giovedì 31 ottobre 2019

I VASI FUNERARI DI CANOSA - IV



DANZA DELLE GRU - (FIG. 1)

LA DANZA DELLE GRU

Il dipinto della fig. 4, risalente al V secolo a.c., ora esposto al museo Archeologico nazionale di Napoli, rappresenta la danza di vittoria delle fanciulle ateniesi per la sconfitta del Minotauro  da parte di Teseo con il suo ritorno dal labirinto fatale. 

L'immagine viene da una tomba apula (cioè dell'antica Puglia) di Ruvo sul Mare Adriatico. Tale danza venne ripetuta spesso come raffigurazione tombale per augurare al defunto di valicare le porte dell'oltretomba senza distruggersi, varcando cioè indenne i cancelli della nuova vita. 

Ciò aiuta a comprendere quanta sensibilità vi fosse all'epoca sui viaggi dell'anima in vita e in morte, e quanto coinvolgessero l'intera popolazione, mentre oggi, pensando a un viaggio dell'anima o si pensa alla psicanalisi, riservata ai sofferenti, mai ai sani, o a improbabili dottrine indiane, o tibetane o messicane che si ricollegano ad antichi miti poco comprensibili per noi occidentali.

LA DEA IN TRONO E L'ARPIA (FIG. 2)
Per gli antichi il viaggio misterico era un dato di fatto, la vita aveva un senso solo attraverso di esso e le donne erano deputate a trasmettere tale possibile viaggio, in quanto più vicine al mondo sovrasensibile da sempre, in ogni luogo e tempo.

Ed ecco la madre visibile e la madre invisibile, la Mater Matuta e la Mamma Mammosa, la Natura Naturata e la Natura Naturans. La prima, sulla sinistra, è la Mater Matuta o Natura Naturata, cioè la Natura visibile, che per l'uomo è madre, equiparandola ad una madre umana, quindi provvida (Pronoia).

Ma l'altra è la Madre invisibile, perchè è tutto ed è la Madre di tutti gli animali e di tutti gli esseri viventi, per questo è umana e in parte animale, come la Sfinge. Ella è la Terra e il cosmo, è madre di tutti e non solo degli umani, ci si può fidare di una madre così?

LA LIBERAZIONE DELL'ANIMA - (FIG. 3)
Eccola nella figura numero 3 che si spoglia, si toglie il velo, cioè si svela. Ma è lei che si svela o non è piuttosto la nostra anima che si toglie il paraocchi e comincia a vedere chiaro? Perchè la Grande Madre è anche detta l'Anima Mundi, vale a dire anche lei un'anima, ma molto più grande della nostra.

Con cosa può essere recepita l'Anima Mundi se non con la nostra stessa anima? Di certo la mente non riesce a concepirla, ma l'anima si.

(FIG. 4)

LA SCOPERTA DI BACHOFEN

Bachofen, già docente di diritto romano all’Università di Basilea, si era infatti recato a Parigi nel 1865 per visitare la collezione di vasi policromi appartenenti all’archeologo-acquerellista francese Prosper Biardot: 25 pezzi acquistati a Canosa vent’anni prima insieme ad altri pezzi minori, quando Biardot era giunto in Puglia per esaminare i corredi funerari dell’ultimo ipogeo scoperto: l’ipogeo di Medella.

Si è poi saputo che Prosper Biardot, l’archeologo-acquerellista, era in realtà la collezionista inglese Elizabeth Caroline Hamilton Gray, che si creò uno pseudonimo probabilmente per crearsi una credibilità, visto che all'epoca le donne erano molto osteggiate in qualsiasi attività volessero mettersi in luce.
(FIG. 5)
Erano ciò che restava di un più ampio corredo funerario finito smembrato fra vari musei, tra cui il Louvre e il British Museum (come al solito i beni italiani vengono venduti sottobanco). L’attenzione di Bachofen però si soffermò su uno di essi in particolare, un askos con quattro aperture, 4 cavalli aggettanti e trainanti un carro, un volto femminile alato, due ippocampi alati accompagnati da delfini, 7 sfere concentriche e, sulla parte posteriore, un fiore.

