lunedì 29 aprile 2013

LA SIGNORA DELLE FIERE - I


C.G.Jung:

- La rugiada, o argento vivo, o succo di luna, è l’acqua che la madre versa nel bacile dell’anima 
durante la notte. - (madre? quale madre? la madre nostra?)

"Madre nostra, che non stai nei cieli ma regni in terra,
tu sei la madre dai mille nomi e il tuo regno è già qui,
basta saperlo guardare, dacci oggi
come sempre hai fatto il nostro pane quotidiano,
noi ti siamo debitori della vita che ci presti ogni giorno
e che un giorno riprenderai, tentaci
col tuo enigmatico sorriso a squarciare i veli del tempio.
Perchè noi sappiamo che, al contrario del geloso Dio Padre.
tu non ti adiri se gli uomini cercano di svelare i misteri,
e al contrario li benedici col tuo matermo sorriso."



POTNIA THERON

Ovvero la "Signora degli animali"), un termine inaugurato da Omero (Iliade 21.470) riferito ad alcune divinità femminili associate con gli animali.
Dea (o sacerdotessa) dei serpenti, proveniente da Cnosso

POTNIA THERA
La parola Potnia che significa padrona o signora era una parola micenea ereditata dalla Grecia classica, con lo stesso significato che ha la parola patnī nella lingua Sanscrita
Si pensa che Omero abbia riferito la Potnia Iheron alla Dea Artemide, che infatti compare in modo simile fin dalle religioni preistoriche. In genere però come Potnia Theron viene indicata una dea raffigurata nell'arte minoica che tiene in mano dei serpenti (o altri animali) o circondata da animali selvatici. Una delle più frequenti, oltre ad Artemide, è Cibele. E' evidente che la Signora delle fiere è la natura, cioè la Dea Natura, l'unica che può governare ciò che è indomabile.

Il riferimento riguardava anche le donne in generale, riconosciute dagli uomini primitivi come fiere, dignitose e indomabili, e pure in stretto contatto con la sfera divina della natura. All'epoca il maschile, più legato alla natura, ma di costituzione più razionale della donna, riteneva indispensabile l'ispirazione del femminile come vox deorum e consigliera del fare.

Perduto il femminile delle origini e tolte le sacerdotesse dai templi, è caduta la voce degli Dei, l'ispirazione, la magia e il mondo misterico della religione. Al fascino dell'occulto è stato sostituito il fascicolo delle leggi: "Hai commesso peccato? Quante volte figlio mio?"



NOTRE DAME DE PARIS

Ma solo de Paris, perchè in Italia non alligna. Noi chiamiamo Dio col titolo di Nostro Signore, ma non chiamiamo Maria col titolo di Nostra Signora, come mai? La chiamiamo invece Madonna, cioè la mia donna, che però non è mia nè di nessuno. Non l'abbiamo chiamata Nostra Signora per paura che si montasse la testa? La Dea etrusca dell'amore e della bellezza si chiamava Turan, che voleva dire "La Signora".
Un tempo remoto, molto remoto, lei era La Signora delle belve, o la Signora degli animali, o la Signora delle fiere: Domina ferae, domina era un tempo remoto la signora della casa e della tribù, colei che dominava, e da cui deriva il termine donna, solo che la donna non domina la casa, semmai ne fa la serva. Invece era Domina Ferae la Grande Dea FERONIA.



FERONIA

"Signora delle fiere" o “Signora delle belve”, colle fiere istoriate nelle vesti, come Diana Efesina, o tra due pantere, come l’antica Dea assira, o Inanna sumera in piedi sulla fiera, o sul trono guardato dai leoni, come Cibele.

Sei Regina della natura, Mater Matuta, Mamma Mammosa, lato invisibile e visibile del mondo, chi non scorge il tuo insondabile mistero non può penetrarlo, e chi ci prova non è detto ci riesca.

