vi sono mille prove dell'esistenza del culto e della resistenza che incontrò, visto che trasformava le donne chiuse nel gineceo in menadi vibranti che fuggivano sui monti.

Non si può certo credere ai racconti sugli animali addentati da vivi, poi sgozzati, mangiati crudi, così come non si può credere alla follia provocata dal rito neppure sotto l'effetto di una droga.

MAIKOP 400 A.C. BERLINO
C'è un sistema infallibile per riconoscere le bugie della denigrazione, basta usare il buon senso, se non è credibile non è vero. Smembrare animali con le mani specie buoi o mucche è assolutamente impossibile, nemmeno se le avessero legate. E per il resto fu detto sia degli ebrei che dei cristiani che ammazzavano i bambini.

Le menadi erano donne libere che avevano rifiutato i maschi terreni per dedicarsi a un Dio che in realtà adombrava un grande mistero, perchè era una Dea. E a lei dedicavano riti segreti perchè non si capisse a chi fossero destinati. Tanto è vero che vennero poi accettati a parte che venissero ammessi gli uomini anche come sacerdoti e che la Dea diventasse un Dio.

Le Menadi vennero chiamate anche "baccanti" in quanto assimilate al corrispondente latino Bacco, nonchè "invasate", Naiadi e Ninfe.



VI SECOLO A.C.

Delle menadi si ha notizia fin dal VI sec. in cui nella pittura vascolare le Menadi sono spesso associate ai Satiri con scene erotiche: il tiaso bacchico fa vivere il concetto della natura originaria, nelle piante come negli animali e nell'uomo.

Questo aspetto andrà declinando per il timore che l'istinto possa sopraffare il lume della ragione. 

MENADE SULL'ALTALENA
Ma ci si inoltrò un po' troppo, soffocando l'istinto e divinizzando la ragione, ignorando che la ragione non supportata dall'istinto genera solo ossessioni e ristrettezza mentale.

Nell'eccitazione dionisiaca squartavano il cerbiatto che stringevano al seno (squartamento di Dioniso, di Morfeo, di Penteo) e si cibano delle sue carni crude, sembra  per incorporarsi la vita del Dio. 

In questo stato di possessione divina, in cui masticano l'edera che intossicando dà l'ebbrezza, esse si sentono capaci di compiere prodigi (come si rileva dalle Baccanti di Euripide) e anche di profetare. 

La frequenza della loro raffigurazione sui sarcofagi e su altri monumenti funerari sta in relazione con la credenza orfico-dionisiaca nella vita futura.

Ci furono molte opposizioni al rito dionisiaco come narrano questi tre miti.



MITO I

Le Miniadi di Orcomeno in Beozia rifiutarono il culto orgiastico di Dioniso. E mentre tutte le donne di Orcomeno abbandonavano i telai per correre sui monti, le Miniadi continuavano a rimanere in casa, a tessere e filare. 

Ma l'edera avvolse tutto il telaio, e bisce uscirono dai cesti della lana, e vino e miele gocciolarono dal soffitto. 

La casa tremò come scossa da terremoto, si vide chiarore di fiaccole e si udirono ruggiti di belve. Infine le fanciulle si invasarono di bacchico furore e afferrato il bambino d'una di loro, lo dilaniano come un cerbiatto e corsero sui monti. 

Le altre Menadi però fuggirono inorridite scorgendo le donne sporche di sangue umano (gli avevano fatto le analisi del sangue?). Da ultimo le Miniadi vennero cambiate in uccelli notturni (così imparavano).



MITO II

MENADE DI DRESDA 355 A.C.
Le figlie di Preto, re di Tirinto,  avevano rifiutato i riti di Dioniso che le fece impazzire facendogli credere di essere trasformate in giovenche. 

Così vagavano tra i monti e assalivano i viandanti, anche se non si capisce che facessero i viandanti sui monti.


L'indovino Melampo si offrì di guarirle, purché Preto lo ricompensasse con un terzo del suo regno. Il re rifiutò, ritenendo il prezzo troppo alto.

