I TUAREG - L'ETIMOLOGIA
Non si conosce esattamente l'etimologia della parola araba t.uwâriq, come "tuareg", ma si sa che è il plurale di targuí o t.arqî, in femminile targuía ot.arqîya, etnónimo che, apparentemente, proviene da un'antica città del Fezán chiamata Targa.
Secondo la teoria etimologica di Sidahmed Ahmed Luchaa sulla parola "tuareg", la sua origine viene dalla parola strada (tariga, in arabo, poiché questi avevano la fama di "fare breve strada" per rapinare le carovane dei saharauis. Nella propria lingua questo paese si suole autodenominarsi imoshag, imushaq, imuhagh, in cabilio: imuha.), parola il cui significato è 'i liberi' o 'i nobili' e che sembra derivare da tamazight.
Si danno anche a se stessi il nome di kel tamayaq o kel tamasheg ('quelli che parlano in lingua tamasheg'.
Secondo altri invece il nome Tuareg, al singolare Targhi, è stato dato loro dagli arabi e sta a significare "gli abbandonati da Dio", per via della loro opposizione alla dottrina di Maometto.
GLI UOMINI BLU
I leggendari uomini blu, gli "ignoti del deserto", guerrieri e predoni temutissimi, sono un popolo di stirpe berbera, prevalentemente nomade e presente in tutto il Sahel, Algeria, Libia, Mauritania, Mali e Niger. Sono i discendenti della più antica popolazione di bianchi che si sia stabilita in Africa, i Berberi. Definiti “Uomini blu” per via del colore indaco con il quale dipingono il loro turbante, detto taghelmust, che a sua volta tinge loro il viso, i discendenti dei berberi hanno mantenuto inalterata, o quasi, la purezza della razza, rimanendo fedeli a tradizioni e culture vecchie di secoli.
Convertiti all’Islam 1200 anni fa dagli arabi, i Tuareg si differenziano notevolmente dalle altre tribù Africane e dai Musulmani in molte cose: è l’uomo e non la donna a tenere il volto coperto, la loro altezza è superiore a quella di molte altre tribù dell'Africa, inferiore solo a quella dei Watussi, discendono da una razza bianca, quella dei Berberi, non sono soliti pregare cinque volte al giorno rivolti verso la Mecca, sono monogami, sono convinti che gli alberi e le pietre possiedano un'anima e realizzano amuleti per tenere lontani i "jinn", gli spiriti maligni che abiterebbero il Sahara.
I NOMADI TUAREG
I tuareg o imuhagh sono un popolo berbero che vive nel deserto del Sahara, di tradizione nomade.
La sua popolazione si estende in cinque paesi africani: Algeria, Libia, Niger, Mali e Burkina Faso.
Quando si muovono, devono soddisfare le loro necessità e quelle degli animali poiché vivono in estese unità familiari e portano al seguito grandi greggi. I tuareg hanno una loro propria scrittura, il tifinagh.
I tuareg sarebbero i diretti discendenti degli antichi garamanti che abitavano il Fezzán nell'Antichità e confinavano a nord con i mauritiani, all'ovest con i getulos ed all'est con gli ancestrali dei tubus.
Durante il Medioevo i loro lignaggi si vincolarono con quelli dei sanhaya e degli zenatas. Nell'antichità, si dedicavano a saccheggiare paesi, controllando inoltre le rotte del deserto.
Nel secolo XII, le invasioni arabe e degli hilaliani li obbligarono ad adottare un stile di vita nomade adottando durante i secoli alcuni principidell'Islam, nella misura che questi non si contrapponessero con le loro proprie credenze, mantenendo intatti il loro sistema di giustizia e le leggi.
La popolazione stimata che parla la lingua berbera è di 25 milioni, dei quali 1,2 milioni si considerano tuareg. La struttura basilare della società tuareg è il lignaggio (tawshit), un gruppo di parenti che riconoscono un predecessore comune.
I figli appartengono al lignaggio della madre ed ereditano da lei, ma la casa viene stabilita negli aghiwan o accampamenti del padre.
Ogni lignaggio appartiene ad una categoria sociale determinata e fa parte di un'ettebel, comunità sociale o 'tribù'.
I lignaggi designano un amghar, il suo leader (uomo) ed il consiglio di leader si designa tra i guerrieri (uomini), l'amenokal, capo dell'ettebel.
LA CONDIZIONE FEMMINILE
Quando gli europei vennero a contatto con la civiltà dei Tuareg, rimasero impressionati dal ruolo della donna in quella società. Contrariamente agli usi delle altre popolazioni islamiche la società tuareg dava grande spazio alle donne. Esse erano (e sono) di smagliante bellezza, non si velavano (a differenza degli uomini), vestivano con indumenti bellissimi, colorati e pienissimi di ornamenti, che avevano una libertà di costumi impensabile, che si ingioiellavano con ori e argenti raffinati e tintinnanti, e oltretutto erano titolari del diritto di trasmettere il potere ai capi supremi (amenukal) per via matrilineare.
Le donne hanno autorità nell'accampamento, poiché l'uomo è frequentemente assente per via delle sue attività come pastore, commerciante o guerriero.
Generalmente la donna sa scrivere ed è più istruita di suo marito e partecipa ai consigli comunali ed assemblee del lignaggio ed è consultata per risolvere le questioni della tribù.