Ma le donne furono, e quando si risvegliano sono, “Sorelle Lune” accettando il mistero dell'anima, mistero di vita e morte, unendosi indissolubilmente all’anima tua divinamente creatrice. Le “Sorelle Lune” e la triplice Luna sono Uno.


Lucus Feroniae

FERONIA
Il Santuario preromano, il Lucus sacro della Dea delle belve, era famoso per le sue ricchezze, perchè i fedeli giungevano fin lì per chiedere delle grazie, e poichè spesso le ottenevano, ringraziavano la Dea lasciando gioielli e monete o exvoto al tempio.

Un po' come è accaduto nelle chiese cattoliche, un tempo piene di exvoto e gioielli nei santuari miracolosi, solo che prudentemente gioielli e oggetti preziosi sono finiti nelle casse del Vaticano.

Naturalmente l'exvoto dell'epoca poteva essere in argento, in rame, in bronzo o in oro esso stesso.
Così i templi accumulavano un a vera ricchezza che nessuno avrebbe osato toccare temendo la punizione degli Dei, ma Annibale, che credeva in altri Dei o che comunque osava sfidarli, nel 211 a.c., non solo saccheggiò il tempio facendone un grande bottino, ma lo distrusse dandolo alle fiamme.

Naturalmente venne ricostruito ma nonostante la riedificazione del tempio il culto di Feronia decadde e il sito perse importanza fino a che Cesare che nel 59 a.c. stabilì di stanziare in zona i veterani del proprio esercito, fondando la "Colonia Iulia Felix Lucus Feroniae". Praticamente donò ai suo soldati un castrum in muratura, cioè una città, fondata col sistema della centuriazione e della fondazione sacra romana, insomma una piccola Roma.

Il Lucus Feroniae era per gli antichi quel che noi può essere il santuario di Loureds o della Madonna di Pompei, che d'altronde sorgono entrambi su antichi santuari miracolosi.
Proseguendo la Via Tiberina, sulla destra vi sono resti di ambienti d'incontro e ristoro, le tabernae, dotate di uno strabiliante sistema di chiusura a saracinesca. Come sempre quando c'è un santuario, si moltiplicano i punti di ristoro per i visitatori, e i locali si snodavano già prima della cittadina, probabilmente con vendite di souvenir o immagini e statuette della Dea.


L'Area Sacra

Il lato meridionale è quello meno conservato dove recentemente sono venuti alla luce strutture repubblicane, con un orientamento diverso, a un livello inferiore da tutto il resto e di cui non si conosce ancora la funzione.

Sul lato Nord si trova l'area religiosa, delimitata da un alto basamento in blocchi di calcare, ai piedi del quale, sulla sinistra, si trova un ambiente, in parte ricavato nella roccia e in parte costruito, chiuso anticamente da una saracinesca, dove si trovava l'aerarium (il tesoro) della città.

Accanto alla porta dell'erario, un grosso avancorpo in opera cementizia, costruito successivamente, che originariamente era ricoperto con lastre di marmo grigio. Sicuramente sul podio si svolgevano le cerimonie in onore della Dea.

Ai suoi lati, a ridosso del basamento, si trovano ancora le due epigrafi con gli attributi della Dea Feronia, della Dea Salus e della Dea e Frugifera. A queste antiche Dee della salute solo le sacerdotesse potevano sacrificare, ma quando il sacerdozio femminile venne abolito, con l'unica esclusione delle Vestali, potevano sacrificare solo le matrone. Agli uomini era proibito entrare nella cella della Dea.