Allora, la follia si diffuse tra le donne argive che fuggirono sulle montagne per unirsi alle Pretidi. Preto mandò a chiamare nuovamente Melampo, ma questi richiese, oltre a un terzo del regno per sé, un altro terzo per suo fratello Biante. 

Il re accettò e Melampo cacciò le donne giù dalle montagne fino a Sicione, dove rinsavirono e furono purificate immergendosi in un pozzo sacro.



MITO III

Agave. figlia del re di Tebe, ebbe un figlio, Penteo, che divenuto a sua volta re di Tebe, si oppose al culto di Dioniso perchè troppo sfrenato. 

Dioniso, per vendetta, consigliò a Penteo di spiare la madre e le zie, riunite sul monte Citerone a celebrare i riti bacchici, in modo da rendersi conto del nuovo culto.

Penteo, nascosto sotto un pino, venne scoperto dalle invasate che lo scambiarono per un cucciolo di leone e lo fecero a pezzi. 
Agave poi prese la sua testa e la conficcò su un tirso, portandola come un trofeo fino a Tebe, per mostrala al padre Cadmo.

(Sai come ne fu contento il padre. Ma Dioniso era peggio delle belve! )



V SECOLO A.C.

Nel sec. V a.c. invece, soprattutto dopo il 480, si evidenza ancor più  il carattere orgiastico della Menade: come nella coppa di Monaco, sulla quale una Menade è raffigurata con una serpe attorcigliata ai capelli. E il serpe si sa è il simbolo della Made Terra

Gli attributi usuali erano il tirso nella destra e una pantera nella sinistra, e lo stamnos di Napoli con le Menadi (o per essere più esatti, le donne che celebrano il culto di Dioniso), che eseguono la danza orgiastica rovesciando la testa indietro, secondo un gesto prescritto.

Ma la pantera non era di certo sacrificale e di sicuro non l'addentavano, perchè in reltà leoni e pantere erano in genere gli attributi della Potnia Theron, la Signora degli Animali ( termine usato per la prima volta da Omero (Iliade, libro XXI, v. 470).

Le grandi feste Dionisie con il culto delle menadi non furono istituite che dopo le guerre persiane, dalla prima rappresentazione di Tespi nel 536 fino al termine delle guerre persiane solo nelle Lenee sarebbero state rappresentate tragedie. 

Poi la festa delle grandi Dionisie soppiantò forse la rivale al punto che per lungo tempo probabilmente non dovette esser possibile rappresentare alle Lenee tragedie nuove.



IV SECOLO A.C.

Dal sec. IV in poi, per tutta l'età ellenistica e romana, la Menade diventa più che altro un modello per gli artisti di bellezza femminile, valorizzandone atteggiamenti sinuosi e movenze feline. 

Questo è già evidente nella statua di Menade attribuita a Scopa, tipo da cui derivarono molte elaborazioni posteriori. 

La pittura pompeiana, nonché i sarcofagi romani ce ne presentano varie effigi. 

Nel famoso affresco della Villa dei Misteri presso Pompei, compare l'immagine slanciata e sinuosa di un'iniziata che, in preda a una mistica menadica, svolge l'elegante danza dionisiaca.

Di loro narra Euripide nelle Baccanti (484 - 407 a.c.) che si vedono "danzar, vibrar, squassare il tirso bacchico". Catullo scrive (Carmina, LXIV, 255) che le Baccanti invocavano Dioniso-Bacco al grido di "Euhoe Bacche".

Kòmos, nell'antica Grecia, indicava il corteo rituale, a piedi o talvolta su carri, durante il quale i partecipanti si abbandonavano ad un'atmosfera di ebbrezza, ad espressioni di sfrenatezza e baldoria, sottolineate da canti, accompagnate dalla musica dell'aulos, della lira e della cetra con gioiosi frizzi di con forti allusioni sessuali. .

