lunedì 29 aprile 2013

LA SIGNORA DELLE FIERE - I


C.G.Jung:

- La rugiada, o argento vivo, o succo di luna, è l’acqua che la madre versa nel bacile dell’anima 
durante la notte. - (madre? quale madre? la madre nostra?)

"Madre nostra, che non stai nei cieli ma regni in terra,
tu sei la madre dai mille nomi e il tuo regno è già qui,
basta saperlo guardare, dacci oggi
come sempre hai fatto il nostro pane quotidiano,
noi ti siamo debitori della vita che ci presti ogni giorno
e che un giorno riprenderai, tentaci
col tuo enigmatico sorriso a squarciare i veli del tempio.
Perchè noi sappiamo che, al contrario del geloso Dio Padre.
tu non ti adiri se gli uomini cercano di svelare i misteri,
e al contrario li benedici col tuo matermo sorriso."



POTNIA THERON

Ovvero la "Signora degli animali"), un termine inaugurato da Omero (Iliade 21.470) riferito ad alcune divinità femminili associate con gli animali.
Dea (o sacerdotessa) dei serpenti, proveniente da Cnosso

POTNIA THERA
La parola Potnia che significa padrona o signora era una parola micenea ereditata dalla Grecia classica, con lo stesso significato che ha la parola patnī nella lingua Sanscrita
Si pensa che Omero abbia riferito la Potnia Iheron alla Dea Artemide, che infatti compare in modo simile fin dalle religioni preistoriche. In genere però come Potnia Theron viene indicata una dea raffigurata nell'arte minoica che tiene in mano dei serpenti (o altri animali) o circondata da animali selvatici. Una delle più frequenti, oltre ad Artemide, è Cibele. E' evidente che la Signora delle fiere è la natura, cioè la Dea Natura, l'unica che può governare ciò che è indomabile.

Il riferimento riguardava anche le donne in generale, riconosciute dagli uomini primitivi come fiere, dignitose e indomabili, e pure in stretto contatto con la sfera divina della natura. All'epoca il maschile, più legato alla natura, ma di costituzione più razionale della donna, riteneva indispensabile l'ispirazione del femminile come vox deorum e consigliera del fare.

Perduto il femminile delle origini e tolte le sacerdotesse dai templi, è caduta la voce degli Dei, l'ispirazione, la magia e il mondo misterico della religione. Al fascino dell'occulto è stato sostituito il fascicolo delle leggi: "Hai commesso peccato? Quante volte figlio mio?"



NOTRE DAME DE PARIS

Ma solo de Paris, perchè in Italia non alligna. Noi chiamiamo Dio col titolo di Nostro Signore, ma non chiamiamo Maria col titolo di Nostra Signora, come mai? La chiamiamo invece Madonna, cioè la mia donna, che però non è mia nè di nessuno. Non l'abbiamo chiamata Nostra Signora per paura che si montasse la testa? La Dea etrusca dell'amore e della bellezza si chiamava Turan, che voleva dire "La Signora".
Un tempo remoto, molto remoto, lei era La Signora delle belve, o la Signora degli animali, o la Signora delle fiere: Domina ferae, domina era un tempo remoto la signora della casa e della tribù, colei che dominava, e da cui deriva il termine donna, solo che la donna non domina la casa, semmai ne fa la serva. Invece era Domina Ferae la Grande Dea FERONIA.



FERONIA

"Signora delle fiere" o “Signora delle belve”, colle fiere istoriate nelle vesti, come Diana Efesina, o tra due pantere, come l’antica Dea assira, o Inanna sumera in piedi sulla fiera, o sul trono guardato dai leoni, come Cibele.

Sei Regina della natura, Mater Matuta, Mamma Mammosa, lato invisibile e visibile del mondo, chi non scorge il tuo insondabile mistero non può penetrarlo, e chi ci prova non è detto ci riesca.

Ma le donne furono, e quando si risvegliano sono, “Sorelle Lune” accettando il mistero dell'anima, mistero di vita e morte, unendosi indissolubilmente all’anima tua divinamente creatrice. Le “Sorelle Lune” e la triplice Luna sono Uno.


Lucus Feroniae

FERONIA
Il Santuario preromano, il Lucus sacro della Dea delle belve, era famoso per le sue ricchezze, perchè i fedeli giungevano fin lì per chiedere delle grazie, e poichè spesso le ottenevano, ringraziavano la Dea lasciando gioielli e monete o exvoto al tempio.

Un po' come è accaduto nelle chiese cattoliche, un tempo piene di exvoto e gioielli nei santuari miracolosi, solo che prudentemente gioielli e oggetti preziosi sono finiti nelle casse del Vaticano.

Naturalmente l'exvoto dell'epoca poteva essere in argento, in rame, in bronzo o in oro esso stesso.
Così i templi accumulavano un a vera ricchezza che nessuno avrebbe osato toccare temendo la punizione degli Dei, ma Annibale, che credeva in altri Dei o che comunque osava sfidarli, nel 211 a.c., non solo saccheggiò il tempio facendone un grande bottino, ma lo distrusse dandolo alle fiamme.

Naturalmente venne ricostruito ma nonostante la riedificazione del tempio il culto di Feronia decadde e il sito perse importanza fino a che Cesare che nel 59 a.c. stabilì di stanziare in zona i veterani del proprio esercito, fondando la "Colonia Iulia Felix Lucus Feroniae". Praticamente donò ai suo soldati un castrum in muratura, cioè una città, fondata col sistema della centuriazione e della fondazione sacra romana, insomma una piccola Roma.

Il Lucus Feroniae era per gli antichi quel che noi può essere il santuario di Loureds o della Madonna di Pompei, che d'altronde sorgono entrambi su antichi santuari miracolosi.
Proseguendo la Via Tiberina, sulla destra vi sono resti di ambienti d'incontro e ristoro, le tabernae, dotate di uno strabiliante sistema di chiusura a saracinesca. Come sempre quando c'è un santuario, si moltiplicano i punti di ristoro per i visitatori, e i locali si snodavano già prima della cittadina, probabilmente con vendite di souvenir o immagini e statuette della Dea.


L'Area Sacra

Il lato meridionale è quello meno conservato dove recentemente sono venuti alla luce strutture repubblicane, con un orientamento diverso, a un livello inferiore da tutto il resto e di cui non si conosce ancora la funzione.

Sul lato Nord si trova l'area religiosa, delimitata da un alto basamento in blocchi di calcare, ai piedi del quale, sulla sinistra, si trova un ambiente, in parte ricavato nella roccia e in parte costruito, chiuso anticamente da una saracinesca, dove si trovava l'aerarium (il tesoro) della città.

Accanto alla porta dell'erario, un grosso avancorpo in opera cementizia, costruito successivamente, che originariamente era ricoperto con lastre di marmo grigio. Sicuramente sul podio si svolgevano le cerimonie in onore della Dea.

Ai suoi lati, a ridosso del basamento, si trovano ancora le due epigrafi con gli attributi della Dea Feronia, della Dea Salus e della Dea e Frugifera. A queste antiche Dee della salute solo le sacerdotesse potevano sacrificare, ma quando il sacerdozio femminile venne abolito, con l'unica esclusione delle Vestali, potevano sacrificare solo le matrone. Agli uomini era proibito entrare nella cella della Dea.

La Dea Feronia era la protettrice degli schiavi liberati e di tutto ciò che da sottoterra esce alla luce del sole. Erano quindi sotto la sua protezione le acque sorgive e ogni tipo di fertilità, di piante, animali ed esseri umani. Aveva inoltre grandi proprietà guaritrici confermate anche dai numerosi ex-voto anatomici. 
Per questo la divinità, di origine locale, assunse anche attributi greci e romani, assimilando Dee analoghe, come la Dea guaritrice Salus, la Dea della mietitura e della morte Frugifera che aveva come emblema la falce dei mietitori, epiteto che poi passò a Cerere, nonchè la Dea Legifera, colei che stabilisce le leggi, poi unita alla Dea Frugifera, e anch'essa divenuto appellativo di Cerere; ma pure Proserpina, come regina dell'oltretomba, e la Dea Giunone, come Regina coeli.
Davanti c'è la copia della base marmorea circolare decorata con bucrani e festoni, che sosteneva un tripode. Era l'ara sacrificale della Dea Maxima.

La Signora delle fiere era colei che guidava gli animali e faceva crescere le piante, colei che tutta la natura amava, seguiva e venerava, colei che gli uomini adoravano. Nel suolo italico il santuario principale della dea si trovava a Soratte, presso Capena; sono stati inoltre trovati altri santuari a Fiano Romano (Roma) ove sorse il Lucus Feroniae, a Trebula Mutuesca, a Terracina, a Preneste, sul Monte Soratte, in Etruria e a Roma nell'area sacra di Largo Argentina (tempio C). Diede presumibilmente anche il nome ad una località della Sardegna (forse in prossimità dell'attuale Posada) citata in molte carte antiche, ma mai individuata con precisione.

Nella città dell'Aquila, vi erano i più antichi santuari a lei dedicati. Precisamente nel paese chiamato Monticchio si erge tuttora una statua con delle scritte a lei dedicate.


Trebula Mutuesca 

Gli scavi del Tempio di Feronia hanno permesso di ricostruire il portico di ingresso con muri perimetrali in conglomerato, sostituito poi da sei colonne in travertino e copertura in laterizio. Un'iscrizione su una colonna nell'adiacente giardino della chiesetta romanica di Santa Vittoria, dove sono stati riutilizzati moltissimi materiali lapidei del tempio, alla fine del II secolo a.c. rivela che Pescennius ha dedicato tre colonne in petra e una canaletta di scolo, sempre in pietra, sotto lo spiovente del tetto "alla dea Feronia", certificando il culto della Dea in pieno Impero. Il tempio fu fondato nel 265 - 240 a.c. con fase di abbandono iniziata nel V sec.. Tracce posteriori di riuso con costruzione di una fornace e di una calcara.


Monte Soratte

Sulla cima del Soratte si trova l'eremo di San Silvestro, costruito nel VI secolo sui resti di un tempio di Soranus Apollo. Secondo una leggenda la chiesa fu fondata da papa Silvestro I che si era rifugiato sul Soratte per sfuggire alla persecuzione di Costantino I.

GORGONE
Alcune leggende furono tramandate attraverso l'opera Vita beati Sylvestri, attraverso il Constitutum Sylvestri, e attraverso la Donatio Constantini, riguardo alla persecuzione di Silvestro, la conversione e il battesimo di Costantino, la donazione dell'imperatore al papa, i diritti garantitigli, ed il concilio di 275 vescovi a Roma, sono completamente leggendari.

In realtà sul Soratte, come accedeva sovente in tempi antichissimi, c'erano due templi, uno alla base e uno alla sommità del monte. Quello alla base, più consono al bosco, all'acqua e alle profondità era femminile, (ricordiamo che vi erano delle fonti sia sul Soratte che a Narni, fonti a lei dedicate) e infatti il Nibby conferma che qui vi fosse il Lucus Feroniae con relativo tempio, mentre sulla cima c'era il tempio del Dio Sorano, assimilato dai romani ad Apollo e denominato appunto Apollo Sorano.

Non a caso sul Soratte da tempi immemori si facevano pratiche magiche o stregoniche, perchè queste avvengono sempre in presenza di un antico tempio femminile dove questa era tradizionalmente eseguita dalle sacerdotesse.



A RETIA

Reitia, o Retia, è la somma Dea della religione veneta. Reitia abbraccia tutta la natura e non esiste nulla al di fuori nè al di sopra di lei. E' dea madre del parto, perchè è portatrice di luce; è guaritrice come Minerva Medica, è anche Dea del commercio come Mercurio, ma soprattutto è la signora delle fiere selvagge che vivono nella natura incontaminata, dei boschi e delle acque. Il suo attributo principale è la chiave magica. Chiave di cosa? Dello scrigno segreto, che è segreto della natura, della donna e dell'anima.

Spesso compare con figure femminili antropomorfe con artigli o teste equine. Oppure con un velo sulla testa, circondata da animali, e con la suddetta chiave in mano.

Le figure con artigli o zampe d'uccello riporta alle antiche Arpie, o Sirene, metà donne e metà uccello, prima Dee, poi geni protettori, poi demoni alati persecutori. Il patriaracto demonizzò molte immagini divine femminili, poi la Chiesa fece il resto.

DIANA EFESINA
Per capire da dove viene Reitia bisogna partire da molto lontano, dalla babilonese Inanna, chiamata in tanti modi, tra cui Gea, la Terra, dagli antichi greci, la Dea senza marito, colei che ha creato l'universo senza intervento maschile. Gea generò i sette Titani e la figlia anatolica Cibele. Presso i Romani Cibele veniva chiamata Rea e, guarda caso, Rea Silvia è la madre dei gemelli allattati dalla lupa. Ebbene Reitia è la Rea Silvia veneta, e non per nulla compare un lupo nelle sue raffigurazioni e anche la chiave (che è simbolo di Cibele). Dunque si tratta di una unica Dea che ha assunto diversi nomi nel tempo ma che in essenza è sempre la stessa.
Sulle origini dei Veneti, adoratori di Retia o Reitia, narra la leggenda che, dopo la distruzione della città di Troia, una popolazione dell’Asia Minore (secondo Omero, dalla Paflagonia) già alleata ai Troiani abbandonò le proprie terre insieme a un manipolo di alleati guidati da Antenore, verso l’Occidente. Erano i Veneti che Omero chiamava ‘Enetoi’, che dopo aver superato il Mar Adriatico, sbarcarono nell’Italia Nordorientale tra il XIII e il XII secolo a.c. dirigendosi ai Euganei, dove si unirono alla popolazione preesistente (Livio, Storie 1,1). Non ne abbiamo altre notizie fino al II a.c., epoca di cui abbiamo testimonianze archeologiche (lapidi, vasi di bronzo, oggetti di artigianato, situle), nonchè iscrizioni sepolcrali e votive. Sembra fossero grandi allevatori di cavalli di razza (non per nulla la loro Dea a volte ha la testa equina).