La Dea Feronia era la protettrice degli schiavi liberati e di tutto ciò che da sottoterra esce alla luce del sole. Erano quindi sotto la sua protezione le acque sorgive e ogni tipo di fertilità, di piante, animali ed esseri umani. Aveva inoltre grandi proprietà guaritrici confermate anche dai numerosi ex-voto anatomici. 
Per questo la divinità, di origine locale, assunse anche attributi greci e romani, assimilando Dee analoghe, come la Dea guaritrice Salus, la Dea della mietitura e della morte Frugifera che aveva come emblema la falce dei mietitori, epiteto che poi passò a Cerere, nonchè la Dea Legifera, colei che stabilisce le leggi, poi unita alla Dea Frugifera, e anch'essa divenuto appellativo di Cerere; ma pure Proserpina, come regina dell'oltretomba, e la Dea Giunone, come Regina coeli.
Davanti c'è la copia della base marmorea circolare decorata con bucrani e festoni, che sosteneva un tripode. Era l'ara sacrificale della Dea Maxima.

La Signora delle fiere era colei che guidava gli animali e faceva crescere le piante, colei che tutta la natura amava, seguiva e venerava, colei che gli uomini adoravano. Nel suolo italico il santuario principale della dea si trovava a Soratte, presso Capena; sono stati inoltre trovati altri santuari a Fiano Romano (Roma) ove sorse il Lucus Feroniae, a Trebula Mutuesca, a Terracina, a Preneste, sul Monte Soratte, in Etruria e a Roma nell'area sacra di Largo Argentina (tempio C). Diede presumibilmente anche il nome ad una località della Sardegna (forse in prossimità dell'attuale Posada) citata in molte carte antiche, ma mai individuata con precisione.

Nella città dell'Aquila, vi erano i più antichi santuari a lei dedicati. Precisamente nel paese chiamato Monticchio si erge tuttora una statua con delle scritte a lei dedicate.


Trebula Mutuesca 

Gli scavi del Tempio di Feronia hanno permesso di ricostruire il portico di ingresso con muri perimetrali in conglomerato, sostituito poi da sei colonne in travertino e copertura in laterizio. Un'iscrizione su una colonna nell'adiacente giardino della chiesetta romanica di Santa Vittoria, dove sono stati riutilizzati moltissimi materiali lapidei del tempio, alla fine del II secolo a.c. rivela che Pescennius ha dedicato tre colonne in petra e una canaletta di scolo, sempre in pietra, sotto lo spiovente del tetto "alla dea Feronia", certificando il culto della Dea in pieno Impero. Il tempio fu fondato nel 265 - 240 a.c. con fase di abbandono iniziata nel V sec.. Tracce posteriori di riuso con costruzione di una fornace e di una calcara.


Monte Soratte

Sulla cima del Soratte si trova l'eremo di San Silvestro, costruito nel VI secolo sui resti di un tempio di Soranus Apollo. Secondo una leggenda la chiesa fu fondata da papa Silvestro I che si era rifugiato sul Soratte per sfuggire alla persecuzione di Costantino I.

GORGONE
Alcune leggende furono tramandate attraverso l'opera Vita beati Sylvestri, attraverso il Constitutum Sylvestri, e attraverso la Donatio Constantini, riguardo alla persecuzione di Silvestro, la conversione e il battesimo di Costantino, la donazione dell'imperatore al papa, i diritti garantitigli, ed il concilio di 275 vescovi a Roma, sono completamente leggendari.

In realtà sul Soratte, come accedeva sovente in tempi antichissimi, c'erano due templi, uno alla base e uno alla sommità del monte. Quello alla base, più consono al bosco, all'acqua e alle profondità era femminile, (ricordiamo che vi erano delle fonti sia sul Soratte che a Narni, fonti a lei dedicate) e infatti il Nibby conferma che qui vi fosse il Lucus Feroniae con relativo tempio, mentre sulla cima c'era il tempio del Dio Sorano, assimilato dai romani ad Apollo e denominato appunto Apollo Sorano.

Non a caso sul Soratte da tempi immemori si facevano pratiche magiche o stregoniche, perchè queste avvengono sempre in presenza di un antico tempio femminile dove questa era tradizionalmente eseguita dalle sacerdotesse.



