lunedì 31 dicembre 2012

IL MITO DI PANDORA.



Zeus, adirato per il furto del fuoco divino commesso da Prometeo, decise di punire questi e giacchè c'era tutto il genere umano. Prometeo venne incatenato ad una roccia ed ogni giorno un'aquila gli divorava il fegato: l'organo ricresceva durante la notte e così, la mattina dopo ricominciava la tortura. Per punire gli uomini, Zeus ordinò ad Efesto di creare una bellissima fanciulla, Pandora, alla quale gli Dei offrirono grazia e ogni sorta di virtù.

Ermes condusse Pandora dal fratello di Prometeo (nel frattempo liberato da Eracle), Epimeteo ma questi, nonostante l'avvertimento del fratello di non accettare doni dagli dei (il suo nome, in greco, significa "colui che riflette tardi"), sposò Pandora che recava un vaso regalatole da Zeus, che però le aveva ordinato di lasciare sempre chiuso. Ma, spinta dalla curiosità, Pandora disobbedì: aprì il vaso e da esso uscirono tutti i mali del mondo (la vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia, ecc.) che si abbatterono sull'umanità. Sul fondo del vaso rimase solo la speranza che non fece in tempo ad allontanarsi prima che il vaso venisse chiuso di nuovo. Prima di questo momento l'umanità aveva vissuto libera da mali, fatiche o preoccupazioni di sorta, e gli uomini erano, così come gli Dei, immortali. Gli uomini erano felici? Ma se non avevano neppure il fuoco per scaldarsi e cucinare!
Dopo l'apertura del vaso il mondo divenne un luogo desolato ed inospitale finché Pandora lo aprì nuovamente per far uscire anche la speranza, l'ultima a morire.

"E subito l'inclito Ambidestro, per volere di Zeus, plasmò dalla terra una figura simile a una vergine casta; Atena occhio di mare, le diede un cinto e l'adornò; e le Grazie divine e Persuasione veneranda intorno al suo corpo condussero aurei monili; le Ore dalla splendida chioma, l'incoronarono con fiori di primavera; e Pallade Atena adattò alle membra ornamenti di ogni genere. Infine il messaggero Argifonte le pose nel cuore menzogne, scaltre lusinghe e indole astuta, per volere di Zeus cupitonante; e voce le infuse l'araldo divino, e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitanti dell'Olimpo l'avevano portata in dono, sciagura agli uomini laboriosi. Poi, quando compì l'arduo inganno, senza rimedio, il Padre mandò a Epimeteo l'inclito Argifonte portatore del dono, veloce araldo degli Dei; né Epimeteo pensò alle parole che Prometeo gli aveva rivolto: mai accettare un dono da Zeus Olimpio, ma rimandarlo indietro, perché non divenga un male per i mortali. Lo accolse e possedeva il male, prima di riconoscerlo. Prima infatti le stirpi degli uomini abitavano la terra del tutto al riparo dal dolore, lontano dalla dura fatica, lontano dalle crudeli malattie che recano all'uomo la morte (rapidamente nel dolore gli uomini avvizziscono). Ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell'orcio e tutto disperse, procurando agli uomini sciagure luttuose. Sola lì rimase Speranza nella casa infrangibile, dentro, al di sotto del bordo dell'orcio, né se ne volò fuori; ché Pandora prima ricoprì la giara, per volere dell'egioco Zeus, adunatore dei nembi. E altri mali, infiniti, vanno errando fra gli uomini."

Somiglia molto alla fatidica trasgressione della fatidica mela, ma almeno qui la cosa è chiara: Giove non vuole che gli uomini progrediscano, se gli si dà il fuoco si arrabbia e si vendica. Dunque prima gli uomini vivevano felici e tranquilli, non invecchiavano e non morivano, però stavano senza donne, come nascevano? Dalla coscia di Giove come Dioniso? E non aumentavano ovviamente erano sempre gli stessi perchè senza morire altro che incremento demografico. E il sesso? Non contava, ne facevano a meno (anche perchè tante volte Giove fosse geloso anche di questo...), oppure s'arrangiavano tra loro, possibile, del resto si arrangiò pure Zeus con Ganimede. Il fuoco per cucinare e scaldarsi è peccato ma la pedofilia no.
Nel mito ebraico invece Dio è buono, però gli sventola ogni giorno questa mela sotto il naso ad Adamo ed Eva. "Guardatela ma non toccatela eh!?" Ma non aveva un giardino a parte, un privè dove mettere l'albero? Però i cristiani giurano che non lo faceva apposta. Anche qui la trasgressione comporta la perdita dell'immortalità e la vecchiaia.
Ma come si spiega che nelle società patriarcali se l'essere umano progredisce lui si arrabbia e si vendica, mentre nelle società matriarcali la trasgressione viene premiata?