Le prime scoperte archeologiche sono del 1876 a Este (due tombe con vasi fittili e bronzei), e in seguito si scoprirono centinaia di tombe nonchè il grande santuario della dea Retia, dove sono stati rinvenuti due oggetti connessi alla scrittura: gli stili scrittori (strumenti per scrivere) e le lamine alfabetiche, nonchè oggetti in bronzo come le situle (vasi a forma di secchio, in una o due lamine di bronzo, ripiegate e congiunte con chiodi ribattuti con l’aggiunta di un’altra lamina per il piede, infine lavorate con la tecnica dello sbalzo, o a stampo e con incisioni) di cui abbiamo un elegante esempio nella situla Benevenuti del tempio d’Este.

I Veneti coltivavano vari cereali tra cui il frumento, e poi fave, fagioli, piselli e ortaggi. Dai cereali ricavavano focacce, spesso addolcite col miele. Inoltre producevano la vite, il vino, il lino e l’olio. Si nutrivano anche di caccia e pesca mentre mangiavano il bestiame solo nelle feste sacre. Tutto ciò sotto l'egida della Grande Dea e delle sue sacrdotesse. Le fonti riportano i culti, oltre alla Dea Retia, all’eroe Diomede, ad Era Argiva e ad Artemide Etolica (Strabone), forse assimilata a Reitia (o Sainate). 

La Dea in veste di guaritrice fu infatti denominata Sainate, cioè “sanante” (nei suoi luoghi di culto sono state trovate figure in bronzo di parti del corpo umano), Dea anche della scrittura, rappresentata con pelli di lupo (quindi anche Dea Lupa), in relazione con l’antichissima dea di Babilonia Inanna, con la dea della caccia greca Artemide (ma anche con Afrodite) e successivamente assimilata alla Rea Silva romana. una delle principali divinità adorate dalle popolazioni Venete in epoca preromana e romana. Tra i santuari a lei dedicati più famosi, il santuario di Este (la romana Ateste), che ha restituito preziosi artefatti votivi a carattere magico-simbolico, rappresentanti la Dea e il suo culto.

Dal III secolo a.c. Romani e Veneti furono uniti contro i Galli invasori, anche quando Annibale scese in Italia attraverso le Alpi, nella II guerra punica. Coi romani vennero poi creati i ‘municipia’, città con amministrazione propria, e fiorirono le lettere e le arti, per tutti il padovano Tito Livio (storico) e il veronese Catullo (poeta). In tutto questo tempo il culto della Dea Retia rimase invariato, visto il rispetto che i Romani avevano verso tutti gli Dei stranieri.

 
SS Trinità

I preti cattolici non son d’accordo con noi: la SS. Trinità è un mistero e stop, quindi adorare e tacere. Macchè, nulla di nuovo sotto al sole: l’antica Atena era detta Trigonia, e Trigoria o Trivia era l’appellativo della Madre Luna, cioè triplice, e potremmo aggiungere le Graie, le Moire, le Grazie, le Argaulie, tutte trinità.

INANNA
L’antica effigie nei sotterranei delle terme di Bath, vicino Londra, è una donna che ha per testa tre lune, è una e trina. Sotto le terme c’è l’antico tempio lunare, da cui sgorga la calda acqua sulfurea, dove sacerdotesse e fedeli s’immergevano come a Lourdes (che del resto era un tempio pagano).

Solo che il santuario spagnolo s’è salvato convertendosi alla Madre Madonna, mentre quello celtico ha dovuto soccombere sotto il business romano: le terme rendono molto più d’un tempio, e se l’acqua è calda si risparmia il combustibile. Sic transit gloria mundi…. e…. l’Anima Mundi.

Però i Romani non demolivano nè le Dee nè il tempio, si limitavano a fare le terme e a chiedere il biglietto. I romani erano pratici e razionali, per questo governarono il mondo, che sotto di loro stette piuttosto bene, mentre peggiorò notevolmente alla caduta dell'impero, annullando scuole, cultura, medicina, chirurgia, astronomia, meccanica, matematica, pittura, scultura, arte musiva, e così via.

In quanto agli Dei più ce n'erano e meglio era. Ma questa tolleranza non venne acquisita dalla Chiesa Cattolica, che fece tabula rasa di templi e di statue. Il più grosso e il più bel patrimonio artistico che l'umanità abbia mai avuto, quello greco-romano, quello i cui miseri resti viene gelosamente conservato sia pure in copie, o sottratto dagli stessi musei per disonestà degli addetti pubblici, o che viene trafugato nel ricco sottosuolo dai privati ancora oggi, fu raso al suolo per il 95% dai cristiani con un'acredine, un lavoro di secoli e una follia integralista degna dei talebani. E talvolta la selvaggia signora era nera, esattamente come molte Madonne esistenti oggi, che si sono annerite, dicono i preti, al fumo delle candele.. e che sono prosciutti?
La Dea Nera era Diana che scompariva nelle grotte, era l'ecate con le quatro braccia come la Dea Kali con la lingua di fuori, ambedue maghe e portatrici di morte, era la Luna Nera tanto temuta si che i romani sotterravano l'altare dei Mani, Signori dei morti, in un oscuro tempio a Campo Marzio. Insomma era la Morte trasformatrice di vita.

La Dea nera nel cattolicesimo non è scomparsa, hai voglia a demolire immagini, a lavare statue, come le mani del Macbeth non vengono mai pulite. L'Europa è piena di Grandi Madri Nere, si calcola siano circa cinquecento, e in Italia poi ne proliferano una sessantina piene di ex-voto, eccone un po':

Madonna Nera Beata Vergine della Tempesta - Tolentino (Macerata)
Madonna Nera Beata Vergine di Castelmonte - Cividale (Udine)
Madonna Nera Beata Vergine di San Luca - Bologna
Madonna Nera Beata Vergine Nicopeja - Venezia
Madonna Nera della Chiesa S. Lucia - Fontechiari (Frosinone)
Madonna Nera della Civita di Itri (Latina)
Madonna Nera della Lettera - Palmi (Reggio Calabria)
Madonna Nera della salute – Santa Maria della salute - Venezia
Madonna Nera del Monserrato - Porto Azzurro - Fosso di Riale (Isola d’Elba)
Madonna Nera del conforto - Santa Francesca Romana - Roma
Madonna Nera del Sacro Monte - Varese (1600)
Madonna Nera del Sacro Monte - Viggiano (Potenza) (500 d.c.)
Madonna Nera del Sacro Monte di Santa Maria Assunta di Serralunga di Crea (portata da oriente da S.Eusebio nel 360 d.c.)
Madonna Nera del Sasso Malesco - Finero (Verbano)
Madonna Nera dei Carbonari - Longobucco (Cosenza)
Madonna Nera di Amalfi (cripta della cattedrale)
Madonna Nera di Cagliari
Madonna Nera di Capocolonna - (Crotone)
Madonna Nera di Carboniano - Gemmano (Rimini)
Madonna Nera di Città di Castello - (Perugia)
Madonna Nera di Fontechiari - (Frosinone)
Madonna Nera di Groscavallo - Santuario di Forno Alpi Graie (Torino)
Madonna Nera di Loreto - Ancona
Madonna Nera di Loreto a Chiavenna (Sondrio);
Madonna Nera di Loreto a Graglia – Biella
Madonna Nera di Loreto a Vallelunga
Madonna Nera di Monte Tranquillo - Pescasseroli (L'Aquila)
Madonna Nera di Montovolo - Santuario dell'Appennino Tosco-Emiliano
Madonna Nera di Pralongo - Treviso
Madonna Nera di Rivoli - Torino
Madonna Nera di Rovereto - Terlizzi – (Bari)
Madonna Nera di sant'Abbondio - Cremona
Madonna Nera di Sampeyre - Cuneo
Madonna Nera di Seminara - Reggio Calabria
Madonna Nera di Rogaro - Tremezzo (Como)
Madonna Nera di Tindari - Messina
Madonna Nera di Trana -Torino
Madonna Nera di Tresivio - Sondrio
Madonna Nera di Pralongo - Treviso
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 1 - Biella
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 2 - Biella
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 3 - Biella
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 4 - Biella
Madonna Nera Maria SS. del Carmine – Napoli
Madonna Nera Maria SS. Della Civita - Itri - Latina
Madonna Nera Maria SS. del Soccorso - Santuario del Soccorso - San Severo (Foggia)
Madonna Nera Maria SS. di Canneto - Santuario di Canneto - Settefrati - (Frosinone)
Madonna Nera Maria SS. di Carpignano Salentino - Lecce
Madonna Nera Maria SS. di Patmos - Rosarno - (Reggio Calabria)
Madonna Nera Maria SS. di Valverde - Tarquinia (Viterbo)
Madonna Nera Maria SS. Incoronata - Santuario dell’Incoronata - Foggia
Madonna Nera Maria SS. la Bruna - Puccianiello (Caserta)
Madonna Nera Nostra Signora delle Grazie - Sori (Genova)
Madonna Nera Nostra Signora di Bonaria - Cagliari
Madonna Nera Nostra Signora di Loreto - Graglia (Biella)
Madonna Nera Nostra Signora di Celle - Trofarello (Torino)
Madonna Nera Nostra Signora di sant'Eusebio in Sanata Maria - Cagliari
Madonna Nera S. Maria Assunta - Positano (Salerno)
Madonna Nera S. Maria Cortelandini detta S. Maria Nera – Lucca



A INANNA

La Signora all'inizio era solo scalfita o incisa, spesso aniconica, sotto forma di un cono, un tumulo, un albero come quello qua sotto che spunta da un vaso tra due grifoni e che rappresenta la Dea Inanna. L'albero, rieditato poi con l'albero della Vita (uno stava pure nel giardino dell'Eden) era d'obbligo per le Dee Madri, specie come albero dai pomi d'oro nel Giardino delle Esperidi cui Ercole frega i pomi (farà le fatiche ma deruba a man bassa), o l'albero sephirotico della kabala ebraica, o l'albero con la fatidica mela, considerato negli antichi miti un frutto sacro che concede vita e giovinezza, ma malefico nell'Antico Testamento, dove la conoscenza porta male.

Inanna è la Dea sumera della fecondità, dell'amore, della bellezza, delle messi, del parto, degli animali, della guerra, insomma di tutto. All'inizio era un'immagine aniconica tra due animali che guardavano alla Dea come unico loro punto di riferimento, poi iniziarono le rappresentazioni con la Dea sempre al centro ma le due fiere guardavano ai lati, come se la visione si fosse ampliata.


Caino e Abele

All'inizio Inanna aveva due corteggiatori, Enkiddu, che coltivava i campi e Dumuzi che pascolava le greggi. Entrambi le avevano portato ricchi doni, ricavati dal loro rispettivo lavoro. Il fratello di Inanna parteggiava per il contadino ma la lana portata da Dumuzi fu più gradita ad Inanna. Così Dumuzi divenne il favorito della Dea che decise di sposarlo, ma temendo per il proprio predominio, il fratello maggiore di Dumuzi si oppose, facendo fuggire Dumuzi per la paura di essere rapito, e mentre fuggiva cadde da una rupe e morì.

Inanna furente per la perdita del promesso sposo istigò tutto il clan enlilita scatenando guerre tra gli dei e tra gli uomini, con enormi lutti e addirittura genocidi.

Non ricorda parecchio Caino e Abele? Anche loro offrirono doni alla divinità, e anche stavolta questa preferisce l'offerta del bestiame (secondo la Bibbia è un agnello). Si dice trattarsi della disputa tra l'allevamento del bestiame e la nuova avanzante agricoltura. Ma i due hanno sempre convissuto fin dall'inizio, e di certo l'allevamento non cessò per la stanzialità. Invece Enkiddi coltivatore fa morire Dumuzi allevatore come Caino coltivatore fa morire Abele allevatore, a meno che non poniamo in opposizione il nomadismo con la stanzialità. 

Di certo molta gente abituata al nomadismo trovò difficile abituarsi alla stanzialità, dove non si mutava la zona, dove le capanne dovevano essere più sostenute e durevoli, dove la caccia assumeva un ruolo inferiore all'agricoltura che dava il cereale per tutto l'anno.

Di certo la cultura del terreno richiedeva un fermo di vari anni che prima non c'era, in tal senso l'agricoltura fece abdicare il nomadismo. In tal senso si potrebbe spiegare l'uccisione del portatore di sacrifici animali. Ci si deve spiegare però perchè la divinità preferisse l'offerta dell'animale a quella dei vegetali. Ma non dimentichiamo che la tradizione fu riferita molto dopo, e che potrebbe essere stata inquinata.


La Discesa Negli Inferi:

Come tutte le antiche Dee più che dei cieli si occupano degli inferi dove debbono scendere per salvare qualcuno, in genere l'amante e/o il figlio:

"Quando Inanna arrivò alle prime porte dell'oltretomba,
Bussò sonoramente,
Gridando con veemenza:
«Apri la porta, custode!
Apri la porta, Neti!
Entrerò solo io!
»
Le chiese Neti, custode sommo del Kur:
«Chi sei?»
Essa rispose:
«Io sono Inanna, la regina del cielo,
Diretta verso Oriente».
Le disse Neti:
«Se tu sei davvero Inanna, la regina del cielo,
Diretta verso Oriente,
Perché il tuo cuore ti ha messo sul cammino
Da cui nessuno mai torna?
»
Rispose Inanna:
«Per... Ereshkigal, mia sorella maggiore.
Gugalanna, suo sposo, Toro del Cielo, è morto.
sono venuta per i riti funebri.
Ora la birra dei suoi riti funebri colmi la coppa.
Così sia fatto
».
Neti parlò:
«Resta qui, Inanna, voglio parlare con la mia regina.
Le porterò il tuo messaggio
».


Inanna Benefattrice Degli Uomini

Nel profondo delle acque dolci viveva Enki, il dio della saggezza, con le sue tavole del destino e gli strumenti magici apportatori di civiltà. Questi suoi tesori li teneva al riparo dall’umanità, ma sua figlia, impietosita dagli esseri primitivi della terra prese la barca e andò a trovare il padre che l'accolse con un gran banchetto. Inanna allora gli versò vino in continuazione finchè, totalmente ebbro, le promise tutto ciò che desiderava.