A RETIA

Reitia, o Retia, è la somma Dea della religione veneta. Reitia abbraccia tutta la natura e non esiste nulla al di fuori nè al di sopra di lei. E' dea madre del parto, perchè è portatrice di luce; è guaritrice come Minerva Medica, è anche Dea del commercio come Mercurio, ma soprattutto è la signora delle fiere selvagge che vivono nella natura incontaminata, dei boschi e delle acque. Il suo attributo principale è la chiave magica. Chiave di cosa? Dello scrigno segreto, che è segreto della natura, della donna e dell'anima.

Spesso compare con figure femminili antropomorfe con artigli o teste equine. Oppure con un velo sulla testa, circondata da animali, e con la suddetta chiave in mano.

Le figure con artigli o zampe d'uccello riporta alle antiche Arpie, o Sirene, metà donne e metà uccello, prima Dee, poi geni protettori, poi demoni alati persecutori. Il patriaracto demonizzò molte immagini divine femminili, poi la Chiesa fece il resto.

DIANA EFESINA
Per capire da dove viene Reitia bisogna partire da molto lontano, dalla babilonese Inanna, chiamata in tanti modi, tra cui Gea, la Terra, dagli antichi greci, la Dea senza marito, colei che ha creato l'universo senza intervento maschile. Gea generò i sette Titani e la figlia anatolica Cibele. Presso i Romani Cibele veniva chiamata Rea e, guarda caso, Rea Silvia è la madre dei gemelli allattati dalla lupa. Ebbene Reitia è la Rea Silvia veneta, e non per nulla compare un lupo nelle sue raffigurazioni e anche la chiave (che è simbolo di Cibele). Dunque si tratta di una unica Dea che ha assunto diversi nomi nel tempo ma che in essenza è sempre la stessa.
Sulle origini dei Veneti, adoratori di Retia o Reitia, narra la leggenda che, dopo la distruzione della città di Troia, una popolazione dell’Asia Minore (secondo Omero, dalla Paflagonia) già alleata ai Troiani abbandonò le proprie terre insieme a un manipolo di alleati guidati da Antenore, verso l’Occidente. Erano i Veneti che Omero chiamava ‘Enetoi’, che dopo aver superato il Mar Adriatico, sbarcarono nell’Italia Nordorientale tra il XIII e il XII secolo a.c. dirigendosi ai Euganei, dove si unirono alla popolazione preesistente (Livio, Storie 1,1). Non ne abbiamo altre notizie fino al II a.c., epoca di cui abbiamo testimonianze archeologiche (lapidi, vasi di bronzo, oggetti di artigianato, situle), nonchè iscrizioni sepolcrali e votive. Sembra fossero grandi allevatori di cavalli di razza (non per nulla la loro Dea a volte ha la testa equina).

Le prime scoperte archeologiche sono del 1876 a Este (due tombe con vasi fittili e bronzei), e in seguito si scoprirono centinaia di tombe nonchè il grande santuario della dea Retia, dove sono stati rinvenuti due oggetti connessi alla scrittura: gli stili scrittori (strumenti per scrivere) e le lamine alfabetiche, nonchè oggetti in bronzo come le situle (vasi a forma di secchio, in una o due lamine di bronzo, ripiegate e congiunte con chiodi ribattuti con l’aggiunta di un’altra lamina per il piede, infine lavorate con la tecnica dello sbalzo, o a stampo e con incisioni) di cui abbiamo un elegante esempio nella situla Benevenuti del tempio d’Este.

I Veneti coltivavano vari cereali tra cui il frumento, e poi fave, fagioli, piselli e ortaggi. Dai cereali ricavavano focacce, spesso addolcite col miele. Inoltre producevano la vite, il vino, il lino e l’olio. Si nutrivano anche di caccia e pesca mentre mangiavano il bestiame solo nelle feste sacre. Tutto ciò sotto l'egida della Grande Dea e delle sue sacrdotesse. Le fonti riportano i culti, oltre alla Dea Retia, all’eroe Diomede, ad Era Argiva e ad Artemide Etolica (Strabone), forse assimilata a Reitia (o Sainate). 