PANDORA

Pandroso significa "tutta la rugiada" (pan-drosos)  Pandora invece deriverebbe da pan - doron = "tutti i doni", ma per alcuni deriverebbe da Pandoyron, dove dotros = legno, tronco. Per altri ancora il nome sarebbe di origine assira.



LA TRIADE DIVINA

In un mito preellenico, le Dee madri, prima di Atena, erano le Augralidi: Aglauro, Erse e Pandroso. Custodivano un cesto sacro ermeticamente chiuso, aperto poi da Pandroso. (da Pandroso a Pandoro e a Pandora il passo è breve). Erse e Pandroso erano Dee della rugiada che preservavano l'agricoltura dalla siccità. Agraulo aveva un boschetto dove i giovani in età di leva, invocandola, pronunciavano il giuramento di cittadinanza.
Erse era venerata nelle Arreforie, feste rieditate in onore di Atena in cui due fanciulle portavano vasi sotto il tempio di Afrodite senza conoscerne il contenuto. Altre due fanciulle, come racconta Pausania in Periegesi I, preparavano la vestizione della Dea. Dove c’è un Sacro Mistero c’è da svelare, solo nella Chiesa Cattolica non si svela niente.

Pandroso ha il suo tempio sull'acropoli, probabilmente antica Dea della pioggia, invocata insieme alle Ore contro la siccità, devastatrice della terra.

PANDORA
È ancora Pausania a raccontarlo: 
"Adiacente a quello di Atena è il tempio di Pandroso la quale fu innocente, sola tra le sorelle, nei riguardi del pegno loro affidato". 
Trattasi infatti dell'Eretteo, luogo di culto dedicato a Pandroso, la figlia di Cecrope, re mezzo uomo e mezzo serpente (e qui c'è di mezzo la Dea Terra), amata dal dio Ermes. Pandroso il cui nome significa "tutta rugiada", era una delle tre figlie di Cecrope, il primo re mitico di Atene, e di Agraulo. Con le sorelle Erse e Agraulo (omonima della madre) aprì la cesta che conteneva il piccolo Erittonio che Atena aveva affidato loro con il divieto assoluto di aprirla. All'ultimo momento, Pandroso evitò di guardare all'interno e venne per questo risparmiata dalla vendetta della Dea, a differenza delle sorelle, che furono rese pazze e spinte a gettarsi dalla rocca di Atene.

- In un mito simile, Erittonio era, come Cecrope prima di lui, autoctono, cioè nato dalla terra. Secondo Apollodoro, la dea Atena si recò da Efesto per chiedergli la forgiatura di alcune armi. Efesto però, pieno di desiderio, si avventò su di lei tentando di possederla. Atena fuggì, ma il seme di Efesto cadde giù fecondando Gea, la madre terra, che generò Erittonio. Atena allevò quel figlio in segreto, lo chiuse in una scatola e lo consegnò al re dell'Attica Cecrope, il quale, avendo solo figlie femmine, lo adottò e ne fece il suo successore. La leggenda narra anche di come due delle figlie di Re Cecrope, Agraulo e Erse, aprirono di nascosto la scatola che conteneva il neonato, e terrorizzate dal fatto che il piccolo fosse per metà umano e per metà serpente, si gettarono dalla rupe che sarebbe diventata l'Acropoli.

- Altro mito: lo scrigno conteneva non i mali, ma i beni, e venne portato a Epimeteo come dono di nozze da parte di Zeus. Pandora lo trovò e sconsideratamente lo aprì facendo fuggire tutti i benefici, e trattenendo soltanto la Speranza che, più lenta degli altri, era rimasta intrappolata.Pandora diede a Epimeteo una figlia, Pirra, la quale sposò Deucalione e insieme a lui sopravvisse al diluvio.