ARTEMIDE FERONIA
Inanna chiese le tavole del destino (la divinazione) e cento altri strumenti di cultura. Che cosa poteva fare un padre affettuoso se non soddisfare la richiesta della figlia? Inanna imediatamente caricò gli oggetti sulla barca del cielo e salpò per la sua città, Uruk. 

Svegliatosi il giorno dopo dalla sua ebbrezza, Enki ricordò quello che aveva fatto e si pentì. Ma era reso inabile da un mal di testa tanto terribile quanto piacevole era stato il bere la sera prima. Così non poteva seguire la figlia finchè non fosse guarito. Intanto, naturalmente Inanna si era messa al sicuro nel suo regno e neppure i sette trucchi che Enki tentò di mettere in atto riuscirono a fargli recuperare i suoi tesori. 

Queste tavole erano i basamenti su cui si fonda la civilizzazione, un set di leggi universali e immutabili, nonchè di limiti che devono essere osservati da uomini e dei. Esse includevano concetti quali regno, sacerdozio, verità, vestiario, armi, l’arte di fare all’amore, la parola, la musica e la canzone, il potere e l’imbroglio, il viaggio, la scrittura, la paura, il giudizio, la decisionalità, le arti delle donne. Attraverso questo dono Inanna si meritò il suo trono e la protezione della sua città.

Eva tentò di fare la medesima cosa cogliendo il frutto dall'albero della Conoscenza, che però permetteva pure di distinguere il bene dal male, il che sembrerebbe un'ottima cosa, ma il Dio ebraico si inquieta non poco e somiglia tanto a Zeus inviperito perchè Prometeo che ha preso il fuoco dagli Dei per darlo agli uomini. Questi Dei maschili amano poco l'umanità, solo le Dee femminili sembrano sensibili a questa. Ma la femminilità in questo mondo iperrazionale, e quindi irrazionale, sembra oggi scomparsa, visto che la vera femminilità è naturale e selvaggia.

venerdì 26 aprile 2013

LO SPIRITO SANTO.


Anonimo XVI sec.:
La nonna, la madre e la figlia. Quando vedrai un unico volto diventerai immortale.”


LA MENTE... MENTE SULLO SPIRITO

LO SPIRITO SANTO
Non un’astrazione, ma un’aspirazione e un richiamo. Avvertiamo lo Spirito come mancanza, negli istanti di dolore o angoscia, o  per un paesaggio che incanta, o una lirica che prende al cuore. L’arte, la natura, l’amato, sono struggenti richiami alla Mancanza Fondamentale. Ci sentiamo a metà,  separati da Qualcosa. Da qui partono le mistiche di ogni tempo, e la paura che accompagna l'essere umano, nel suo vagare di scimmia nuda sulla  terra. 
Paura del dolore, solitudine, malattia, abbandono e morte. Cerchiamo una mamma che ci ripari, forse non la propria, ma una ideale, dolce e forte. Per alcuni è l’universo, “Iside utero d’oro” declamavano gli egizi, oggi è la Madonna o un equivalente, ma la preghiamo in ginocchio perchè non ci fidiamo, dobbiamo 
commuoverla, perchè in fondo la sentiamo indifferente.

La natura è troppo distante per sentirla madre. La ricerca dello Spirito grida - C’è di più, non è tutto qua, c’è di più! -
C’è dell’altro, ma cosa? Quelli che si dichiarano in contatto con lo Spirito sembrano  zombi. A cominciare dalle religioni e a finire alle mistiche orientali, tutto appare negazione della vita.
- Non abbandonatevi alla distrazione, non abbiate dimestichezza coi piaceri e coi diletti. - ammonisce il Buddha, e subito proviamo disagio. Possibile che tutto ciò che piace sia contrario 
all’evoluzione?

Se la mente tace lo Spirito non parla necessariamente, altrimenti tutti gli yogin dovrebbero essere in contatto con lo Spirito, difficile da credere. Ma se parla la mente lo Spirito tace. Forse la mente che deve tacere è quella che deforma la realtà per realizzare i desideri reconditi, o difendere dalla paura. Non è necessario diventare deficienti per ascoltare lo Spirito, ma deve tacere la mente ossessiva e iperrazionale.

Un esempio: - Mali, male, mala petimus. -  se preghiamo Dio e non esaudisce vuol dire che siamo cattivi, o abbiamo pregato male (non umilmente ecc.) o abbiamo chiesto cose non buone. Insomma, secondo padre Rotondi ( La vocazione cristiana - Rusconi - 80 mi) se Dio non fa la grazia abbiamo sbagliato qualcosa: - E’ segno, è infallibile segno, che l’oggetto della mia richiesta non è un bene per me. Non me ne renderò conto ma è così. E allora, dovrò abbandonarmi fiducioso nelle braccia di DIO, dire “ Nella tua volontà è la nostra pace.” -
Da dove viene questa certezza? Con questo sistema si può giustificare tutto, se il miracolo non avviene, se la preghiera non è esaudita, hai sbagliato qualcosa,  ma non è un soufflé.

Che Dio non si fili i mortali o che Dio non esista nella qualità attribuita non è ammissibile. Ricorda un guru in gonnella che insegnava inconfutabili sistemi di guarigioni miracolose. - Se non guarite la colpa è vostra, - dichiarava spudoratamente - perché vuol dire che non vi abbandonate. - E tutti le credevano, perchè sembrava preferibile un Dio o un guru assurdo a un Dio o guru inesistente.



SPIRITO DI VERITA'

Lo Spirito è verità e non elucubrazioni ossessive, e per la mente è sconosciuto, il Dio Sconosciuto dell’antica Grecia, gli Dei Consenti degli Etruschi, l’Ain degli Ebrei, l'inconoscibile. Per la mente è mistero: ciò che è conoscibile e spiegabile NON E’ SPIRITUALE.

Grosso colpo per la mente, che a chiacchiere ammette il principio, ma a fatti pensa che in fondo un giorno capirà... lasciando intatti gli schemi. Lei è il grande ingannatore e se tentiamo di sfaldare uno schema ne costruisce subito un altro. Nella mente c'è un funzionamento naturale e uno artefatto, per tener buone le paure. 
Castaneda chiama il prodotto della mente artefatta “La descrizione del mondo”, perchè non viviamo il mondo, ma ce lo descriviamo. Non viviamo nel presente,  lo immaginiamo. Facciamo un percorso in autobus o in macchina e ci “risvegliamo” sul posto d’arrivo. Nel percorso, la mente era altrove. Stiamo nel passato o nel futuro, mai nel presente.

P. D. Ouspensky (La quarta via - Ubaldini RM 1974) - L’uomo deve studiare se stesso. Non abbiamo alcun modo per studiarci e possediamo parecchie idee sbagliate su noi stessi. .. Dovete comprendere che parecchie cose attribuite all'esterno, in realtà sono in voi. Prendete ad esempio la paura. La paura è indipendente dalle cose. Se siete in uno stato di paura, potete temere qualsiasi cosa. Ciò accade spesso in casi patologici, vale a dire in uno stato ordinario intensificato. Voi avete paura e scegliete cosa temere.  -

Studiare se stessi è il primo principio di realtà, ma ci studiamo con la mente artefatta, per cui prendiamo lucciole per lanterne, e il mondo esterno lo vediamo a seconda di ciò che abbiamo dentro. Gli orientali dicono che il mondo è maya, o Mara, ma la grande incantatrice che tenta il Buddha, non è il mondo materiale, è il significato che gli diamo e in gran parte ci hanno influenzato. La mente è  ingannatrice e depauperatrice d’energie. Occorrono forza e impegno per tener su questo mondo artificiale, sincerità e falsità non c’entrano, operiamo in buona fede. Il primo risveglio è accorgerci di quante storie ci raccontiamo, su noi e il mondo, per sentirci importanti o per eliminare paure, perchè qualcuno ci ha descritto a sua volta il suo mondo, come altri gli hanno insegnato. Comprendendo l’inganno la mente si pacifica e smette di lavorare follemente, se non deve più sostenere un mondo artificiale il funzionamento minimizza, allora c’è probabilità che lo Spirito si riveli.



LO SPIRITO FEMMINA

Quando i cristiani della scuola di Paolo (san Paolo) cominciarono a propugnare l’unione tra Maria e lo Spirito Santo vi fu uno scandalo. Vangelo di Filippo (I Vangeli Apocrifi - Einaudi - To 69): - Taluni hanno detto che Maria ha concepito dallo Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna?  Maria è la vergine che nessuna forza ha violato. E il Signore non avrebbe detto: "Mio Padre che è nei cieli," se non avesse avuto un altro padre, ma avrebbe semplicemente detto: "Mio Padre. –

Ma la Chiesa non l’ha abbrustolito? Nel Vangelo primordiale il battesimo centralizzava Gesù come figlio di Dio padre e dello Spirito Santo madre. Maria Vergine non era menzionata. Ma era imbarazzante per i maschilisti contemplare di nuovo una Dea Madre, tanto più che la colomba era l'immagine di tute le Grandi Madri, nessuna esclusa.
Alla fine hanno reso maschile lo Spirito Santo e hanno messo in mezzo la Vergine Maria, semplice donna, che a loro dispetto ha assunto grande culto perché la Dea Madre sta nell’animo di ciascuno: come brillantemente intuì Carl Gustav Jung, ella è un archetipo.

Che è un archetipo? E' una necessità non ragionata, se ho bisogno di una Dea Madre la cercherò da ogni parte e non smetterò finchè non l'avrò trovata, oppure mi accontenterò di qualcosa che le somigli. Nonostante l'imperante Cristianesimo tutti non facevano che appellarsi a Diana, da quella Efesina greca a quella adorata nelle campagne italiche in tutto segreto. Insomma non si riusciva ad estirpare dai pagus (villaggi) il culto della Madre Dia, o Dea, o Diana. Non per nulla i cristiani chiamavano i culti degli antichi Dei, con una definizione sprezzante: PAGANI. Come se oggi dicessimo che i cristiani sono villici, o bifolchi ecc.

Anche Origene è sconvolto dall'assenza di una madre: "Se uno accetta il vangelo secondo gli Ebrei, resterà perplesso, giacché, qui lo stesso Salvatore afferma: "Poco fa mia madre, lo Spirito santo, mi prese per uno dei miei capelli e mi trasportò sul grande monte Tabor" (ORIGENE, In Johan., 2, 6 e In Jerem., 15, 4).

Non fa una piega, perchè nel primo cristianesimo si supponeva che lo Spirito Santo fosse femminile, e perchè una femmina ci doveva pur essere per partorire, sia perchè la colomba era stata da sempre il simbolo delle Grandi Madri, da Inanna a Istar, ad Astarte, ad Afrodite e a Venere.

Ma poi ci fu l'epurazione, sia dei Vangeli cosiddetti apocrifi, sia degli stessi Vangeli canonici rimaneggiati a d uso e consumo del maschilismo vigente (allora come oggi).



IL TRIONFO DEL MASCHILISMO 

Allora lo Spirito Santo diventò maschile e venne aggiunta nel primo capitolo di Matteo e di Luca la frase "Un vento calerà su di te e ti coprirà come un'ombra la potenza dell'Altissimo" (Luca 1,35) Del resto anche Giove si faceva vento e pioggia per inseminare le amanti. Anche lo Spirito Santo inseminava ma senza concedere orgasmi.. tante volte le donne si divertissero troppo..
Oops
Per sancire la cosa verso il 300 d.c. Giovanni Crisostomo fece approvare il dogma della verginità di Maria dichiarata anche "post partum" (?...), e i fratelli di Gesù furono dichiarati cugini.

Fu nel Concilio di Nicea del 325, dopo un "vivace" dibattito che costò la pelle ad alcuni partecipanti, che si promulgò la figura di Gesù come Dio incarnato. La figura di Maria ne usciva deificata, ma ciò non faceva piacere al maschilismo sacerdotale, che pur dichiarandola Mater Dei si affrettò a spiegare che, pur essendo la migliore delle donne, anzi l'unica creatura umana nata senza peccato originale (Gesù anche ma era ovvio in qualità di Dio), non era stata divinizzata. Sempre donna era.

Molti preti si dolgono o si chiedono perchè le apparizioni siano sempre mariane, non c'è mai Gesù Cristo e poco i Santi. Ecco la risposta del "grande teologo" H.U. von Balthasar:
- Perché Maria è ancora la "Serva del Signore" e la "Piena di grazia", Colei che rimanda e riporta sempre a Dio. Essendo la perfettamente umile e la pienamente santa, testimonia il suo servizio del Figlio e la potenza salvifica del Dio Redentore. –

- Serva mi raccomando  perché tutte le donne devono essere serve.
- Umile mi raccomando perché tutte le donne devono essere umili.
- Pienamente santa mi raccomando perchè le donne è meglio che siano caste.
La Madonna appare sempre più vinta e avvilita: “Io son l’umile ancella…” ..del Dio maschio dominatore.

La Chiesa fece molte dichiarazioni sulla non-deità della Madonna, con una paura fregata che il culto Mariano superasse il Cristico, così non si sa che roba sia: Dea no, mortale no, perché è assunta in cielo, con anima e corpo. 

Semele, la Dea luna, venne assunta pari pari in cielo con l'anima e col corpo, insomma l'Assunta. Tutto questo pasticcio voleva conciliare il culto della Grande Madre Vergine (di cui Maria prende gli attributi di luna, serpente e rosa) con Maria Vergine e nello stesso tempo promulgare la divinità di solo appannaggio maschile escludendo le donne dal culto.
Gli Dei greci quando assurgevano un mortale lo portavano nella reggia sull’Olimpo e lo rendevano Dio (Ganimede, Semele ecc.). Ma la Madonna dove è stata portata, su un satellite artificiale?

Paolo VI giustificò il maschilismo della chiesa adducendo che Cristo era maschio. Allora è venuto per redimere solo i maschi, e per le femmine non ci vuole una femmina? E per i gay come la mettiamo? La maggior parte delle chiese son dedicate alla Madonna, ma vi dicono messa solo i maschi.