La Dea in veste di guaritrice fu infatti denominata Sainate, cioè “sanante” (nei suoi luoghi di culto sono state trovate figure in bronzo di parti del corpo umano), Dea anche della scrittura, rappresentata con pelli di lupo (quindi anche Dea Lupa), in relazione con l’antichissima dea di Babilonia Inanna, con la dea della caccia greca Artemide (ma anche con Afrodite) e successivamente assimilata alla Rea Silva romana. una delle principali divinità adorate dalle popolazioni Venete in epoca preromana e romana. Tra i santuari a lei dedicati più famosi, il santuario di Este (la romana Ateste), che ha restituito preziosi artefatti votivi a carattere magico-simbolico, rappresentanti la Dea e il suo culto.

Dal III secolo a.c. Romani e Veneti furono uniti contro i Galli invasori, anche quando Annibale scese in Italia attraverso le Alpi, nella II guerra punica. Coi romani vennero poi creati i ‘municipia’, città con amministrazione propria, e fiorirono le lettere e le arti, per tutti il padovano Tito Livio (storico) e il veronese Catullo (poeta). In tutto questo tempo il culto della Dea Retia rimase invariato, visto il rispetto che i Romani avevano verso tutti gli Dei stranieri.

 
SS Trinità

I preti cattolici non son d’accordo con noi: la SS. Trinità è un mistero e stop, quindi adorare e tacere. Macchè, nulla di nuovo sotto al sole: l’antica Atena era detta Trigonia, e Trigoria o Trivia era l’appellativo della Madre Luna, cioè triplice, e potremmo aggiungere le Graie, le Moire, le Grazie, le Argaulie, tutte trinità.

INANNA
L’antica effigie nei sotterranei delle terme di Bath, vicino Londra, è una donna che ha per testa tre lune, è una e trina. Sotto le terme c’è l’antico tempio lunare, da cui sgorga la calda acqua sulfurea, dove sacerdotesse e fedeli s’immergevano come a Lourdes (che del resto era un tempio pagano).

Solo che il santuario spagnolo s’è salvato convertendosi alla Madre Madonna, mentre quello celtico ha dovuto soccombere sotto il business romano: le terme rendono molto più d’un tempio, e se l’acqua è calda si risparmia il combustibile. Sic transit gloria mundi…. e…. l’Anima Mundi.

Però i Romani non demolivano nè le Dee nè il tempio, si limitavano a fare le terme e a chiedere il biglietto. I romani erano pratici e razionali, per questo governarono il mondo, che sotto di loro stette piuttosto bene, mentre peggiorò notevolmente alla caduta dell'impero, annullando scuole, cultura, medicina, chirurgia, astronomia, meccanica, matematica, pittura, scultura, arte musiva, e così via.

In quanto agli Dei più ce n'erano e meglio era. Ma questa tolleranza non venne acquisita dalla Chiesa Cattolica, che fece tabula rasa di templi e di statue. Il più grosso e il più bel patrimonio artistico che l'umanità abbia mai avuto, quello greco-romano, quello i cui miseri resti viene gelosamente conservato sia pure in copie, o sottratto dagli stessi musei per disonestà degli addetti pubblici, o che viene trafugato nel ricco sottosuolo dai privati ancora oggi, fu raso al suolo per il 95% dai cristiani con un'acredine, un lavoro di secoli e una follia integralista degna dei talebani. E talvolta la selvaggia signora era nera, esattamente come molte Madonne esistenti oggi, che si sono annerite, dicono i preti, al fumo delle candele.. e che sono prosciutti?
La Dea Nera era Diana che scompariva nelle grotte, era l'ecate con le quatro braccia come la Dea Kali con la lingua di fuori, ambedue maghe e portatrici di morte, era la Luna Nera tanto temuta si che i romani sotterravano l'altare dei Mani, Signori dei morti, in un oscuro tempio a Campo Marzio. Insomma era la Morte trasformatrice di vita.