- Per un altro mito ancora: Una sera, mentre le tre sorelle ritornavano da una festa sacra portando il cesto di Atena a turno sul capo, furono prese dalla curiosità di vedere che cosa mai si celasse nel paniere. Sollevarono il coperchio e scorsero un fanciullo, il piccolo Erittonio, con una coda di serpente in luogo delle gambe. Lanciarono un urlo d'orrore e si gettarono giù dall'Acropoli. Venuta a sapere di questa disgrazia, Atena ne fu così addolorata che lasciò cadere l'enorme roccia destinata a fortificare ulteriormente l'Acropoli: e quella roccia diventò il monte Licabetto.



IL CULTO

Pandroso fu venerata in Atene come la dea della rugiada e come la prima donna ad aver filato. Il suo santuario, il Pandroseion, era collocato sull'acropoli. In quel luogo si conservava, guarda caso, l'ulivo che Atena aveva donato agli uomini che, grati del dono, l'avevano scelta a patrono della città e le avevano eretto il Partenone. Ne consegue che fu un'antica Dea collegata alla pioggia e alla tessitura. Avrebbe inoltre avuto una relazione amorosa con Ermes, dando alla luce Cerice, futuro sacerdote di Demetra. E' evidente dato il culto che fosse un'antica Dea e non una fanciulla sbadata.
La Dea portatrice del Sacro Vaso, equivalente del Graal, come Pandora è diventata fonte di guai. Oggi nel vaso ci beve il prete ogni domenica col vino rosso e bianco, ma non fa il sommelier. Si dice che aprire il vaso dia una coscienza e che la coscienza faccia soffrire, come dire "beata ignoranza", ma questo lo dicono quelli che credono di aver acquisito una coscienza. Chi veramente ha guardato nel vaso è soddisfatto totalmente della cosa. Provare per credere.

Pandroso (Grande Madre antecedente) aveva dunque aperto il vaso e concesso l'ulivo. La donna dà agli uomini l'agricoltura che per la mente maschile è affronto agli Dei, come Zeus s'arrabbiò con Prometeo. Come Jahvè, Zeus è un Dio geloso.  
Ma allora perché Pausania dice che Pandroso è l’unica a non aver aperto il vaso? Non è un controsenso?
Giusta osservazione, ma col patriarcato i miti si stravolgono.



ARREFORIE

Cerimonie sacre affidate a fanciulle dette arrefore. Festa celebrata in Atene a giugno-luglio in onore di Atena, protettrice della città, da due fanciulle scelte dall'arconte re fra le quattro nobili dai 7 agli 11 anni d'età, le quali avevano servito durante il quinquennio sacro nel santuario della dea sull'Acropoli. Di certo non per 5 anni, altrimenti avrebbero iniziato a 2 o a 6 anni.

La cerimonia consisteva nel recare di notte certi oggetti sacri e segreti, ricevuti dalla sacerdotessa di Atena, in un sotterraneo presso il santuario di "Venere degli orti", e nel portare di lì altri simili oggetti simbolici sull'Acropoli. 
Quali essi fossero, è ignoto: sembra però fossero celati in canestri di vimini.
Le spese inerenti a questo rito erano a carico di privati cittadini: l'oratore Lisia ricorda l'arreforia da lui sostenute. Dalle iscrizioni si conoscono arreforie per altre divinità, così per Atena e Pandroso, per Gea Temide, per Ilitia, per Demetra e Kore, e per le feste epidaurie. Si crede di ravvisare la scena delle due arrefore e della sacerdotessa nel fregio orientale del Partenone.



IL SERPENTE

Nel mito dentro il cesto c’era un bambino serpente, ma per altri miti solo un serpente, ricorda qualcosa? A Pompei, in un tempietto della Madre Terra, c’è la Dea dal capo velato che reca un vaso, ha due fanciulli ai lati con due cornucopie mentre sotto si snoda un gigantesco serpente in una vegetazione rigogliosa.

In un’altra stampa, probabilmente settecentesca, si riporta un affresco pompeiano con due Dee, una in piedi sopra una sfera con lancia puntata a terra e una cornucopia a braccio alzato. Si poggia a un pilastro con sopra un sistro che la rivela come Iside, con due corna lunari, una pianta al centro e un piccolo sole sopra, mentre accanto vola un cupido col tirso.