L'UOMO AL DISOPRA DELLA DONNA

Così l'uomo si è posto aldisopra della donna e sopra la natura propugnando un antropocentrismo esasperato. Tutto ciò ha prodotto sacrificio di vite umane, di animali e dell’istinto. Solo l'uomo conta, universo è fatto per lui, quindi tutto è lecito, compresa la vivisezione degli animali. E' una morale a doppio senso, devi amare il tuo prossimo, purchè non sia animale, o donna, o omosessuale, o ateo e magari di altra razza. 

Certo l’impulso va regolato: senza un contenitore, senza regole, non si forgia la volontà e ci lasciamo andare allo stato brado. Il nostro branco è allargato a dismisura e occorre volontà per controllare aggressività e sessualità, ma chissà che non basterebbero ragioni oggettive, anziché scomodar la morale.

Alcuni obiettano che uno se le può scegliere le regole morali, sentirle sue. Chi si ritiene libero dice che ha scelto, e dicono così anche le donne arabe intervistate in TV, a loro piace stare imbacuccate e mutilate al servizio dei maschi: le vie del condizionamento sono infinite, come quelle del Signore Dio Padre. Nessun servo sa di essere servo.



NATURA NATURANS

Comunque l'aforisma di cui sopra allude alla triplice Dea, cioè alla divinità della Natura che non è creata ma creante. Infatti gli esoteristi che parlavano per aforismi onde evitare il rogo, parlavano di una Natura Naturans e di una Natura Naturata, una natura che crea ma viene creata da se stessa. Come dire una natura visibile e una invisibile che erano parte della stessa divinità. Insomma che la natura era divina.

Gli antichi italici la pensavano allo stesso modo e riconoscevano una Mater Matuta e una Mamma Mammosa, dove la Matuta era la parte visibile e quella invisibile era la seconda, chiamata più brevemente Mammona, cioè Grande Mamma.
Ma la Chiesa cattolica disse che Mammona era il diavolo. E ti pareva! Nel linguaggio contemporaneo, il vocabolo viene usato con lo stesso significato nella lingua caldea e siriaca (matmon che significa tesoro sotterraneo) finlandese (mammona), danese (mammon), Ebraica (mamon), norvegese (mammon), polacca (mamona) e tedesca (Mammon), io aggiungerei Mommy che è il termine che gli anglosassoni danno alla madre, e dedurrei che il tesoro nascosto della Terra è lo spirito della Terra, cioè quello della natura. Tanto è vero che quel Matmon divenne Mut nella religione Egizia.

Non si può negare che mamma, mammosa, mammona abbiano in comune le mamme, cioè le mammelle dette in linguaggio arcaico. Il termine mammifero significa infatti "mammae fero" cioè sono portatrice di mammelle, porto mammelle. Ma anche il termine spagnolo matare ha la stessa radice, perchè la Mater Matuta era la madre che dava anche la morte, perchè moriva ella stessa, o almeno parte di lei, tramite le sue creature.



NATURA NATURATA

Già il fatto di dividere la natura in due parti significa aver perduto quella parte di contatto che avevamo con lei. Dobbiamo pensarci per capire che la natura è intelligente, come dovessimo pensare per capire ad esempio che un essere umano è intelligente. Noi capiamo che l'essere umano è intelligente vedendo come si comporta, non altrimenti dovrebbe accadere con la natura.

Dal momento in cui abbiamo scisso la Natura dalla sua Intelligenza noi l'abbiamo in realtà negata, perchè ne abbiamo fatto una cosa morta. Ma non ancora del tutto morta perchè esisteva un percorso segreto misterico che poteva consentire di entrare in contatto con lei.
Dal momento in cui abbiamo staccato dio dalla Natura elle è veramente morta, ovvero è morta quella parte di noi che corrispondeva a lei.

Un esempio: degli scienziati stanno studiando se il comportamento dei pesci di saltare fuori del pelo dell'acqua sia per loro un gioco o corrisponda ad altro. Un bambino guardandoli avrebbe detto: "Guarda come giocano i pesci!" Ma la scienza invece non lo sa perchè lo scienziato ha perso il suo contatto col pesce che è diventato totalmente estraneo a lui, per cui non può capirlo.

Dal momento in cui l'essere umano ha scisso la Natura negandone l'intelligenza e ha creato staccato nei cieli un Dio creatore, l'essere umano ha scisso se stesso. Infatti si è staccato da parte del suo corpo ma soprattutto dall'istinto, fabbricandosi una mente artificiale.




MA LO SPIRITO SANTO CHE PARTE E'?

E' la parte che mancava per costituire la trinita' della Dea Madre. Si può dire che esisteva già come Ruah presso gli ebrei, Mana presso le isole di  MelanesiaPolynesia, e Micronesianel sanscrito il prāṇa, in greco il pneuma.

"Fino al sesto concilio di Costantinopoli del 869 d.c., nella religione cristiana il termine Spirito era mantenuto distinto da Anima e componeva, in senso teologico, una triade con il concetto di corpo fisico, per definire i diversi aspetti dell'entità umana. In quella occasione fu invece stabilita la sola esistenza di due elementi nella costituzione dell'uomo, anima e corpo. Così mentre la Chiesa tentava di mantenere il potere attraverso l'investitura dello Spirito Santo, privava dialetticamente e dogmaticamente l'uomo, dello strumento indispensabile per entrare in relazione diretta con esso, ovvero lo Spirito individuale che rispecchia nell'anima la scintilla divina".
(da "Storia delle religioni antiche". Rudolf Steiner).

Da quando l'uomo ha separato Dio dalla Natura noi concepiamo come elevazione il distacco dalla terra, e come degrado il subirne le necessità. Non a caso gli Ermetisti raccomandavano: "Corporifica lo spirito e spiritualizza il corpo" Su una frase così semplice ci hanno lavorato cervelli molto complicati, per cui gli hanno dato significati banali.

Sulla famosa Porta Magica di Piazza Vittorio Emanuele a Roma sta scritto:

QUI SCIT
COMBVRERE AQVA
ET LAVARE IGNE
FACIT DE TERRA
CAELVM
ET DE CAELO TERRAM
PRETIOSAM
"chi sa 
ardere con l'acqua 
e lavare col fuoco, 
fa della terra
cielo 
e del cielo terra preziosa"

e poi:

SI FECERIS VOLARE
TERRAM SVPER
CAPVT TVVM
EIVS PENNIS
AQVAS TORRENTVM
CONVERTES IN PETRAM
"se farai volare la terra 
sopra la tua testa,
con le sue ali 
l'acque dei torrenti
trasformerai in pietra"

Alla base di ciò sta lo scambio tra cielo e terra, un terribile scambio avvenuto col patriarcato, uno scambio per cui abbiamo creato un alto e basso abusivi, come se in un contenitore dove fosse scritto "alto basso" per non sbagliare la base dell'oggetto, si confondesse questo col senso morale della cosa. Come se la parte alta dell'oggetto fosse buona e nobile, mentre la parte bassa fosse spregevole.

Abbiamo fatto la stessa cosa col nostro corpo e con la nostra terra. Ridargli il giusto senso corrisponderebbe a una visione molto diversa della vita, un cambiamento che non tutti potrebbero sopportare. Per questo che certi messaggi sono in un certo senso misterici, per permettere di capire ma anche permettere di non capire.


ERMETE TRISMEGISTO

"Ciò che è in basso è come ciò che è in alto 
e ciò che è in alto è come ciò che è in basso 
per fare i miracoli della cosa una". 

lunedì 22 aprile 2013

LA GRANDE MADRE - I


* LA DEA PRIMIGENIA

Virgilio - Eneide (preghiera di Enea)

"Madre degli Dei immortali,
Lei prepara un carro veloce, tirato da leoni uccisori di tori:


Lei che maneggia lo scettro sul rinomato bastone,
Lei dai tanti nomi, l'Onorata!


Tu occupasti il Trono Centrale del Cosmo,
e cosi' della Terra, mentre Tu provvedevi a cibi delicati!


Attraverso Te c'è stata portata la razza 

degli essere immortali e mortali!

Grazie a Te, i fiumi e l'intero mare sono governati!
Vai al banchetto, O Altissima! 


Deliziante con tamburi, 
Tamer di tutti, Savia dei Frigi, Compagna di Kronos, 

Figlia d'Urano,l'Antica, Genitrice di Vita, 
Amante Instancabile, Gioconda ...
gratificata con atti di pietà!


Dea generosa dell'Ida, Tu, Madre di Dei,
Che porta la delizia a Dindyma
e nelle città turrite
e nei leoni aggiogati in coppie
ora guidami negli anni a venire!


Dea, rendi questo segno benigno!
Cammina accanto a me con il Tuo passo grazioso!"


Come disse Papa Luciani: “Dio è padre e madre”, ma l'asserzione è caduta nel dimenticatoio (e guarda caso Luciano morì subito dopo). Se Dio è anche madre il femminile non è più al disotto del sacerdozio maschile, questa parità per la Chiesa è bestemmia. Era il preludio a una nuova formazione religiosa, ma, non si sa come, il Papa morì subito dopo. La vendetta divina del Dio Padre? Oppure aveva incontrato un'ostilità più terrena.

Un tempo regnava la Dea Madre ed ora regna il Dio Padre, perchè non tutti e due insieme? Perchè significherebbero pari diritti, nella società e nella chiesa, e nessuna delle due, dominate entrambe dai maschi, lo sopporterebbe.



GRANDE MADRE CALUNNIATA

Ogni degenerazione deriva da una paura, i riti femminili son divenuti cruenti quando è subentrato lo strapotere del maschio, ma erano i maschi a pretenderlo.

Una delle calunnie degli storici è che nel matriarcato si facessero sacrifici umani, pertanto i maschi abbiano posto fine al rito aberrante, dominatori si, ma portatori di civiltà. Si dice che il divino paredro, il re, venisse ucciso ogni cinque anni. A meno d’obbligare uno schiavo (hanno pensato anche questo), difficile che qualcuno s’impalmasse la regina con quelle prospettive, ma soprattutto in guerra il re stava a capo del suo esercito, buon combattente e stratega, e aveva i militari dalla sua. Il lustro, sacro anche ai romani, il quinquennio, era la festa particolare, che anche oggi usa in molti paesi, di riunire gli esuli della terra natia e riconoscersi nella parentela di Terra Madre natìa.

In quel caso il re non era più re, visto che la gente proveniva da altre città con altri re, e nella festa governava la regina come madre terra, e si celebrava un rito di morte e resurrezione officiato da lei. E’ impensabile che la donna sacrifichi i figli, le eccezioni sono aberrazioni, è contrario al suo istinto, mentre è più facile avvenisse ad opera dei maschi. Quante volte i mariti son gelosi dei figli, e non dimentichiamo la differenza fisica tra i sessi, difficile fare soprusi a chi è più forte.

Al contrario l'omicidio era il reato più grande in quanto si uccideva il figlio della Dea, e pertanto il proprio fratello. A roma il sodalizio dei Fratelli Arvali è l'unico che parla di fratellanza, proprio perchè è il retaggio di un culto antichissimo, risalente addirittura alla Dea Dia, se fosse stato un Dio maschio lo avremmo chiamato il Dio "Dio".

Di Eracle che impazzisce e uccide i figli si è scritto del resto che fosse un rito matriarcale di sacrificio, che facce toste, Ercole è patriarcato pieno. Un po’ come dire che non sia Jahvè a decretare la morte dei primogeniti egizi ma un rito matriarcale preesistente.

Emergono dal buio dei millenni le antiche Dee, opulente e senza volto, eterne e imperscrutabili, la Dea domina la Terra e l'odierna speranza dell’uomo di poterla manipolare è illusione, non sa che fa parte di essa, che non è lui l'agente, ma la Natura crea tramite lui, così come fa partorire la donna. Dentro e fuori è lei che domina e il maschio s'è illuso di possederla. Lui, piccolissimo essere tra miliardi dell’universo, è in preda all’esaltazione del pene, diversa dall’esaltazione panica, di Pan che aveva l’euforia per la natura. 

Da una rivista archeologica: - Nella Roccia dell'elefante, (Sardegna prenuragica) le pareti interne sono adornate con protomi taurine stilizzate, come in parecchi monumenti protosardi, simbolo di un Dio venerato per potenza, forza o coraggio. Questo fa ipotizzare che in quell'epoca ci fosse una spiccata predisposizione per tutto ciò che concernesse il mondo dell'occulto e della religiosità, consolidando la tesi secondo la quale i popoli della Sardegna prenuragica erano soliti praticare sacrifici umani. Dagli studi effettuati si suppone che la Domus dell'elefante fosse la tomba di un capo, anche perchè in una località immediatamente vicina a questo storico monumento, nota col nome di Multeddu, è stata reperita un'epigrafe che ricorda un tempio dedicato a Iside, mentre al Museo Sanna di Sassari, è custodita un'importante statua della dea Cerere, ritrovata nella sopracitata località. -

Dunque una predisposizione all’occulto e alla religiosità fa pensare che si compiano sacrifici umani. Bella logica non c’è che dire, e pure le guarnizioni a corna stilizzate fanno pensare a un Dio che domina, alla faccia del buon senso, e alla faccia della Vacca Sacra che fu venerata come Dea Madre in ogni parte del mondo. In più: si suppone sia la tomba di un capo perché vicino hanno trovato segni di un tempio di Iside e una statua di Cerere. Siccome c'è la Dea il capo è un uomo, e dove c'è la statua di un Dio il capo allora sarebbe donna?

I nuraghi, oltre settemila, iniziano nell’età del bronzo e sono costruiti con massi di fin 10 tonnellate. Il nome proviene da sumeronur-aghs, fiamma ardente, perchè in cima si accendeva il fuoco rituale o di segnalazione. Da ogni nuraghe se ne vedevano almeno due creando una rete di comunicazione, il che denota una forte coesione fra le varie tribù, caratteristica mariarcale, perchè nel patriarcato le tribù hanno sempre combattuto fra loro, e si combattono ancora (vedi Africa) in ogni lato della terra.