La Dea nera nel cattolicesimo non è scomparsa, hai voglia a demolire immagini, a lavare statue, come le mani del Macbeth non vengono mai pulite. L'Europa è piena di Grandi Madri Nere, si calcola siano circa cinquecento, e in Italia poi ne proliferano una sessantina piene di ex-voto, eccone un po':

Madonna Nera Beata Vergine della Tempesta - Tolentino (Macerata)
Madonna Nera Beata Vergine di Castelmonte - Cividale (Udine)
Madonna Nera Beata Vergine di San Luca - Bologna
Madonna Nera Beata Vergine Nicopeja - Venezia
Madonna Nera della Chiesa S. Lucia - Fontechiari (Frosinone)
Madonna Nera della Civita di Itri (Latina)
Madonna Nera della Lettera - Palmi (Reggio Calabria)
Madonna Nera della salute – Santa Maria della salute - Venezia
Madonna Nera del Monserrato - Porto Azzurro - Fosso di Riale (Isola d’Elba)
Madonna Nera del conforto - Santa Francesca Romana - Roma
Madonna Nera del Sacro Monte - Varese (1600)
Madonna Nera del Sacro Monte - Viggiano (Potenza) (500 d.c.)
Madonna Nera del Sacro Monte di Santa Maria Assunta di Serralunga di Crea (portata da oriente da S.Eusebio nel 360 d.c.)
Madonna Nera del Sasso Malesco - Finero (Verbano)
Madonna Nera dei Carbonari - Longobucco (Cosenza)
Madonna Nera di Amalfi (cripta della cattedrale)
Madonna Nera di Cagliari
Madonna Nera di Capocolonna - (Crotone)
Madonna Nera di Carboniano - Gemmano (Rimini)
Madonna Nera di Città di Castello - (Perugia)
Madonna Nera di Fontechiari - (Frosinone)
Madonna Nera di Groscavallo - Santuario di Forno Alpi Graie (Torino)
Madonna Nera di Loreto - Ancona
Madonna Nera di Loreto a Chiavenna (Sondrio);
Madonna Nera di Loreto a Graglia – Biella
Madonna Nera di Loreto a Vallelunga
Madonna Nera di Monte Tranquillo - Pescasseroli (L'Aquila)
Madonna Nera di Montovolo - Santuario dell'Appennino Tosco-Emiliano
Madonna Nera di Pralongo - Treviso
Madonna Nera di Rivoli - Torino
Madonna Nera di Rovereto - Terlizzi – (Bari)
Madonna Nera di sant'Abbondio - Cremona
Madonna Nera di Sampeyre - Cuneo
Madonna Nera di Seminara - Reggio Calabria
Madonna Nera di Rogaro - Tremezzo (Como)
Madonna Nera di Tindari - Messina
Madonna Nera di Trana -Torino
Madonna Nera di Tresivio - Sondrio
Madonna Nera di Pralongo - Treviso
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 1 - Biella
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 2 - Biella
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 3 - Biella
Madonna Nera Maria Mater Gratiae SS. Vergine di Oropa 4 - Biella
Madonna Nera Maria SS. del Carmine – Napoli
Madonna Nera Maria SS. Della Civita - Itri - Latina
Madonna Nera Maria SS. del Soccorso - Santuario del Soccorso - San Severo (Foggia)
Madonna Nera Maria SS. di Canneto - Santuario di Canneto - Settefrati - (Frosinone)
Madonna Nera Maria SS. di Carpignano Salentino - Lecce
Madonna Nera Maria SS. di Patmos - Rosarno - (Reggio Calabria)
Madonna Nera Maria SS. di Valverde - Tarquinia (Viterbo)
Madonna Nera Maria SS. Incoronata - Santuario dell’Incoronata - Foggia
Madonna Nera Maria SS. la Bruna - Puccianiello (Caserta)
Madonna Nera Nostra Signora delle Grazie - Sori (Genova)
Madonna Nera Nostra Signora di Bonaria - Cagliari
Madonna Nera Nostra Signora di Loreto - Graglia (Biella)
Madonna Nera Nostra Signora di Celle - Trofarello (Torino)
Madonna Nera Nostra Signora di sant'Eusebio in Sanata Maria - Cagliari
Madonna Nera S. Maria Assunta - Positano (Salerno)
Madonna Nera S. Maria Cortelandini detta S. Maria Nera – Lucca