In una società sessuofobica come la nostra attuale i giochi sessuali sono ritenuti osceni, e in parte è anche giusto, perchè se certe manifestazioni si verificassero oggi avrebbero come base la dominazione e l'uso sessuale della donna, quando non subentrasse lo stupro e il sadismo.

All'epoca tuttavia c'era un grande rispetto per la donna e per il femminile in genere, cioè istinto, sessualità, terra, natura, vita e morte. 

La visione della morte rendeva la vita un momento di transizione da vivere intensamente, afferrando tutto ciò che vi era di godibile in essa.

Oggi gli uomini non rispettano la vita, nè le donne, nè la natura, nè gli istinti nè i sentimenti. 

Banalizzano tutto ciò e rifiutano di sentirne la mancanza, ovvero la sentono ma la convertono in rabbia. 

Gli uomini hanno nostalgia delle donne? 

Allora si arrabbiano con le donne e le stuprano, o le uccidono, o tolgono loro la libertà e la gioia di vivere.



LE ORGIA

Mircea Eliade così commenta Dioniso e la sua estasi orgiastica:

480 A.C.
« Più ancora degli altri dèi greci, Dioniso sorprende per la molteplicità e la novità delle sue epifanie, per la varietà delle sue trasformazioni. 

È in perenne movimento; penetra ovunque, in tutti i paesi, presso tutti i popoli, in tutte le religioni, pronto ad associarsi a divinità diverse, anzi perfino antagoniste (per esempio Demetra, Apollo). 

È, senza dubbio, l'unico dio greco che, rivelandosi sotto aspetti differenti, affascina e attrae tanto i contadini che le élites intellettuali, i politici e i contemplativi, gli orgiastici e gli asceti. 

L'ebbrezza, l'erotismo, la fertilità universale, ma anche le esperienze indimenticabili suscitate dal ritorno periodico dei morti, o dalla mania, dallo sprofondare nell'incoscienza animale o dall'estasi dell'enthousiasmos.

Tutti questi terrori e rivelazioni hanno un'unica origine: la presenza del dio. 

La sua natura esprime l'unità paradossale della vita e della morte. 

Per questo, Dioniso costituisce un tipo di divinità radicalmente diverso dagli Olimpî. 

Era forse, tra tutti gli dèi, il più vicino agli uomini? 

In ogni caso ci si poteva avvicinare a lui, si giungeva a incorporarlo, e l'estasi della mania dimostrava che la condizione umana poteva essere oltrepassata. »


(Mircea Eliade. Dioniso o le beatitudini ritrovate in Storia delle credenze e delle idee religiose, vol. I. Milano, Rizzoli, 2006, p. 402)

L'orgion, cioè l'orgia dionosiaca consisteva in un rito notturno celebrato sui monti alla luce di fiaccole, dove, al suono di flauti, timpani, cembali e cornamuse, si danzava a un ritmo sfrenato seguendo un moto circolare e alzando grida.

I partecipanti al rito, prevalentemente donne, si coprivano con lunghe pelli di volpi o di caprioli, indossando copricapi muniti di corna o lasciando libera la capigliatura.

Danzando impugnavano serpenti, il tirso, o pugnali la cui lama era nascosta nelle foglie di edera.

Rapiti da un "sacro furore" i "bacchi" si gettavano su animali vivi per sbranarli crudi.

Tale pratica avrebbe consentito agli iniziati di chiamare al rito lo stesso Dioniso e, risultando così degli entheos, dei "pieni di Dio", finivano per identificarsi con la stessa divinità.

Naturalmente questa è leggenda, ancor oggi esistono dei tipi di terapia psichica basati sulla danza. Questa si basa sul "Movimento Autentico", cioè non dettato e non costretto da regole, che lascia muovere il corpo secondo l'istinto. Il fatto è che la liberazione dell'istinto che per secoli e millenni è stato schiacciato sempre di più, fa paura agli esseri umani, che devono sentirsi diversi dagli animali e dalla natura, per paura di subirne le stesse conseguenze: cioè LA MORTE.



 

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