LA VENERE DI SCHELKLINGEN
La Venere di Hohle Fels è la statuina  paleolitica più antica che si conosca, e trattasi di una cosiddetta Venere, cioè una Grande madre, ritrovata nei pressi di Schelklingen in Germania. È stata datata, inconfutabilmente col metodo del radiocarbonio, a un periodo che va tra i 31.000 ed i 40.000 anni fa, durante la cultura dell'Aurignaziano agli inizi del Paleolitico superiore, l'età delle prime presenze dell'Homo Sapiens (Cro-Magnon) in Europa.

La statuina di circa 6 cm, è scolpita in avorio ricavato da una zanna di mammuth. Rappresenta una figura femminile in cui sono stati evidenziati con enfasi i fianchi, i seni e la pancia e soprattutto la vagina. È stata ritrovata precisamente in una caverna presso Schelklingen, nota come Hohle Fels, durante gli scavi del 2008 effettuati da un team dell'Università di Tubinga capeggiato dal professor Nicholas Conard, che ha descritto la scoperta sulla rivista scientifica Nature.

Si tratta della più antica rappresentazione del corpo umano di età paleolitica (Aurignaziano basale) oggi conosciuta, più antica di circa 5.000 anni rispetto alle altre "veneri" conosciute di età gravettiana.

Con l'Aurignaziano, che seguì il Musteriano, compaiono le punte di zagaglie, punteruoli, spatole e zappe ricavati da ossa e avori, insieme a oggetti ornamentali e decorati, riti funerari e pittura rupestre.

Il primo Aurignaziano compare precocemente nelle regioni mediterranee, mentre in quelle più occidentali e più settentrionali si sviluppa il Castelperroniano, legato ai Neanderthaliani. 
- una fase protoaurignaziana, con ritrovamenti anteriori a 34 000 anni fa, limitati ad alcune regioni;
- una fase classica, con ritrovamenti dell'Aurignaziano antico e dell'Aurignaziano evoluto, che possono essere collocati tra 34 000 e 27 000 anni fa;
- una fase tarda, con ritrovamenti databili tra 27 000 e 20 000 anni fa, in cui si è già sviluppato il Gravettiano.
In tutte le fasi dell'Aurignaziano si incontrano industrie con numerose armature lamellari e microlamellari. In Italia il Protoaurignaziano di tipo mediterraneo compare attorno a 38 mila-37 000 anni fa nel Veneto e in Liguria (Riparo Mochi) e si sviluppa successivamente in queste regioni e nel Sud della Penisola.



LA DEA MADRE DI LESPUGUE

Trattasi di un antichissimo manufatto realizzato in avorio di mammut, alto circa 147 mm, risalente al lontano paleolitico superiore, circa 25.000 anni fa, e rinvenuto nel 1922 dall’archeologo preistorico René de Saint-Périer in una cava nei pressi di Lespugue, ai piedi dei Pirenei nell’Alta Garonna, in Francia. Una delle tante, infinite veneri steatopigiche dalle accentuate caratteristiche femminili, come glutei, fianchi e seni, in netto contrasto con il resto del corpo, rappresentazione preistorica della Dea Madre dispensatrice di vita e di fertilità.

Nella statuetta, con un gioco visivo straordinario in cui i seni ed i glutei sembrano uova ed il triangolo pubico si ripete simbolicamente in basso, dove cosce e gambe ricordano ancora le forme dell’organo femminile, le ginocchia, a forma ovoidale, diventano i seni della figura inferiore, per cui abbiamo una Dea Madre in piedi sotto e una Dea Madre seduta nella parte superiore. Il simbolismo è evidente: la Madre in trono (seduta) è la Dea invisibile, cioè lo spirito invisibile della natura, mentre la Madre in piedi è quella attiva e visibile, cioè la natura che vediamo intorno a noi.

La Dea è dunque seduta su se stessa e il volto non conta, anzi non c'è perchè è "Colei che non può essere guardata", soprattutto che non può essere guardata impunemente.
"Io sono Colei che è, che è sempre stata e sempre sarà, e nessun uomo ha mai alzato il mio velo" Per questo Atteone viene punito per aver osato guardare la Diana nuda, è come la Verità Nuda, che pochi sono in grado di affrontare.



LA VENERE DI BRASSEMPOUY

In francese si chiama "La dame à la capuche", la Signora col cappuccio, denominazione un po' azzardata perchè potrebbe trattarsi di capelli, è parte di una statuetta in avorio risalente al Paleolitico superiore trovata vicino Brassempouy, in Francia nel 1892. Ha un'età stimata di 25.000 anni ed è la più antica rappresentazione realistica di un volto umano mai trovata.Accanto a Brassempouy vi sono due grotte, a 100 m l'una dall'altra, ambedue siti paleolitici, noti come Galerie des Hyènes e Grotte du Pape in cui fu scoperta la testa di cui sopra insieme ad altre 8 figure umane, spesso ignorate perché lavori incompleti. L'ultimo livello della grotta du Pape venne definito "eburneo" per la grande quantità di oggetti in avorio.

Randall White,  ha notato che anche se lo stile utilizzato è essenzialmente realistico, le proporzioni della testa non corrispondono a nessuna popolazione umana attuale o passata. In effetti appartiene al Paleolitico superiore, ed esattamente al Medio gravettiano e quindi ad un intervallo di tempo tra 26.000 e 24.000 anni fa. È più o meno contemporanea con le altre figure di veneri preistoriche come ad esempio quelle di Lespugue, Dolní Věstonice, Willendorf ecc., tuttavia, essa si distingue tra le altre per l'elevato realismo della rappresentazione.

La testina fu scolpita in avorio di mammut, alta 3,65 cm, 2,2 cm profonda e 1,9 larga. Mentre fronte, naso e sopracciglia sono scolpite in rilievo, la bocca è assente. E' una Dea che non parla, un po' come la Dea Romana Tacita, l'interpretazione non è difficile, è una Dea che non dice tutto, che ha dei segreti. Per la Dea Tacita si presuppone avesse una via iniziatica per pochi eletti, insomma i Sacri Misteri, per la Dea col cappuccio forse il mistero era già assodato, la Dea, come la Terra (che poi erano la stessa cosa) era tutto un mistero, che però almeno in parte le sacerdotesse conoscevano.

Sulla testa ha una serie di incisioni a scacchiera, un cappuccio, oppure capelli. Si direbbe un'acconciatura da persona di rango, oppure quel famoso reticolato che accompagnò tutte le antiche Dee successive, un reticolato che fu caratteristico dell'Omphalos mediterraneo, inciso a rete a memoria della pelle del serpente, da sempre il simbolo della Terra e della Dea.



SITO NEOLITICO DI CATAL HUYUK

A parte Lepensky-Vir, in Anatolia (Turchia) c’è il centro neolitico di Catalhóyúk, 6800-5700 a.c., nella regione di Konya, ai margini meridionali della pianura. Il sito, ricostruito lungo una sequenza di 14 livelli stratigrafici che vanno dal 6500 al 5500 a.c. ca., una civiltà di ben 1000 anni, e neanche di questa si accenna nei libri di storia.
Il villaggio occupa una superficie di 600 x 350 m. con case a pianta rettangolare disposte attorno a cortili come villette a schiera, in argilla, con tetti piatti e senza fondamenta in pietra, addossate l'una all'altra; essendo poi di altezze diverse, ci si spostava passando da un tetto ad un altro e per molte case l'ingresso su quest'ultimo era l'unica apertura. 

Ogni casa ha una grande stanza, un magazzino e una cucina. La circolazione e gran parte delle attività domestiche avveniva al livello delle terrazze, favoriti dal clima caldo. L'assenza di aperture verso l'esterno, nonché di porte a livello del terreno, difendeva la comunità dagli animali selvatici e da eventuali incursioni di popolazioni confinanti, evidente segno di conflittualità tra le diverse comunità dell'epoca. L'unica via d'accesso all'intero complesso erano scale che potevano facilmente essere ritirate in caso di pericolo.

I gioielli, le collane di pietra, le conchiglie forate e gli specchi di ossidiana ne testimoniano l'elaborata cultura. Nella stanza principale c'è un divano in pietra, un focolare, dei forni e tracce di tessitura, sulle pareti scene di caccia, tori, occhi, avvoltoi, leopardi, cervi, cinghiali, leoni, orsi, nonchè l'eruzione d'un vulcano, una scena del paese e uomini che cacciano avvoltoi. Su tutto questo domina la figura della Dea Madre con il culto della fecondità. 

Le Dee Madri in terracotta o pietra sono giovinette, partorienti o anziane, spesso unite in Trinità. Una partoriente in terracotta si poggia a due leopardi ai lati, 5750 a.c. Inizialmente gli archeologi non credevano fosse possibile, in questo periodo, l’uso di veri e propri forni per far cuocere l’argilla, rendendola ceramica. Incredibilmente l'immagine è definita come donna partoriente anzichè la Signora delle Belve che partorisce il mondo.

Ogni abitazione era divisa in due stanze. Quella più grande aveva al centro un focolare rotondo ed intorno dei sedili e delle piattaforme elevate per dormire; in un angolo c'era un forno per cuocere il pane. La stanza più piccola era una dispensa per conservare il cibo: tra una casa e l'altra c'erano dei cortili usati come stalle per capre e pecore.

Circa un terzo delle case aveva stanze decorate e arredate apparentemente per scopi cultuali: sulle pareti, infatti, sono state rinvenute pitture e sculture di argilla che raffigurano teste di animali (una specie di bucrani) e divinità (soprattutto femminili, legate al culto domestico della fertilità e della generazione).

Cosa ancor più strabiliante, gli abitanti di Çatalhöyük seppellivano i propri morti, divisi per sesso, sotto il letto. Ma prima di essere sistemati venivano esposti all’aperto in attesa che gli avvoltoi se ne cibassero lasciando unicamente lo scheletro. Il significato è evidente: all'epoca non si aveva paura della morte e pertanto neppure dei morti che diventavano anzi dei numi tutelari dei vivi. Di qui il culto degli antenati.

Avevano tra l'altro una grande produzione ceramica, prima lustrata chiara, poi scura, poi ingubbiata. L'ingubbio nero era un preparato a base di argilla utilizzato per decorare i vasi nel mondo greco antico, qui la tecnica è identica solo che il colore è rosso. Il che dimostra che in periodo matriarcale la produzione di vasi era già svluppatissima. 

Tuttavia la ceramica non è ancora dipinta, come poi accadrà nel neolitico anatolico nonchè un'industria litica piuttosto raffinata soprattutto in ossidiana, la pietra vulcanica vetrosa di cui la regione è ricca e di cui è attestato un intenso commercio locale fin dall'epoca protostorica.
Avevano un'economia agro-pastorale, ma con scelte molto avanzate, come, quella di coltivare frumento invece che orzo e quella di allevare bovini invece che caprini e ovini.

Le imdagini successive hanno ridatato il sito fin dall'8.400 circa a.c., mentre la ceramica risalirebbe al 7000 circa a.c. con produzione locale addirittura da casa a casa, cioè ogni congregazione produceva per sè. All'inizio serviva per contenere o conservare i cibi e l'acqua mentre dal 6500 veniva usata per cuocere i cibi. C'era anche una produzioni di statuette sacre.
Ogni nucleo di casa conteneva dai 5 ai 10 abitanti e non c'è traccia di gerarchia o comando. Sia i mattoni crudi per i pavimenti che l'imbiancatura delle pareti avevano una manutenzione continua, si che l'imbiancatura giungeva ad essere ricoperta fino a 100 volte in un anno.

Sembra che la sepoltura a inumazione dei morti non avesse distinzioni di sesso per il corredo funerario, avendo asce e punte di freccia in entrambi, il che significa che le donne all'epoca si difendevano e non stavano dietro i mariti aspettando la morte, ma pure perline e monili e specchi per entrambi i sessi. La maggiore abbondanza di oggetti di accompagnamento non riguarda una distinzione di rango tra adulti, bensì di età, perchè i bambini hanno molti più oggetti degli adulti. Il che non solo è evoluto, ma conferma la matriarcalità dell'epoca.
Nel patrircato infatti contavano più gli uomini delle donne, più i padri dei figli, e più il fratello maggiore del fratello minore.



LA VENERE DI WILLENDORF

E' una statuetta di 11 cm d'altezza raffigurante una donna scolpita in pietra calcarea oolitica dipinta con ocra rossa con un fisico femminile steatopigico. Si tratta di una delle più famose statuette paleolitiche,
fu rinvenuta nel 1908 dall'archeologo Josef Szombathy, in un sito archeologico del paleolitico, presso Willendorf, in Austria.

La statuetta venne realizzata da 25.000 a 26.000 anni fa con seno vulva e glutei molto pronunciati come in tutte le antiche Dee Madri che in genere, come lei, sono prive di volto, con i capelli che le avvolgono tutta la testa e con le braccia sottili congiunte sul seno, in uno stato di riposo e tranquillità.

Ed ecco le reazioni degli studiosi (di alcuni fortunatamente)
  • Il nomignolo "venere", attribuito alla statuetta all'epoca della scoperta, è stato recentemente oggetto di qualche critica. Christopher Witcombe ha osservato: "l'identificazione ironica di questa figura con Venere era volta a compiacere alcune assunzioni dell'epoca circa i primitivi, le donne, e il gusto". 
  • C'è anche una certa riluttanza a identificare il soggetto della statua con la dea Madre Terra della cultura del paleolitico europeo. 
  • Alcuni suggeriscono che, in una società di cacciatori e raccoglitori, la corpulenza e l'ovvia fertilità della donna potrebbero rappresentare un elevato status sociale, sicurezza e successo.
  • I piedi non sono fatti in modo tale da consentire alla statuetta di stare in piedi. Si è perciò speculato che potesse trattarsi di un oggetto da tenere in mano. Alcuni archeologi la interpretano come un amuleto portafortuna. 
  • Alcuni autori ritengono che questa statuetta, come le altre di questo genere, si possa interpretare come una specie di ex voto, sempre legato al rito della fertilità.
Dopo la Venere di Willendorf, sono state rinvenute tante ma tante altre statuette di questo genere, dette le "veneri paleolitiche". Il che dimostra trattarsi della Dea, non di ritratti, non un ex voto ma la Dea che era anche un amuleto come oggi portare al collo una catenina con la croce può essere un amuleto.