A INANNA

La Signora all'inizio era solo scalfita o incisa, spesso aniconica, sotto forma di un cono, un tumulo, un albero come quello qua sotto che spunta da un vaso tra due grifoni e che rappresenta la Dea Inanna. L'albero, rieditato poi con l'albero della Vita (uno stava pure nel giardino dell'Eden) era d'obbligo per le Dee Madri, specie come albero dai pomi d'oro nel Giardino delle Esperidi cui Ercole frega i pomi (farà le fatiche ma deruba a man bassa), o l'albero sephirotico della kabala ebraica, o l'albero con la fatidica mela, considerato negli antichi miti un frutto sacro che concede vita e giovinezza, ma malefico nell'Antico Testamento, dove la conoscenza porta male.

Inanna è la Dea sumera della fecondità, dell'amore, della bellezza, delle messi, del parto, degli animali, della guerra, insomma di tutto. All'inizio era un'immagine aniconica tra due animali che guardavano alla Dea come unico loro punto di riferimento, poi iniziarono le rappresentazioni con la Dea sempre al centro ma le due fiere guardavano ai lati, come se la visione si fosse ampliata.


Caino e Abele

All'inizio Inanna aveva due corteggiatori, Enkiddu, che coltivava i campi e Dumuzi che pascolava le greggi. Entrambi le avevano portato ricchi doni, ricavati dal loro rispettivo lavoro. Il fratello di Inanna parteggiava per il contadino ma la lana portata da Dumuzi fu più gradita ad Inanna. Così Dumuzi divenne il favorito della Dea che decise di sposarlo, ma temendo per il proprio predominio, il fratello maggiore di Dumuzi si oppose, facendo fuggire Dumuzi per la paura di essere rapito, e mentre fuggiva cadde da una rupe e morì.

Inanna furente per la perdita del promesso sposo istigò tutto il clan enlilita scatenando guerre tra gli dei e tra gli uomini, con enormi lutti e addirittura genocidi.

Non ricorda parecchio Caino e Abele? Anche loro offrirono doni alla divinità, e anche stavolta questa preferisce l'offerta del bestiame (secondo la Bibbia è un agnello). Si dice trattarsi della disputa tra l'allevamento del bestiame e la nuova avanzante agricoltura. Ma i due hanno sempre convissuto fin dall'inizio, e di certo l'allevamento non cessò per la stanzialità. Invece Enkiddi coltivatore fa morire Dumuzi allevatore come Caino coltivatore fa morire Abele allevatore, a meno che non poniamo in opposizione il nomadismo con la stanzialità. 

Di certo molta gente abituata al nomadismo trovò difficile abituarsi alla stanzialità, dove non si mutava la zona, dove le capanne dovevano essere più sostenute e durevoli, dove la caccia assumeva un ruolo inferiore all'agricoltura che dava il cereale per tutto l'anno.

Di certo la cultura del terreno richiedeva un fermo di vari anni che prima non c'era, in tal senso l'agricoltura fece abdicare il nomadismo. In tal senso si potrebbe spiegare l'uccisione del portatore di sacrifici animali. Ci si deve spiegare però perchè la divinità preferisse l'offerta dell'animale a quella dei vegetali. Ma non dimentichiamo che la tradizione fu riferita molto dopo, e che potrebbe essere stata inquinata.


