venerdì 10 gennaio 2014

DEA FORTUNA



CIBELE E TICHE

LA DEA TURCA

L' "ANATOLIA" ovvero l' "ASIA MINORE", possiede un patrimonio unico di arte e architettura stupende. La terra è antichissima, religiosamente devota in tempi primevi alla Grande Madre, la Dea arcaica di una civiltà che risale all'11000 a.c.

La Dea era TICHE', ovvero la Dea Fortuna, la Dea Primigenia. Della Fortuna primigenia esistono i resti di un bellissimo tempio a Preneste, in Italia.

La Dea Primigenia è la Prima nata, colei che è sorta dal Caos. Anche se in verità la Dea dichiara: "Io sono colei che è, che è sempre stata e sempre sarà, e nessun uomo ha mai sollevato il mio velo"

Pertanto è lei che, non creata, crea il mondo, Dei compresi, e infine crea gli uomini.

Questa Dea con grandi vicissitudini resistè anche alla conversione cristiana per lungo tempo, finchè non dovette capitolare alla forza, prima del monoteismo cristiano e poi del monoteismo islamico.

Il mausoleo di Antioco I (69–34 d.c..), dedicato ad un re che regnò su Commagene, uno stato fondato a nord della Siria e dell'Eufrate dopo la caduta dell'impero di Alessandro, è una delle più ambiziose costruzioni del periodo ellenistico.  
Noi sappiamo molto bene, prendendo esempio dalla cultura romana, che ogni incontro di civiltà diverse diventa un arricchimento non solo civile ma anche artistico.



IL MONTE NEMRUT

Il Monte Nemrut si trova in Turchia Sud-Orientale ed è sulla sua cima che giacciono le teste giganti delle rovine del regno perduto di Commagene. 
Su questo monte alta circa 2.100 m , nel 62 a.c., re Antioco I ha costruito un misterioso santuario reale con colossali statue di aquile e leoni, di Dei greci e persiani, oltre a due enormi sculture rappresentanti lo stesso re. 
Si tratta di una tomba-santuario, oggi un tumulo alto 50 m e largo 150  con tre terrazze dove giacciano i resti di enormi statue di Dei che lasciano attoniti i visitatori, anche se danneggiate.

ZEUS E CIBELE
Danneggiate da che? Da fulmini, intemperie e terremoti? Neanche per sogno, danneggiate dagli uomini, che non solo innalzano monumenti ai loro Dei, ma abbattono gli Dei precedenti, certi che solo le loro divinità siano giuste, inconsapevoli del fatto che un giorno qualcun altro abbatterà i suoi Dei per mettercene altri al suo posto.
Tutte queste enormi sculture, alte oltre 2 m, sono decapitate, volutamente decapitate, anche se le teste sono in ottime condizioni. La terrazza nord del complesso era per i pellegrini, ma purtroppo è la più danneggiata delle tre; sulla terrazza ovest sono collocate cinque grandi statue, alte 9 m, tra cui quelle di Antioco I, Zeus-Ahura Mazda, Apollo/Mitra e la Dea Tyche. 
Si possono inoltre ammirare i simboli della dinastia, ovvero dell'antica Dea, l’aquila e il leone, il quale ritorna anche su una lastra detta “il leone astrale”, di interpretazione dubbia.
Sulla terrazza est ci sono varie statue sedute sul trono e il basamento ben riconoscibile di uno degli altari. In alto, sulla sommità del Monte Nemrut c'è una grande, ma poco visitata necropoli, la casa degli Dei decapitati del passato.
Nel sito si radunano varie divinità, un sincretismo di iraniane, armene e greche  risalente a migliaia di anni fa. 
Ci sono infatti anche Ercole, Zeus e Apollo. Ma soprattutto c'è la Dea, la Tichè Cibele, Dea della Giustizia e Potnia Theron, la Signora delle belve.

Antioco I è un discendente di Dario, per parte di suo padre Mitridate, e un discendente di Alessandro per parte di sua madre Laodice. Un personaggio semileggendario con una tomba faraonica e con un pantheon del tutto particolare.
CIBELE

Il paesaggio in cui si innesta il sito di Nemrut Dag ne fa una delle imprese più colossali di epoca ellenistica, dato che alcuni dei blocchi di pietra utilizzati giungono a pesare fino a 9 tonnellate.

Antioco riuscì a mantenere il suo regno di Commagene indipendente, anche se molti territori anatolici venivano annessi dai romani. 

Antioco comandò che il suo compleanno dovesse essere festeggiato il 16 e la sua incoronazione dovesse essere festeggiata il 10, ma ciascuna delle due in ogni mese dell'anno, quindi il re disponeva di 24 feste a lui personalmente dedicate.
I monarchi di questa dinastia nacquero in Grecia con i nomi di Antiochos o Mithridates.