La Dea è pingue, prolifica e gonfia di latte, non le sono stati rappresentati i piedi anche perchè non deve stare in piedi, così piccolo doveva essere un oggetto di culto portatile, ma come in ogni Grande Madre ella non ha volto, coperto più da un vello ricciuto che da una capigliatura, il che riporta anche alla sua natura animale e ferina.
Realizzata intagliando un frammento di roccia calcarea con attrezzi di pietra, venne poi colorata con una tintura a base di ocra rossa.
Sulla testa, leggermente inclinata in avanti, è scolpito in modo accurato un copricapo di capelli formato da 7 file concentriche.


"Mai mi sarei aspettata di trovarmi sola, in una piccola cameretta buia insieme a qualcosa di incredibilmente potente ed emozionante, che qualcuno ha scolpito nella pietra circa 30.000 anni fa. La Venere di Willendorf. Mi sono sentita al cospetto di una energia antica e forte, dal vivo è piccolissima, ma comunque imponente.
Mi ha ricordato i giorni in cui ho scoperto il lavoro di Marija Gimbutas, una archeologa che non viene studiata nei libri di storia, nemmeno all'università, censurata per le sue scoperte che mettono in luce la possibilità dell'esistenza di l'esistenza di una civiltà pacifica nella storia dell'umanità: nei siti archeologici che ha studiato, non sono state trovate armi, recinzioni, figure maschili, ma soltanto tante rappresentazioni della femminilità che lei ha chiamato "le Dee" e di animali. Civiltà che è stata poi spazzata via dalle popolazioni maschiliste e guerrafondaie delle cui gesta sono pieni i libri di storia, che ci propongono la storia dell'umanità come un elenco infinito di guerre. L'interesse è proprio che si continui così
."


Marija Gimbutas:

- Negli ultimi dieci anni la mia ricerca ha preso una nuova direzione – o meglio si è fatta più radicale, nel senso che ha puntato decisamente alla ricerca delle radici, storiche e mitologiche, della nostra comune storia di oppressione.
Per cercare quell’indistinto Prima del patriarcato, da cui a un certo punto dello sviluppo dell’umanità la fonte originaria è stata cancellata e nascosta.



Patriarcato che per le donne è stato sinonimo di negazione di valore, cancellazione di memoria, cittadinanza di seconda classe e, particolare di non lievi conseguenze, espulsione dal sacro – inteso sia come ruolo attivo all’interno delle religioni che come ruolo simbolico e cosmogonico a livello di Storie di creazione.
Questa radicalità comportava in primis interrogarsi sugli effetti della 
mancanza di un “divino femminile” sulla psiche più profonda delle donne, 
quindi sulle nostre identità e sul senso delle nostre vite. Comportava chiedersi se fosse stato sempre così.
E viceversa chiedersi cosa potrebbe invece significare e aver significato per le donne portare dentro di sé un’immagine divina femminile. Quali creatività, risorse, speranze potrebbe dare la riscoperta del sacro dentro ogni donna. In un suo verso molto triste, Adrienne Rich constata che “la donna di cui ho bisogno come madre non è ancora nata”
Ma è sempre stato così o è stato solo da un certo punto in poi nella Storia che le donne hanno conosciuto la perdita disastrosa del vedersi sbarrata, preclusa, impedita nella maniera più radicale la ricerca di un’immagine di sé divina? Che solo da un certo punto in poi si sono piegate davanti all’ingiunzione di farsi subordinate all’uomo per volontà divina?
Il divieto di un accesso diretto, non mediato dalla figura maschile nelle donne si è configurato come uno smarrimento, nell’accezione infinita di questo termine. Che continua a manifestarsi come una proibizione profonda, reiterata, costata sangue stupri e morte, e finalmente interiorizzata.
Se essere femministe vuol dire non essere d'accordo con la costruzione del mondo che ci troviamo a ereditare - perché priva dell'esperienza femminile del mondo - questo non può non riferirsi anche alla dimensione e all'esperienza dello spirito, che è regolata (proprio nel senso che vengono date precise regole su ciò che si deve o no credere, pensare, provare, fare) dalle religioni.
Insomma, quasi un ricominciare da capo con la “presa di coscienza” in un terreno ancora non esplorato, ma accantonato per reazione.

In questa ricerca, che in me si è configurata da subito sia come ricerca della spiritualità femminile che come ricerca a ritroso nel tempo e in altre culture nelle dimensione storica, l’incontro con Marija Gimbutas ha avuto l’effetto insieme destabilizzante e potentemente energetico dell’irruzione del rimosso.
Gimbutas aveva condotto le sue campagne di scavi proprio a partire dal 1968 – in qualche modo dunque anche il suo lavoro e le sue sconvolgenti e dissacratorie intuizioni fanno parte di quello stesso momento storico che si è manifestato come emergere di bisogni, memorie e desideri non più contenibili dal patriarcato e dal capitale.
Noi oggi abbiamo la possibilità di conoscere Gimbutas attraverso la visione di materiali autentici che riguardano sia la sua vita che il suo lavoro. Grazie al film Signs out of time, che è stato realizzato – attraverso l’autofinanziamento - da un gruppo di amiche e compagne di strada di Marija Gimbutas, per ricordarla a dieci anni dalla sua morte. Un altro gruppo di donne, dell’Associazione bolognese Armonie, che ha realizzato negli ultimi anni due grandi convegni sulle tematiche e gli studi attinenti al tema della “Dea”, lo ha sottotitolato quasi artigianalmente.
Ricostruisce la personalità di Marija Gimbutas e il suo lavoro di una vita, tutta dedicata allo studio dell’Antica Europa, e che ha provocato un vero e proprio terremoto – ancora oggi non da tutti accettato (per esempio, nei libri di scuola, che continuano imperterriti con le storie di sempre sulle nostre origini). -


"La donna si danna per nascondere il danno" dicevano le nostre nonne.

venerdì 19 aprile 2013

MITO DI PERSEO

PERSEO DEL CELLINI

Louis Cattiaux:
Il ronzio e i sopori dei chiostri sono da temere quanto le tentazioni del mondo.”



LA PROFEZIA

D’inverno le giovani sacerdotesse alimentavano il fuoco nel tempio, l’aria gelava le mani e l’alito usciva con uno sbuffo bianco che le faceva ridere, ridevano per un nulla, e si davano spinte sfiorandosi coi capelli. A volte cadeva un insolito silenzio, come se il vento sussurrasse i misteri del mondo, e all’improvviso erano serie, coi volti in attesa.

- Noi, le sacerdotesse adulte, sapevamo perché. In quei giorni recitavamo le Novene del Vento del Nord, e qualcuna riceveva il vento nel sogno, e le mostrava il mondo com’era. Così ci sedevamo sul tripode e parlavamo per oracoli, davamo indicazioni, consigli, medicine, e la pace a chi soffre.

- Nel paese lo chiamavano il nono mese della Dea, quando la Madre gravida apriva la strada ai vivi e ai morti per l’eterno ciclo della vita. Per tutti era il mese dei morti, per noi era la Porta del Vento del Nord, che parla più chiaro in luna piena, e si spegne in luna nuova con una pace profonda. Ponevamo le domande degli uomini sotto al cuscino delle più giovani, e accadeva talvolta che fosse una delle piccole a sognare la risposta, allora capivamo che sarebbe stata una sacerdotessa, perché la Madre era in contatto con lei: la figlia del vento. -

Poi venne Perseo, e gli uomini dissero che le sacerdotesse vaneggiavano, e il fatto che tenessero i serpenti ai piedi della Dea non portava nulla di buono, e che la Dea dei serpenti era una strega.



PERSEO

- Perseo, splendido e puro eroe, tu sei ciò che è più nobile sulla terra, quello da salvare perchè salva il mondo, il figlio che non rinnega la madre per essere virile, e non trova che la donna debba essere sacrificata per stare in pace. Tu non vuoi la piatta e insulsa quiete dell’anima, tu vai oltre e affronti la guerra, proprio tu, giovane eroe designato, eterno viandante come Ulisse, che supera le colonne d’Ercole, o come Sansone, che abbatte le colonne del Tempio.

- Combatti per superare i limiti che t’incatenano e accecano come sansone, e traversi il mare per regioni inesplorate, come Ulisse, e come loro ci lascerai la vita, o l’anima, perché le colonne biunivoche, bianca e nera nel tempio massonico, colombe e corvi nella Porta Magica di Piazza Vittorio a Roma, sono i parametri del bene e del male che ci lacerano e proteggono, magari separati da noi stessi, ma immortali.

- L’albero del bene e del male deve essere superato, per giungere a quello multicolore della vita, guardato dalle spade fiammeggianti dei cherubini senza sesso. -

- Come Edipo sei destinato a uccidere il re padre (per altri lo zio), destino ancora una volta deciso dall’oracolo fatale, ma non ti giaci incestuosamente con la madre, bensì vai a liberarla. -



IL MITO 

Narra la leggenda che ad Acrisio fosse predetta la morte ad opera del nipote, ma A-crisio (=senza oro) è uomo a metà, senza l’oro della coscienza, per cui rifiuta di morire. Vuole essere immortale e tenta, come Laio, di deviare il fato. Non comprende che la morte fatale non è umana ma divina, che è morte e inizio insieme, che è morte-iniziatica, fine e inizio del nuovo ciclo.
Così tradisce il fato, che non può essere tradito, ma solo scaduto di livello. Come Laio, per non accettare la morte voluta dal fato incorre nella rovina. La sua unica figlia, Danae, è stata l’amante del fratello gemello, (era l'epoca in cui gli zii si facevano senza scandalo le nipoti, il che la dice lunga) eppure non ha partorito. Un oracolo ha predetto che il figlio di Danae l'avrebbe tolto dal mondo dei vivi.

Il re potrebbe allevare con amore l'eventuale nipote, e di fronte all’amore anche il fato piega la testa, e se non la piega lui è importante che non la pieghiamo noi. Una madre avrebbe sfidato il fato per amore della figlia: Demetra docet. Acrisio invece rinchiude Danae nella torre dalle porte di bronzo, guardata da ferocissimi cani, affinchè non possa accoppiarsi, e generare un figlio che l’ucciderebbe.

Ma cos’è una porta metallica per il potente Zeus, il grande inseminatore? Si trasforma in pioggia d’oro e ingravida la non più vergine Danae. Non ricorda Rea Silvia imprigionata e stuprata da Marte? Si vede che non sapevano inventare cose nuove, o che l'avevano per vizio, lo stupro, e pure la mania di chiudere le fanciulle nelle torri. O erano torri esse stesse… Turris eburnea… Rea però era vergine, perché i Romani erano più bacchettoni degli antichi greci.

Turris eburnea è appellativo della Madonna, e c’è pure il detto: chiudersi in una torre d'avorio, che ha a che vedere con la Dea Cattolica? Vuoi vedere che si riaffaccia il candido disco notturno della Mater Deorum? Solo che anziché andare nelle grotte va nella torre, e non ci va… ma ce l’hanno messa gli uomini.

Poiché gli Dei non falliscono un colpo, Danae partorisce Perseo e Acrisio è sempre più spaventato, Zeus o non Zeus l’oracolo è stato chiaro, ma si tratta della figlia, e farla fuori pare brutto. Allora la pone col figlio in un’arca e la getta in mare, com’è buono lui, ma i due navigano meglio d’una ciurma di marinai.

Anche questo era un vizio: Noè, Mosè, Romolo e Remo, Osiride, Krishna, tutti “salvati dalle acque”. Salvati perchè ci erano stati buttati, e perchè avevano avuto fortuna. Che abbia un significato anche questo? Forse si, ma secondo l’alchimia dalle acque non ci si deve salvare. Si devono traversare, anche se sono “acque corrosive”. Cosa corrodono non lo dice, magari tutte le impalcature che la mente si costruisce.

Giungono su un’isola e chi li trova non vuole rogne e non se li tiene ma li spedisce al fratello re Polidette. Sembra che Danae, che pure ha i suoi annetti, sia ancora sulla cresta dell’onda, perché il re Polidette la vuole sposare, ma lei fa la difficile. Si deve capire, dopo quel bonazzo di Zeus non si accontenta.

Il sovrano affronta un ostacolo alla volta, intanto cerca di sbarazzarsi del giovane Perseo, che come tutti i figli è geloso della mamma, e lo manda in missione. Una cosina da niente, deve portargli la testa della Medusa, e lui sposerà un’altra restituendogli la madre. In quanto al consenso di Danae, Polidette non ne ha bisogno, gli Dei sono di esempio, dove sta scritto che per farsi una donna occorra il suo benestare?

Perseo abbocca, in fondo se Zeus è suo padre l’aiuterà, sempre che la madre non gli abbia contato balle. Ma della madre si fida. Si sa che gli Dei non sono cortesi con le amanti, ne fanno alberi, rocce, fontane, ragni e schifezze varie, se va meglio le appiccicano in cielo come stelle, ma per i figli maschi hanno riguardo. Infatti Perseo è servito di tutto punto: scudo a specchio, elmo che lo rende invisibile, falcetto, sacca, e un calzare alato di Hermes. Diciamola tutta, di suo non ci ha messo granchè.

E' vero che la Gorgone pietrificava, che ha dovuto camminare all’indietro e guardare nello specchio per decapitarla, ma non lo facciamo continuamente coll'auto a marcia indietro nei divieti di transito? C’erano le sorelle della Gorgone altrettanto temibili, però volava e non faceva rumore, era invisibile, insomma l’uccide senza un graffio.