La Discesa Negli Inferi:

Come tutte le antiche Dee più che dei cieli si occupano degli inferi dove debbono scendere per salvare qualcuno, in genere l'amante e/o il figlio:

"Quando Inanna arrivò alle prime porte dell'oltretomba,
Bussò sonoramente,
Gridando con veemenza:
«Apri la porta, custode!
Apri la porta, Neti!
Entrerò solo io!
»
Le chiese Neti, custode sommo del Kur:
«Chi sei?»
Essa rispose:
«Io sono Inanna, la regina del cielo,
Diretta verso Oriente».
Le disse Neti:
«Se tu sei davvero Inanna, la regina del cielo,
Diretta verso Oriente,
Perché il tuo cuore ti ha messo sul cammino
Da cui nessuno mai torna?
»
Rispose Inanna:
«Per... Ereshkigal, mia sorella maggiore.
Gugalanna, suo sposo, Toro del Cielo, è morto.
sono venuta per i riti funebri.
Ora la birra dei suoi riti funebri colmi la coppa.
Così sia fatto
».
Neti parlò:
«Resta qui, Inanna, voglio parlare con la mia regina.
Le porterò il tuo messaggio
».


Inanna Benefattrice Degli Uomini

Nel profondo delle acque dolci viveva Enki, il dio della saggezza, con le sue tavole del destino e gli strumenti magici apportatori di civiltà. Questi suoi tesori li teneva al riparo dall’umanità, ma sua figlia, impietosita dagli esseri primitivi della terra prese la barca e andò a trovare il padre che l'accolse con un gran banchetto. Inanna allora gli versò vino in continuazione finchè, totalmente ebbro, le promise tutto ciò che desiderava.

ARTEMIDE FERONIA
Inanna chiese le tavole del destino (la divinazione) e cento altri strumenti di cultura. Che cosa poteva fare un padre affettuoso se non soddisfare la richiesta della figlia? Inanna imediatamente caricò gli oggetti sulla barca del cielo e salpò per la sua città, Uruk. 

Svegliatosi il giorno dopo dalla sua ebbrezza, Enki ricordò quello che aveva fatto e si pentì. Ma era reso inabile da un mal di testa tanto terribile quanto piacevole era stato il bere la sera prima. Così non poteva seguire la figlia finchè non fosse guarito. Intanto, naturalmente Inanna si era messa al sicuro nel suo regno e neppure i sette trucchi che Enki tentò di mettere in atto riuscirono a fargli recuperare i suoi tesori. 

Queste tavole erano i basamenti su cui si fonda la civilizzazione, un set di leggi universali e immutabili, nonchè di limiti che devono essere osservati da uomini e dei. Esse includevano concetti quali regno, sacerdozio, verità, vestiario, armi, l’arte di fare all’amore, la parola, la musica e la canzone, il potere e l’imbroglio, il viaggio, la scrittura, la paura, il giudizio, la decisionalità, le arti delle donne. Attraverso questo dono Inanna si meritò il suo trono e la protezione della sua città.

Eva tentò di fare la medesima cosa cogliendo il frutto dall'albero della Conoscenza, che però permetteva pure di distinguere il bene dal male, il che sembrerebbe un'ottima cosa, ma il Dio ebraico si inquieta non poco e somiglia tanto a Zeus inviperito perchè Prometeo che ha preso il fuoco dagli Dei per darlo agli uomini. Questi Dei maschili amano poco l'umanità, solo le Dee femminili sembrano sensibili a questa. Ma la femminilità in questo mondo iperrazionale, e quindi irrazionale, sembra oggi scomparsa, visto che la vera femminilità è naturale e selvaggia.

Nessun commento:

Posta un commento