Essi hanno lasciato dietro di loro, nella regione montuosa che si estendeva da nord dell'alta valle dell'Eufrate, non lontano da Adiyaman, diverse bellezze mozzafiato di santuari funerari.
Dominante la vetta del Nemrut Dag c'è un tumulo conico di scaglie di pietra.
Questo tumulo funerario, la cui disposizione interna rimane sconosciuta nonostante i numerosi tentativi per individuare il dromos, è circondato sui lati est, ovest e nord di terrazze artificiali.

La terrazza est ha due distinti livelli scavati nella roccia.

Al piano superiore, una fila di cinque figure sedute colossali (alte 7 m), che rappresentano divinità, condivide una sostruttura in comune con due coppie di altrettanto immense statue, ogni parte comprendente un leone e un'aquila, posizionate simmetricamente alla fine di ciascuna estremità.

L'iscrizione sulle statue le identifica come: il Dio Apollo-Mithras-Helios-Hermes; Tyche la Dea di Commagene; il Dio Zeus-Oromasdes; Antioco stesso divinizzato; il Dio Heracles-Artagnes-Ares.

Per permettere tutto ciò Antioco comprò terre e proprietà legalmente vincolate ai siti.

Poi istituì una carica in cui coinvolse intere famiglie con il compito di mantenere questo particolare status quo.

I sacerdoti del complesso del mausoleo dovevano inoltre istruire i loro figli nella gestione dei patrimoni e garantire così che questi festeggiamenti sarebbero durati per sempre.
O almeno così Antioco immaginò.

Ma i tempi cambiarono e ad un certo punto della storia ci fu uno sforzo collettivo di abbattere le statue per far cadere gli Dei antichi.

Le teste di queste statue furono spezzate e caddero sulla terrazza inferiore, che è delimitata sul lato est da un altare a forma di piramide, e il lati nord e sud da filari di ortostati.

Sul lato nord, queste pietre sono decorate con sculture in rilievo che rappresentano gli antenati persiani di Antioco.

Sul lato sud, i suoi antenati macedoni simmetricamente fronteggiano gli altri. Iscrizioni incise sul retro delle lastre identificano i collegamenti genealogici.
La terrazza ovest ha caratteristiche simili, con la stessa serie di cinque statue tra le due coppie di leone-aquila, ma non dispone di un altare. 

L'iscrizione dà la data 10 luglio 62-61 ac: la data in cui Antioco fu investito re dai Romani.

Tutte le statue sono state decapitate, tutte le teste sono state rovinosamente tagliate fuori dal loro corpo, un lavoro immane. Perchè? 



LA STORIA

I romani, rilevato il regno di Pergamo, da un vecchio re moribondo, ne stabiliscono la capitale a Efeso.
La " pax romana " si protrae per circa tre secoli, consentendo un forte sviluppo della città.

I traffici commerciali raddoppiano, mentre la provincia romana dell'Asia si amplia in maniera considerevole. San Paolo ne approfitta per catechizzare gli abitanti di tutte le grandi città.

Durante una pausa a Galazia, scrive una delle lettere del Nuovo testamento. Intraprende tre grandi viaggi in Asia Minore.

A Efeso, la folla lo fischia; la divinità locale, Cibele, non intende cedere il suo posto a Gesù Cristo, di cui nessuno qui, al pari di Adamo ed Eva, ha mai sentito a parlare.

Ci vorrà Costantino, nel 330 d.c. a ristabilire l'unità dell'Impero, promuovendo Costantinopoli (odierna Istanbul) al rango di capitale e ponte ideale tra Asia ed Europa. 

Qui si scatenarono i primi cristiani a decapitare le statue degli Dei per la catechizzazione che non era riuscita a S.Paolo. Con un lavoro immane tutte le gigantesche statue, una per una, vengono decapitate e lasciate sul posto.

Nel XIV secolo Costantinopoli rimane l'ultima testa di ponte del mondo occidentale in Asia.

Nel 1453 la città viene conquistata dagli Ottomani e il Sultano Fatih Mehmet ( cioè Sultano conquistatore Mehmet) vi stabilisce la sua corte.

Quell'anno, secondo gli storici, segna la fine del Medioevo.

Costantinopoli, chiamata adesso Istanbul dai nuovi conquistatori, diventa la capitale ed il punto di partenza delle spedizioni per nuove conquiste in terre d'Asia ed Europa.
L'impero ottomano raggiunge il suo apogeo sotto il regno di Solimano Magnifico ( 1520-1566).



LE RAGIONI DEL SANTUARIO

Ci si è chiesti da diverse parti perché re Antioco edificò questo enorme e misterioso santuario monumentale.