Agli occhi dello storico svizzero quel vaso non era semplicemente frutto di una accesa estrosità artistica del vasaio che lo modellò, ma molto di più: “il contenuto figurativo – scrive lo studioso – rappresenta il ritorno dell’anima liberata dalla tomba del corpo alle sue origini cosmiche, la risalita verso la forma intelligibile”.

"In estrema sintesi, l’ippocampo rappresenterebbe l’anima, Psiche, che liberata dalla prigione del corpo e accompagnata dal delfino, animale psicopompo, viene ricondotta alla sua condizione divina originaria; il volto femminile rappresenterebbe invece la Luna, luogo celeste di sosta delle anime; il fiore alluderebbe all’immortalità dello spirito.

DEA LUNA CON BERRETTO FRIGIO (fig. 6)
In altri termini quel vaso sarebbe un piccolo trattato di dottrina religiosa orfico-pitagorica (gli orfici ritenevano che il corpo umano fosse una prigione per l’anima, e che dopo la morte questa si sarebbe liberata per raggiungere la sfera uranica, celeste, a condizione però di aver svolto in vita un percorso rituale di purificazione in grado di sottrarre l’anima alla “ruota delle nascite”, cioè alla trasmigrazione nel corpo di altri esseri viventi)."
Il libro di Bachofen – in origine pubblicato in appena 50 copie e rivolto ad un pubblico colto – mira a dimostrare l’importanza assunta dalla concezione religioso-filosofica orfico-pitagorica nei corredi funerari dei sepolcri dell’Italia Meridionale, in un lasso di tempo che va dal IV sec. a.c. alla dominazione romana.
La simbologia racchiusa in essi esprime valenze mistiche legate alla dottrina dell’immortalità dell’anima, trascurando le quali si finisce col non comprendere il significato di certi corredi funebri. Questo il Bachofen sostenne in opposizione alle tesi accademiche dominanti nella sua epoca.

FIG.
Per lo studioso svizzero quel vaso canosino diventa una sorta di emblema di tutto un mondo di corredi funebri fatti di tritoni, nereidi, gorgoneion, ippocampi, centauri, ecc. che assumono quindi un significato mistico e simbolico legato alla dottrina orfica."

Rappresentazione ben strana quella delle due Dee, sembrerebbe una fanciulla e una donna matura, come potrebbero essere Cerere e Proserpina, o Demetra e Core. Narra il mito che Proserpina, mentre raccoglieva i fiori presso il lago di Pergusa, venne rapita da Ade, il Dio dei morti, e gettata negli inferi.

Cerere, udito il grido della figlia, coprendosi con un velo nero e stringendo nelle mani fiaccole ardenti, per nove giorni vaga alla sua ricerca. Elios, (secondo altri Ecate) rivelò alla Dea che la figlia era stata rapita da Ade e che Zeus aveva deciso di dargliela in sposa.Adirata, Cerere fa cadere una terribile carestia sulla Terra, impedendo ai semi di germogliare e ad uomini ed animali di fare figli.
LE DUE DEE
Zeus comprese che il genere umano si sarebbe estinto e gli Dei non avrebbero più ricevuto sacrifici, per chiese ad Ade di restituire Persefone a sua madre. Questi, prima di restituirgliela, fa mangiare alla fanciulla un chicco di melograno (secondo altri lo fece spontaneamente), cosicché avendo diviso del cibo con i morti Persefone non si sarebbe più distaccata dal mondo degli inferi. Ma Persefone abiterà sei mesi sull’Olimpo con la madre, dalla primavera, per poi tornare negli inferi con lo sposo, al momento della semina per altri sei mesi.

Questo è stato interpretato da molti come il mito del volgere delle stagioni con la nascita e morte della vegetazione annuale. Ma davvero gli antichi erano così imbecilli da aver bisogno di questa favoletta per capire che la vegetazione muore e rinasce ogni anno? E' come dire che il Cristo che nasce in inverno è il seme che cresce sottoterra e diventa pianta in primavera quando muore come seme e rinasce come pianta. I cristiani si arrabbierebbero, ma  gli antichi pure.

Perchè in questa ultima statua è Proserpina a portarsi dietro  e sulle spalle la Dea Madre, che la guida e la sprona, come la nostra anima profonda fa con noi, solo che non ce ne accorgiamo. La nostra Dea interiore spinge affinchè diventiamo ciò che siamo nati per essere. E' un peso e un privilegio.



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