Facile, l’avrebbe potuto fare il garzone del fornaio, fosse stato figlio di Zeus.... Poi ficca la testa nella sacca e ci ammazza un po’ di gente che gli dà fastidio, di più, ci prende gusto e fa una carneficina, finchè Atena scocciata non la richiede così la smette di far danni. E si che come Dea della guerra non è tanto tenera.



MRDUSA
Coro di Perseo:

Nell’orrido sotterraneo,
colonne torte come serpi,
mura umide e corrose,
gemiti soffocati,
o è il sibilo vento,
nelle volte del tempio.
Un lucore di squame,
come lame affilate,
rivoli di bava sulle rocce.
C’è un miasma putrido, una nebbia
che sa di malvagità e di morte.
Per la prima volta Perseo
conosce la paura, e dispera.


Perseo:

Il giovane eroe avanza volando lentamente, molto lentamente, all’indietro, sul terreno viscido, attento a non urtare qualcosa o qualcuno che possa avvertire la sua presenza. Respira appena, le pupille dilatate dal terrore, scruta nello specchio di bronzo, le dita strette al falcetto d’argento e i capelli biondi sudati. Deve essere vicino, perché scorge le statue pietrificate degli eroi, e i volti attoniti. Il terreno è scuro di sangue e pezzi d’ossa sbucano dal suolo melmoso, forse la Gorgone divora le sue vittime. Per farsi coraggio invoca la madre adorata, la migliore delle madri, la più tenera delle madri, che lo ama più della vita stessa, e nessuno l’amerà mai come lei.


Coro di Danae:

Figlio del Sole e della Luna,
adorato figlio, ti seguo col cuore
nell’oscura profondità della paura;
sei solo, e non mi senti, ma sono con te.
Non perderti nel buio Mondo delle Madri,
sii sincero con te stesso,
conserva lo spirito vigile
e nulla potrà toccarti.
Hai scelto la strada più dura,
la più vera, che pochi uomini osano.
Colpisci e non guardarti indietro,
ma osserva il falcetto d’argento,
esso suggerirà il modo.
Sii come il sole a mezzogiorno,
fisso nel cielo come l'astro lucente. -


Perseo:

Il figlio di Danae vede appena nella nebbia verdastra; sullo specchio ambrato scorge serpi sul terreno, ombre sui muri, occhi senza pupilla, pozze d’acqua fumante e teste mozze. Non ha paura di battersi, è un eroe e sa rischiare la vita. La madre ha detto che ha sangue divino, e sua madre non mente mai. Ma lì i mostri sono inafferrabili, fantasmi che mutano forma, si dissolvono e riappaiono. Lo sfiorano artigli, cadaveri sfigurati, mani scheletriche, e il cuore batte all’impazzata. Finalmente scorge la Medusa: serpi velenosi sul capo, lingua come fiamma avida, occhi senza iride, corpo da rettile. I passi rallentano, guarda attento a non toccar la terra, non un rumore che metta all’erta le mostruose sorelle, antichissime Dee, nate prima dello stesso Zeus.


Coro delle Gorgoni:

Tre sorelle tre lune, se non ci osservi non vivi, e se ci osservi muori.
Tre sorelle, tre Augralidi, alito ardente del Drago.
Tre sorelle, tre Parche, regine del sole che nasce, che cresce e che muore.
Tre sorelle, tre Graie, necessarie e fatali, madri degli esseri senzienti.
Tre sorelle, tre Moire, respiro dell’universo immutabile,
Tre sorelle tre Norne, barca lunare degli eroi che accettano la morte,
Calderone confuso dei non-viventi, che rifiutano la morte.
Tripode sacro della sacerdotessa oracolante,
Antro delle ninfe ove si giocano sorti e mutamenti,
Iniziatrici del Sacro Mistero di vita e morte, per l’eternità.
Tre sorelle, tre Gorgoni, incubo dei sogni e sveglia dell’alba,
Noi siamo TRE, eppure UNA, eterna luna del mondo occulto.


Zeus:

Il Dio degli Immortali, dall’alto dell’Olimpo, osserva l’eroe solare, bello come un dio, leale e generoso, il più bello tra gli uomini, e ripensa all'incontro con Danae la splendida, chiusa nel bozzolo della fredda torre. Ne ricorda le chiome sparse, bionde come grano maturo, il volto pallido che non vede il sole, gli occhi d'acquamarina, disperati nella solitudine.

Riversa sul letto dorme sonni inquieti, la veste bianca ondeggia sul candido seno, le mani afferrano il lenzuolo, e le labbra piene mormorano parole confuse. Vittima innocente d’un antico oracolo, condannata senza processo, capro espiatorio dell’iniquità degli uomini, perla eternamente racchiusa nelle valve della torre ove non penetra luce, trasale al ringhiare dei cani.
Zeus si commuove, per una volta, e sente l’aura divina, di fuoco accecante, sciogliersi come neve al sole. Che trasformazione è mai quella? Non è estraneo alle metamorfosi, ma quel mutamento non ha forma: uno scioglimento languido, una tensione che slabbra, un movimento che si dispiega e svanisce, un lungo pianto d’amore.
Zeus si fa acqua, goccia a goccia si fa pioggia, e il creato si ferma, sospeso all’incanto. La luce del sole è più bianca, le nuvole immote, il vento tace. Una pioggia dorata penetra nella torre, pagliuzze d’oro sulle pareti scure d’umidità e muffa. Lavano la pietra impolverata dal tempo, scivolano su Danae, inzuppano la veste disegnandone le belle forme, bagnano il viso, le labbra, gli occhi socchiusi, e il grembo. Danae dorme, ma le mani non stringono più il lenzuolo, il respiro è più lungo, e le morbide labbra non tremano più, piegate in estatico sorriso. Finalmente conosce la pace.

- Tre sorelle e tre lune, se non ci osservi non vivi, e se ci osservi muori. -


Perseo:

Il figlio di Zeus ha paura, la mano irrigidita sullo specchio da cui l’antica Gorgone lo fissa cupa, e la mano che stringe il falcetto è fredda come la morte. Ogni passo l’ha indebolito, riportato al passato, e l’anima sua è d’un bimbo smarrito. Invoca la madre, è fragile e solo. L’aria si muove lenta come olio, e la luce delle fiaccole evoca miraggi. Per un attimo guizza un filo lucente tra lui e la Gorgone, ora le è vicino, non ha più corpo di rettile, ma una gamba disossata sul terreno, e un’altra flette nell’aria, e braccia snodate come serpi. Gambe e braccia girano come una ruota infinita, l'antica ruota del divenire, finchè dalla carne flaccida e retinosa vede colare sangue: il mestruo della Dea!

- Tre sorelle e tre lune, se non ci osservi non vivi, e se ci osservi muori. -

GORGONE
Perseo è annientato, sta per urlare, quel sangue è il suo sangue, qualcosa dentro si spacca, e non potrà ricomporlo mai più. Vede il filo d’argentea bava che lo lega a Medusa, e non lo sopporta. Lo specchio ha un guizzo, scivolano le mani sudate, qualcosa gli dice che deve recidere il legame, ma è troppo giovane, si sentirebbe troppo solo.

Per misteriose ragioni la Gorgone è legata a sua madre, recidere il filo è staccarsi da lei. Perseo stringe i denti e chiama a raccolta le ultime forze. Senza guardare vibra il falcetto d’argento, e la testa cade giù, come una vite tagliata. Il resto è sogno: afferra un serpe che s’agita sul capo mozzo e trascina la testa nella sacca. Può voltarsi, e sorvola veloce il sotterraneo.

Finalmente rivede la luce del sole, ora il petto ansima, sente di nuovo il corpo e il sangue che scorre veloce, a lenire fatica e paura. Ora la testa della Gorgone è un’arma, con essa vince i nemici, uccide il re e libera la madre.

- Tre sorelle e tre lune, se non ci osservi non vivi, e se ci osservi muori. -

- Atena, dunque - scrive Luciano - sullo scudo risplendente
come su uno specchio, gli fa vedere l’immagine
di Medusa, e lui allora, presala con la sinistra per i capelli,
con l’occhio fisso alla sua immagine, tenendo nella destra la scimitarra,
gli tagliò la testa, e prima che si svegliassero le sorelle, se ne volò via
. -


Coro di Danae:

- Splendido figlio, il più bello sotto al sole, da quando Zeus si fece acqua per me,
conosco i segreti della terra e del cielo. Ero con te nell’antro buio, ma non mi hai vista;
il falcetto lunare delle antiche sacerdotesse, l’antico potatore, luccicava come acqua alla luna,
ma non l’hai visto, intento alla Gorgone. Il filo d’argento non è stato reciso,
il legame antico è ancora intatto, hai tagliato la testa della Medusa,
ma il legame non s’è scisso. La porti con te come fardello di pene,
fiero e glorioso della vittoria, ma il peso ti stronca il cuore.
Non ti resta che odiarla, Figlio stupendo, dipendi in tutto da lei. -


- Tre sorelle e tre lune, se non ci osservi non vivi, e se ci osservi muori. -

Perseo:

Ora è libero, è un eroe, ed è re. Dal sangue della Medusa è uscito il Pegaso, il favoloso cavallo lunare che lo sottrae alle battaglie e alla morte. Ora vola come vuole, ma quando tocca terra il peso della Gorgone l’immobilizza.


Coro di Atena:

- Fiero e mortale eroe,
coraggioso fanciullo di stirpe divina.
Non hai ultimato il compito
e l’anima tua ne soffre,
gravata da un peso ignoto.
Ti solleverò da quel peso,
dà a me la Gorgone e vola
con la fantasia dove il cuore ti porta. -


- Tre sorelle e tre lune, se non ci osservi non vivi, e se ci osservi muori. -

Perseo ha restituito i doni, non ha più il sandalo per volare, il sandalo di Hermes, divino messaggero, tramite fra umani e Dei, però ha Pegaso che non lo porta agli Dei ma sulle nuvole. Ha perso lo scudo che era il suo specchio, e non vede più se stesso, ma pensa che può farsi guardare dagli uomini. Prima vi leggeva paura e fragilità, ora può nasconderle. Non ha più l’elmo dell’invisibilità, ed ora tutti l’osservano e quell’essere visto è il suo orgoglio e la sua prigione: d’ora in poi sarà quel che altri v
edono. Ha perso la sacca che l’ancorava a terra, il cadavere occulto che trascinava, l’ha dato a Minerva e si è fuso col suo petto generoso di Grande Vergine Madre. Non distingue più se stesso.

- Tre sorelle e tre lune, se non ci osservi non vivi, e se ci osservi muori. -



CONTRO IL MITO

Le lune sono tre: Danae, Gorgone, Atena. Danae che dà la vita, Gorgone la toglie e Atena indica la via attraverso la vita. La Grande iniziatrice è la vita, se sappiamo seguirla. Perseo non ha reciso il legame con la Grande Madre, perché vi ha scorto sua madre. La Dea non gli ha mostrato il suo aspetto benevolo come ad Apuleio, e le ha mozzato il capo.

PERSEO DEL CANOVA
Ne ha perso la consapevolezza, ma è dentro di lui, più forte di prima. L’eroe uccide i serpenti, le sacerdotesse li gestivano. Uccide la madre serpente, e non s’accorge d’essere parte di lei. Eva che è donna ascolta il serpente, Perseo l’ammazza e perde il femminile. E' un eroe, ma è ancora figlio, non ha capito che Danae, Gorgone e Atena erano tutt’uno. Non ha capito che il falcetto d’argento dell’antiche sacerdotesse tagliavano il cordone ombelicale dei nuovi nati, e dei morti dai legami del mondo. Si può uscire e rientrare nell’utero materno senza accorgersene, oppure tagliare il cordone e cessare d’essere figli.
Perseo non ha riconosciuto la Grande Madre, ne ha colto un aspetto e l'ha negato, e per mantenere la negazione chiederà amore di madre a tutte le donne. Di fronte alla morte s’è spaventato, la morte che ha affrontato in battaglia o che affronterà non gli fa paura, perché si crede immortale, ma la Gorgone è la morte stessa, e non può essere elusa. Le sacerdotesse erano tutt’uno con la luna, reciso il cordone erano la luna stessa e aiutavano gli altri a tagliare il loro.

Perseo ha tagliato la testa alla Medusa, alla Dea dei serpenti, antica Dea Astrale, l’Astarte, la Kalì, e la porta di Avalon s’è chiusa, la magia è finita, nessuno sa di quel mondo. Ha osato penetrare gli inferi ma ha mancato il contatto. Avrebbe affrontato tutto, meno che la morte della mente.

Ora gli uomini si credono immortali, e per questo hanno costruito monumenti eterni, o imbalsamato cadaveri come non fossero morti, o fanno grattacieli che sfidano le nuvole, o accumulano ricchezze, convinti che obbedendo al Dio Padre otterranno una squallida immortalità in un mondo promesso e mai intravisto.
Atena però ha l’egida di Medusa sul petto, e avverte i mortali che l’albero della vita sta là, nel cuore della Dea Madre che dà vita e morte. Ora anche le donne hanno bisogno del falcetto lunare per recidere il cordone, da quando non sono più lune, ma il cordone è con l'uomo.
In Massoneria si dice che le donne sono interdette perché hanno un’iniziazione naturale: è un modo per escluderle, (e fanno pure bene) o peggio di creare un sottoprodotto femminile gestito da loro e Iniziato da loro (le Stelle d’Oriente che somigliano tanto alle Dame di S. Vincenzo).
La donna libera non ha bisogno d’iniziazione, è già in contatto col profondo. Oggi però la donna è mentalizzata, ma non può essere il maschio a iniziarla, perché delle cose del profondo sa meno di lei.

- Zeus, Dio eterno degli eterni Dei, eri poi così cattivo? Ce l’avevi tanto con le donne? Si e no, perché spodestata la Grande Madre, la Vergine, la Grande Prostituta, hai capito che senza proliferazione non c’è vita, e sei diventato il grande accoppiatore, il Divino Prostituto, per questo ti dai tanto da fare. Per il maschio accoppiarsi più facile, tanto non ci mette l'anima, e il grembo della donna è il porto naturale. Invece il maschile per le femmine può essere invadente e addirittura squarciante. La loro disponibilità deve essere una scelta, o diventa uno stupro. Non lo sapevi?