- Secondo l’autore Adrian Gilbert; “Quello che Antioco stava cercando di fare era produrre una sintesi, una nuova versione delle vecchie religioni e ciò che fece, in sostanza, fu vestire gli dei persiani come quelli greci. E’ così che si ottiene la sintesi delle divinità dei due popoli.”

- Secondo l’archeologo Donald Sandres; “Costruì una colossale statua di se stesso tra gli dei. Credo perché supponesse che sarebbe realmente salito in cielo e alla fine sarebbe stato tra loro.”

- Secondo altri il re conosca e nutra un profondo interesse per l’astrologia. Quando non erano danneggiate, le gigantesche figure dovevano essere visibili anche da alcuni km di distanza.

- Diversi archeologi sostengono che il tumulo contenga effettivamente la camera funeraria del re e il suo sarcofago.

Misteriosamente, sia il cantiere che il regno vengono abbandonati nel I secolo d.c. e ad oggi la leggendaria camera funeraria non è stata ritrovata.



L'ARCHEOLOGIA

LA GRANDE DEA
Gli archeologi ricollocarono le teste sui corpi ma non ebbero il tempo di riattaccarle, con l'avvento dell'islamismo tutto ciò che riguardava l'antico era blasfemo o poco importante, per cui il luogo venne abbandonato e parecchie teste giacciono nel luogo da dove caddero.

"Eppure, nonostante la distanza dai loro corpi le teste di questi Dei sono ancora magnifiche e i loro sguardi divinamente gelidi continuano a chiedere qualcosa, se non di adorarli di tenerli nella dovuta considerazione". 
Le rovine della tomba-mausoleo-santuario di Antioco sono infatti magnifiche ed eccezionali a tutt'oggi, ma per quanto gli sguardi sembrino chiedere la Turchia non ha fatto nulla per salvaguardare questo prezioso patrimonio. 
Nessuno ha pensato di recintare il sito, di rimettere le pietre al loro posto quanto più è possibile, soprattutto di reintegrare le statue della lor testa.

Per quanto i turisti comincino a sapere del luogo e ad organizzarsi per visitarlo, la gente è perloppiù del luogo, ancora poco noto e soprattutto poco valorizzato per gli stranieri. Un sito del genere meriterebbe di essere restaurato, pubblicizzato in ogni paese, e corredato da bar e ristorante se non da una locanda.



GLI DEI

Quel che si può notare è che ogni Dea, pur avendo una diversa immagine, si chiama Tichè, la Dea del Fato, corrispondente alla romana Fortuna.
Ma cos'è la Fortuna, la generatrice del mondo? E' il Fato, è l'Ananke, quella contro cui nemmeno gli Dei possono nulla e pure Giove, re degli Dei, deve pesare sulla bilancia il destino delle persone e dei popoli.

Fortuna è dunque giustizia, ma non in senso troppo umano. è giusta in quanto ha le sue leggi, eterne e imperscrutabili. E' anche il Fato, come dire che se le cose stanno così non potranno andare che in questo modo.

Ma allora perchè la gente la prega? Perchè la Fortuna Primigenia di Preneste aveva questo grande seguito nel Lazio e oltre, con un tempio colossale e magnifico che pochi Dei potevano vantare? Forse neppure il tempio di Giove Laziale fu così seguito, tanto che Cicerone non apprezza molto questo culto.

Ciononostante fu lui a ricordarne le origini:

Gli annali di Preneste raccontano che Numerio Suffustio, uomo onesto e bennato, ricevè in frequenti sogni, all’ultimo anche minacciosi, l’ordine di spaccare una roccia in una determinata località. Atterrito da queste visioni, nonostante che i suoi concittadini lo deridessero, si accinse a fare quel lavoro. Dalla roccia infranta caddero giù delle sorti incise in legno di quercia, con segni di scrittura antica : quel luogo è oggi circondato da un recinto, in segno di venerazione , presso il tempio di Giove bambino, il quale, effigiato ancora lattante, seduto insieme con Giunone in grembo alla dea Fortuna mentre ne ricerca la mammella, è adorato con grande devozione dalle madri.” (Cicerone, De Divinatione)
Giove e Giunone sono fratelli e figli della Dea Fortuna, come dire che la Grande Madre è lei. Insomma lei è la Dea Femmina, quella che Lao-tze, il saggio d'oriente, chiamò la Femina Misteriosa (Colei che non può essere svelata), e Fortuna deriva da fors fortis, latino, che non significa forte, in latino, ma significa sorte, destino.
Come mai allora la parola italiana "forte" ha tutt'altro significato, di potenza muscolare o di animo? Per la stessa ragione per cui la parola latina bellum (la guerra) è diventata in italiano sinonimo di belle fattezze. Bellona era la Dea del Bellum, la guerra, ma siccome la Dea era bella (pulcra) nel dialetto divenne un aggettivo indicante il bell'aspetto. 
La Dea Fortuma, parimenti, era una Dea forte, imperativa, coei che dominava sia pure col suo lato materno, per cui essere forte derivava dal carattere di lei. Ne troviamo uno strascico nella carta dei tarocchi della temperanza, dove una donna apre con le sue mani le fauci del leone, lei possiede la forza del dominio dovuto al suo ruolo di Madre Natura, colei che tutto è e che tutto domina, ma ricorda altresì alcune donne che esprimono molta forza pure essendo fragili fisicamente. Perchè la forza è determinazione e non prepotenza. La vera forza è dolce.