La seconda Dea, anch'essa col tirso e seminuda, è seduta su un cavallo che corre. Sotto alla scena una pigna con due serpenti. Non ci vuol molto a comprendere i due aspetti della Dea Terra: la prima alata, il mondo sovrasensibile, che governa il mondo con gli attributi di sole, luna e cornucopia cioè di proliferazione. La seconda il tempo che corre, la vita o natura sensibile, col simbolo orgiastico del tirso, lato selvaggio e lunare preso poi da Dioniso o Bacco. 
Al centro del tempietto una nicchia votiva per le statuette sacre, affrescato con piante di ulivo, attributo di Pallade Atena. 

I due serpenti richiamano la Madre Primigenia, proliferatrice, oracolare e dai due aspetti notturno e diurno: vita e morte che si fronteggiano. Diciamola tutta: Pandroso, Erse e Agraulo era la triade della Grande Madre, collegata ai misteri della terra, cioè vita, morte e rigenerazione.
Insomma era il vaso segreto dei Sacri Misteri, che non dovevano essere svelati ai maschi. Il vaso doveva restare chiuso per la stessa ragione per cui Orfeo non doveva guardarsi indietro, altrimenti addio al maschilismo e a tutte le illusioni. Tutto collima, se la Dea è femmina, lei è natura e dona se stessa, dono e donatrice sono la stessa cosa, ma se il Dio è maschio son dolori, tutto gli appartiene perchè lui crea dal nulla, così gli uomini "peccano all'origine" sovvertendo l'ordine del padre.
Crea dal nulla? Ma non è contrario alle più elementari leggi della fisica?

Tu vuoi rimuovere gli inamovibili fondamenti della nostra fede negli dei,” - esclama l'ironico e intelligente Plutarco all’ingenuo discepolo – “quando chiedi per ciascuno di loro una dimostrazione razionale. La fede ancestrale dei nostri padri si fonda su se stessa, non si può trovare ed escogitare prova più chiara di essa. Questa convinzione è una base, un fondamento comune posto all’origine della pietà religiosa; se in un solo punto viene messa in discussione la sua solidità e risulta scossa la convinzione generale, essa diventa tutta quanta instabile e sospetta” ( Plutarco Amatorius, 13, 756 B). Lo stesso Plutarco sostiene che gli uomini sono più forti degli Dei perché gli Dei creano gli uomini ma gli uomini creano gli Dei.



ALCHIMIA

Gli alchimisti ammonivano: ”Guarda la Natura, la Natura ti sia maestra.”

Per gli alchimisti la natura era il laboratorio interiore. Per i greci il vaso non andava aperto, perché svelava cose sgradevoli: la realtà dell’universo, che alla falsa mente non piace. Vaso della natura e vaso dell’anima sono la stessa cosa, perché non si può conoscere la natura se non attraverso i contenuti dell’anima. Quando gli iniziati dei Sacri Misteri dichiaravano di aver portato il Sacro Vaso, non alludevano al vaso delle caramelle di menta, ma d’essersi fatti carico della realtà interiore. Conoscere il mondo è affrontare sofferenza, solitudine e morte, per scoprire la Vera Vita. Come scrisse l’Alchimia: la pietra filosofale è veleno o medicina. L’emblema che usano le farmacie, il serpente che esce dalla coppa, non è il simbolo d’Esculapio, perché prima di lui era attributo a Minerva medica. Poi la Chiesa l’ha scopiazzato e l’ha affidato alle mani di Maria Maddalena, ma ci ha ripensato, nelle mani di una donna era troppo, per cui l’ha affibbiata a S.Giovanni evangelista che negli affreschi se la rigira tra le mani e non sa che farne.

La qualità primordiale della Dea, l’istinto primigenio, non può essere colto dall’uomo senza una coscienza purificata, lavata, “battezzata”, dai condizionamenti mentali. Se la coscienza è Immacolata come la Vergine, l’anima conquista la gioia e si sana. Il battesimo dell’acqua è il lavaggio dell’anima, ma il battesimo del fuoco è l’amore dell’universo che spazza pareti e illusioni, in un incendio trasformatore. I simboli cattolici sono veritieri, ma scopiazzati senza intenderne il significato.



IL VASO FATIDICO

Si dice pure che Pandora guardò perchè era curiosa e la sua curiosità venne punita. Si dice infatti che la curiosità è donna, e dovrebbe essere un pregio, ma non viene detto in tal senso. Essere curiosi significa non contentarsi di ciò che ci hanno detto, significa andare a vedere personalmente, andare oltre.. ed ecco il perchè dei Sacri Misteri.... che aprivano il vaso proibito.



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