- La femmina lascia al maschio la decisione d’accoppiarsi, il maschio non lo lascia alla femmina, perché teme di non esistere se lei lo esilia. Così lei lo esilia, non da fuori ma da dentro, perché non vuole essere la sua brama di esistere, vuole essere luna, che soltanto un sole può reggere. Molti maschi non vogliono il contatto con l’anima, perché non vogliono incontrare la luna, e non vogliono essere soli, ma ancora e sempre figli della madre che l’accoglie in grembo. Neanche questo sapevi?

- Per questo Zeus e gli uomini stuprano più di quanto si osi dire, e la donna si sottomette allo stupro morale, rinunciando tristemente alla propria luna. Zeus, per quanto inseminatore, non potrai mai partorire, i tuoi figli sono tuoi per atto pregresso, mentre la donna vive in sé il miracolo della natura, non ha bisogno di crederci. Ma via Zeus, tu sai tutto, sei un Dio, conosci le pene e la morte degli uomini, spesso gli hai pure dato una mano... a penare e a morire. Ma che anche gli Dei muoiono, questo lo sapevi? -

- ...Touchè! -



PERSEO ETERNO FIGLIO

Perseo non tagliò il filo d’argento che lo collegava alla madre, è ancora figlio, chiuso nell'utero caldo, non ha reciso il cordone ombelicale che l’avrebbe fatto rinascere e guardare finalmente il mondo. Vive nel mondo della madre, e il taglio della testa Gorgonica gli ha dato l’illusione d’aver vinto, d’aver sconfitto la morte. Così Perseo, come tutti, resta nella mente e si crede immortale, più forte della madre solo perché maschio, e la società patriarcale glielo conferma ogni giorno.
Il mito dice che Medusa non è morta col taglio della testa, perché la sua energia è nelle chiome di serpi. Nel mondo delle Madri, o mondo astrale, o delle idee, ella è potentissima, nel bene e nel male, ed il male non va negato, ma capito.
Echidna, donna serpente, raccoglie le paure più profonde dell’essere umano, più ancora nel maschile, che non ha possibilità, come la donna, d’assistere alla propria trasformazione nella ciclicità della natura, come emettere mestruo, partorire e allattare. Se si nega la paura del profondo si mettono in moto deliri d’onnipotenza e distruzione. E sono già in moto, ma non da oggi.


Le cronache:

Dalle statistiche risulta che nelle scuole superiori più della metà delle ragazze americane ricevono molestie sessuali da parte dei coetanei, in Europa queste statistiche non ci sono, altrimenti ne sentiremmo delle belle. Però risulta che una donna su quattro ha ricevuto nella vita molestie sessuali. poi c’è il pedosadismo in paurosa evoluzione (nella divulgazione, non nel numero perchè c'è sempre stato dal patriarcato in poi) e la maggior parte avviene in famiglia. L’amore o l’odio per la donna e i bambini son legati tra loro. Questa assenza di sentimenti, devastazione che mette in gioco solo la mente e fa tacere pietà, comprensione, identificazione e protezione dei più deboli, fa paura. Le leggi sono sempre più perfette e tengono a bada l’aggressività come possono, ma nelle guerre escono in modo disumano. Nell’oriente induista chi tenta di sottrarsi al crudele imperativo delle caste, vedi nella “spirituale” India o Nepal ecc., rischia morte e torture dalla casta superiore. Nei bar di Nuova Dheli i bicchieri sono diversi a seconda delle caste.

Per la madre i figli son uguali, per il padre invece bisogna emergere in obbedienza e potere. In Europa si dava l’eredità al primogenito maschio, creando i famosi “cadetti” che s’arruolavano nell’esercito per campare.

Fa scuola l’ebraismo, col famoso diritto di primogenitura, che Giacobbe estorse a Esaù in un momento di distrazione. Esaù era il figlio maggiore, pertanto l’erede, ma il secondogenito Giacobbe, su consiglio della madre, gli chiese di vendere il diritto per un piatto di lenticchie.
Esaù aveva fame e pensava si scherzasse, per cui acconsentì. Mancava solo la santa benedizione, che il padre non avrebbe mai accordato al più piccolo, ma era vecchio, quasi cieco e arteriosclerotico, perché fu sufficiente alla madre ricoprire Giacobbe con una pelle di capra per confonderlo col villoso fratello. Il padre lo tastò e lo benedì, ed Esaù perse ogni diritto. Ma nessun padre si lascerebbe ingannare così, e nessun figlio accetterebbe un inganno così palese. In quanto alla pelle di capra… Esaù era un Neandhertal?

E' un residuo dell’era matriarcale, perché la lenticchia, come tutti i legumi, erano sacri anticamente in quanto semi chiusi nel baccello, come la vera coscienza nel mondo interiore. La pelle di capra in cui s’avvolgeva il neofito era simbolo della Dea e d’iniziazione, un po’ come Giona viene ingoiato e risputato dalla balena, o come nelle chiese romaniche un uomo viene risputato da un serpente.

Nel matriarcato si prediligeva il figlio minore, come portatore del futuro, della prosecuzione, colui che andrà più avanti nel tempo.Il rito prevedeva il cibarsi delle sacre lenticchie e di coprirsi con pelle di capra.  Ma l’ebraismo patriarcale ha cancellato ogni traccia matriarcale, camuffandola con storielle incongrue. Gli uomini per sognare la loro forza hanno cancellato le loro origini, e fanno acrobazie sulle funi del pensiero. Ma il mondo non è un circo e nessuno gli pagherà l'esibizione.



LA TERRA DI MEZZO

C’è un momento della notte in cui il mondo fuori si quieta, e quello dentro s’empie di sussurri. Parliamo piano, o camminiamo in punta dei piedi, come se al sonno degli uomini corrisponda il risveglio d’un altro mondo. Non comprendiamo i suoni, i movimenti improvvisi, o le immagini, però il mondo cambia. Sarà per i geni, ninfe, Dee, animali, alambicchi, radici e profumi, o i libri che stimolano racconti: ci sentiamo vicinissime alla Terra di Mezzo.

- Madre Luna, tu sei mistero e natura, morte e resurrezione, solo tu puoi bruciare l’anima costruita per ritrovare la Luna.
- Ci togli tutto, Grande Predatrice, per questo gli uomini tutti hanno paura di te.
- O Luna Saturnia, o Venere Urania, tu togli il particolare e concedi il Tutto.
- Sei il Tempo con la falce d’argento che conduce alla Morte, ma sei lo Spazio infinito castrato da Saturno.
- O Saturno, antico Dio della recisione e del termine, tu tagli i cordoni ombelicali che ci legano alle madri personali, per ricondurci all'omphalos, l’ombelico del mondo, perché “Noi e la terra siamo uno”.

Trema l’ego nell’incognita e s’aggrappa a ogni cosa per brama d’esistere… nella mente. Stupra, distrugge, domina, moralizza, elabora circuiti vuoti e scale al nulla, ma intanto dentro muore ogni giorno senza risorgere mai.
- Perseo, giovane sole, cosa illumini? Avevi curiosità e coraggio, ma nel mondo esteriore, all’interno avevi paura, non scendesti in fondo come Ishtar, Inanna, Astarte, Persefone o Core. Di fronte all’astrale ti perdesti e la testa che tagliasti era la tua. -

Nel mito il sole nasce nella grotta buia al solstizio d’inverno, quando le giornate sono più corte, le notti più lunghe e inquietanti. E’ un sole interiore, un sole bambino partorito da un’anima vergine, non da quello che ci mettono in testa gli altri. La coscienza esteriore sono canoni, educazione, costumi e morale, nulla che derivi da noi. Abbiamo fatto nostro ogni concetto, come un cristiano rifiuta dì ammettere che è cristiano perché gliel'hanno insegnata, per condizionamento. Forse siamo condizionati pure nella visione del mondo, e se non fosse come ce l’hanno presentato? Fosse magico e misterioso al di là d’ogni immaginazione? La mente se la ride, lei sa tutto, e se non vedesse oltre se stessa?

Che idea avrebbe un extra-terrestre che mettesse piede in Italia da un altro mondo? Guardando templi e films direbbe che adoriamo un Dio torturato a morte, perchè siamo sadici e ci divertono storie d’ammazzamenti, serial killer, guerre e stupri. Abbiamo fame d’horror, come storie e come realtà, perché non sentiamo più nulla, e la paura è l'unico brivido, quando non lo è il sadismo. Queste le storie della nostra era: pensate che ai nostri figli trasmettiamo qualcosa di diverso perchè gli facciamo fare il segno della croce?

Dov’è l’entusiasmo, la gioia, l’amore, l’amicizia, la fedeltà, la lealtà? A parlarne ti ridono in faccia, in parte perché servite come prediche, in parte perché quel che conta è ciò che si può mostrare: ammirami, desiderami, invidiami, ma non prendere contatto con me. Non si lavora per sopravvivere ma per dimostrare qualcosa. Vogliamo essere amati per sentirci qualcuno, essere famosi per sentirci qualcuno, potenti per sentirci qualcuno, sedurre per sentirci qualcuno, ma l’anima resta fuori: ognuno si fa il film per suo conto.

Il sogno del maschile è d’essere eroe, il dominatore che controlla tutto, che tiene tutto in ordine, affinchè le emozioni non gli prendano la mano. E’ quello che strilla se gli si toccano qualcosa, se la casa non è in ordine, che trova le donne illogiche e incapaci. Meticoloso, rigido come un manico di scopa, con idee prefabbricate, critico con tutti, non ama la compagnia delle donne tranne a letto. E’ il rivale del padre che non osa odiare. Dispera d’essere eroe per cui si fa padrone.

Poi c’è l’eroe esibizionista, che vuole essere guardato e ammirato, che si pavoneggia come una femmina, il palestrato, lo sportivo a oltranza, che deve conquistare le donne e le segna sull’agenda come il Barone Rosso faceva le tacche a ogni aereo abbattuto, al servizio del padre onnipotente.

Poi l’eroe distruttore, il nazista, che ha devastato il suo femminile, che vuole il mondo ai suoi piedi, che fantastica un mondo solo maschio, dove le donne sono il trastullo per il delirio d’onnipotenza. Nel sesso non comunica, si masturba. E’ tutto al servizio del padre distruttivo che l'ha distrutto.

C’è infine l’eroe disperato, quello che sente la mancanza dell’anima ma non può raggiungerla. E’ il Mishima (2) giapponese, o il Manfred tedesco. Non si piegano al padre, cercano un’identità attraverso l’ideale, che pian piano gli crolla addosso. Disprezzano le folle che si piegano al padre. Loro non si piegheranno mai, e l’unica soluzione è il disprezzo della morte, in cui, come Manfred, sentono la voce dolcissima dell’Astarte ma non la trovano. Amano l’anima ma non possono demolire il maschile per trovarla. All’eroe Mishima non resta che il seppuku, il suicidio rituale per la riaffermazione di sé. A Manfred l’inferno, da cui s’allontana inesorabilmente la voce di Astarte. Il maschile che nega il femminile distrugge sé stesso e gli altri.

E le donne? Sono al servizio degli uomini, depresse o acide e arrabbiate, oppure li imitano.



PERSEO GIOVANE SOLE

- Perseo, giovane sole, ci piaci perché sei libero come il vento e non metti radici, dichiari la tua libertà, salvi Andromeda e poi l’abbandoni, in questo ricordi Teseo, così lei sarà costretta a crescere e smetterà di sognare il principe azzurro.

- Insegui l’avventura, vivi giorno per giorno, non ti inchini ai potenti, e rischi ciò che hai, anche la vita. Ti piace misurarti, vuoi sapere chi sei e cosa puoi fare. La tua giovinezza, il tuo ardore, il tuo coraggio ci piacciono, e potremmo amarti per questo. Ma col fatto che sei figlio di Giove, o così t’ha detto la mamma che, si sa, non mente mai, ti senti un po’ immortale. Hai lottato per tua madre, bello, ma è solo lei che volevi salvare? Come mai non hai riconosciuto il volto serpigno della madre oscura? Nessuna madre è così perfetta da non averne una. Se la riconosciamo comprendiamo quella cosmica, magari l’accettiamo e non ci fa paura. Uscire dall’utero, o nascere una seconda volta, è difficile, perché abbandoniamo la protezione, anche se è carcere. Cresciamo solo d’età, dentro restiamo fanciulli, legati alla madre che nell’inconscio è onnipotente, e ci protegge dalla morte. Per questo ci sentiamo immortali.

- Non sei l’unico sai? -

Lo sono un po' tutti, oggi più che mai.

Quelli degli sport pericolosi, e quelli che ad Agosto si precipitano a velocità in villeggiatura a quattrocento morti la settimana, non si sentono anche loro immortali? Quelli che, sbronzi o sobri, protestano che sulle autostrade andare a meno di 160 km orari è pericoloso perché s’addormentano? I pedoni che traversano la strada senza guardare? E quelli che si precipitano dietro l’auto che fa retromarcia, o i turisti che in Africa e Asia mangiano specialità del posto in chioschetti sudici? Siamo un popolo d’immortali, e ognuno pensa che a lui non capiterà. Se gli capita urla: - Perché proprio a me? - Pensava d’avere un’esenzione speciale? Cresciamo con l’idea che la vita ci debba qualcosa, non di dover qualcosa alla vita, e abbiamo l'idea di dover qualcosa ai genitori perché ci hanno dato la vita, invece gli dobbiamo l’averci allevati con amore, se amore c'è stato, perché la vita ce la dà la natura, mediante loro.

Così la dama del lago sta ancora là, e aspetta, nella grotta profonda, qualcuno che si svegli e, dopo aver tagliato il cordone con la madre, ricerchi quello più profondo con la vita. Aspetta che un nuovo re reclami la spada, che abbandoni le gonne materne e vada a cercare la vita che nessuno gli ha presentato, e che per questo sia disposto a combattere, a rischiare davvero. Se lo fa, l’eterno femminile gli porgerà la Spada che non può essere infranta.