PERCHE ERA TANTO VENERATA LA FORTUNA?
Perchè era la più potente ed oscura delle Dee, perchè c'erano cose che la Fortuna determinava e che non potevano essere cambiate, ma c'erano anche cose che potevano essere cambiate, in cui cioè la Dea poteva avere un aspetto benevolo. 
La Dea non aveva nulla di personale, non aveva esigenze o caratteristiche sue, lei recava aiuto, o indifferenza o sventura, ma concedeva un responso particolare: quello delle Sorti. Lei concedeva alle sue sacerdotesse il potere di mostrare ai mortali il loro destino, non sempre ineluttabile, perchè talvolta conoscere il proprio destino fa si che ne possiamo evitare gli angoli più bui.
Lei era la Sorte, ma nell'antro del Tempio di Palestrina le sacerdotesse lanciavano dei legni, o listelli d'avorio, su cui erano incise delle immagini, forse solo dei segni. Attraverso questo le donne leggevano la sorte del richiedente, per cui lui sapeva se la nave su cui desiderava salpare sarebbe arrivata a destinazione sana e salva, o se sarebbe tornato vivo dalla guerra, oppure lei sapeva se suo marito la tradiva, o se avrebbe mai avuto un figlio, o se  sarebbe morta di parto.
E i templi del Dio maschio non oracolavano? Come no, si erano appropriate di tutti gli oracoli delle sacerdotesse, ma i maschi delle sorti non capiscono nulla, perchè pensano che si debbano solo capire i significati dei segni per poi applicarli, come la traduzione di una lingua straniera.
Le sacerdotesse invece interpretavano con l'anima, ponendosi in contatto col mondo della Dea, lasciandosi ispirare e pervadere da lei.



OGGI LA FORTUNA E' IL GIOCO D'AZZARDO

Pena la scomunica per i laici e la destituzione per gli Ecclesiastici, i giochi "di fortuna" rappresentavano per tutti un problema non indifferente, compresi gli usurai la cui lucrosa attività del prestare denaro per il gioco era oltremodo condannata dalla Chiesa. 
San Francesco di Sales così scrive nel suo De Devota Vita: 
I giochi di dadi, di carte, e simili, ne’ quali il guadagno dipende principalmente dalla fortuna, non sono solamente ricreazioni pericolose, come i balli, ma sono naturalmente malvagie e biasimevoli. Che perciò essi sono proibiti dalle leggi Civili ed Ecclesiastiche. Ma che gran male è, mi direte voi? 
Grande certamente, perché il guadagno non si fa secondo la ragione, ma secondo la sorte, la quale spesso cade sopra di quello, che per abilità, e l’industria non meriterebbe nulla. La ragione dunque in questo è offesa….
Di più quei giochi portano il nome di ricreazione, e sono fatti per questo, e pure non lo sono in nessuna maniera, ma sono violente occupazioni. Non sarebbe egli una noiosa occupazione il tenere l’animo intento, e agitato da perpetue inquietudini, timori, ed ansietà? 
E qual attenzione si trova più malinconica, più turbata, e più mesta di quella de’ giocatori. Quindi è che non bisogna parlare nel gioco, non bisogna ridere, non bisogna tossire, altrimenti eccoli in collera. Insomma non è allegrezza nel gioco se non guadagnando
Non fa una piega, come mai allora la Chiesa non predica più contro il gioco d'azzardo? Perchè prima era privato, ora è di stato, nel senso soprattutto che le società che amministrano i giochi d'azzardo sono appoggiate dai politici che ne raccolgono laute prebende. E dalle laute prebende la Chiesa non è mai esclusa, se non altro perchè non vi predichi contro. Tuonare contro il peccato può indurre molta gente ad ignorare il gioco d'azzardo.. e addio guadagni.

La Dea Fortuna non ha più oracolanti e i vari maghetti che pretendono di capire il destino sono truffatori o folli.
La Dea non è bendata, quella benda che le poniamo sul volto è sui nostri occhi.



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