L'approccio tra donne ed uomini celibi, vedovi o divorziati si realizza in un luogo denominato ahal ove si conversa, si canta, si interpreta la musica, si recitano poesie e si concertano appuntamenti d'amore.
Il matrimonio si realizza dopo che la donna ha accettato un pretendente che si presenta al cospetto del suocero, pagando una dote, generalmente in bestiame. La donna porta con sè il suo bestiame personale nella nuova casa e può divorziare e sposarsi con un altro pretendente, se si considera maltrattata dal marito.
LA SCOPERTA DELLA TOMBA
In Africa, nel 1926, il conte Byron Kûhn di Protok scoprì nei suoi scavi archeologici nel Sahara, quello che i tuareg chiamavano la tomba dell'ultima regina degli Atlanti Tin.
Su alcuni punti vi è una concordanza quasi completa tra tutte le fonti: Tin Hinan sarebbe stata una nobile donna musulmana, giunta nella regione dell'Ahaggar provenendo dal Tafilalet (sud del Marocco) in compagnia di una ancella, Takama, mentre la regione era ancora abitata dagli Isebeten, il popolo che precedette su queste terre gli odierni Tuareg. Questi Isebeten erano molto ingenui e primitivi, praticavano l'idolatria e parlavano un dialetto berbero considerato "rozzo" dai tuareg.
Partendo da questa base comune, le varie tradizioni si differenziano poi al momento di definire con precisione quale fu la discendenza di Tin Hinan (e quella di Takama). In generale, si sostiene che le tribù più nobili discendono da Tin Hinan e quelle "vassalle" da Takama. I Kel Ghela, in particolare, il gruppo considerato più nobile ed al cui interno viene di solito scelto l'amenukal (capo) dell'Ahaggar, sostengono di discendere da Kella, figlia o nipote di Tin Hinan, che avrebbe sposato il primo amenokal di cui si serbi memoria, Sidi ag Mohammed Elkhir.
LA TOMBA DI TIN HINAN
A confermare la parte storica di Tin Hinan vi è un monumento megalitico, che sorge nei pressi di Abalessa, che viene da tutti indicato come "la tomba di Tin Hinan". Si tratta di uno di quei monumenti megalitici noti come "édebni", formati dall'accumulo di massi che possono avere le forme più varie (a tumulo, a mezzaluna, ecc.), che per i Tuareg sarebbero le tombe degli Ijabbaren, popolazione di giganti dell'antichità.
Alcune campagne di scavo, in particolare quella ad opera di M. Reygasse nel 1935, hanno cercato di investigarlo. Il monumento è complesso, con almeno undici vani sotterranei circondati da una spessa muraglia. All'interno di una di queste stanze, venne rinvenuta una tomba contenente uno scheletro di donna circondato da un ricco corredo funebre. L'analisi di tali resti ha dato questi esiti:
"spalle larghe; piedi piccoli; statura molto alta (tra 172 e 175 cm). Patologia: lesioni evidenti di artrosi lombare localizzate a destra e accompagnate da deformazioni delle vertebre lombari e dell'osso sacro"
Il dato interessante che emerge da questa analisi (in pratica, la donna sepolta doveva zoppicare) è la congruenza che si ha con le indicazioni di Ibn Khaldun, il quale afferma che la progenitrice degli Hawwara (cioè Ihawwaren, oggi Ihaggaren o Kel Ahaggar) era una certa Tiski "la zoppa".
Uno studio antropologico dei resti pubblicati nel 1968, ha concluso che lo scheletro era quella di una donna 1,72-1,76 metri di altezza, appartenente ad una razza mediterranea, che probabilmente non aveva mai avuto figli e che probabilmente era zoppa a causa della deformazione delle zone lombari e sacrali. Il corpo è ora nel Museo del Bardo di Algeri.
Juan José Benítez scrisse:
"nella mia prima visita ad Algeri mi affrettai a percorrere il museo dell' Il Bardo,nella ricerca delle spoglie dell'antica regina la quale si trovava quasi dimenticata in un angolo. La esaminai con cura ed ammirazione ricordando le leggende che circolavano su di lei. Le relazioni dei medici forensi avevano ragione; quella donna raggiungeva i due metri di altezza. Era Tin Hinan, principessa dei tuareg e dell'etnia berbera. L'unica donna conosciuta che governò il ribelle paese del deserto."
Per il resto, va osservato che la datazione della sepoltura oscilla tra il IV e il V sec., precedente di circa tre secoli la nascita dell'Islam, per cui la pretesa che la progenitrice sepolta in quella tomba fosse musulmana non corrisponde a realtà.
Invece il tipo architettonico del monumento appartiene ad una tradizione che ha al centro la regione di Tafilalet. Considerando che lo sposo di Kella non sembra risalire al di là del XVIII sec., evidentemente le tribù nobili dell'Ahaggar si siano fabbricati un'antica e nobile ascendenza appropriandosi del mito, ormai lontanissimo, di questa antica regina del Sahara.
ANTINEA
I racconti sulla leggendaria figura di Tin Hinan, mitica regina di un popolo misterioso spinsero lo scrittore francese Pierre Benoît a comporre un romanzo avventuroso, L'Atlantide, che ebbe subito enorme successo di vendita e venne tradotto in molte lingue. In questo romanzo si immaginava che il misterioso paese di Atlantide non fosse da ricercarsi nel mare bensì in un mare di sabbia, il deserto del Sahara, e che il popolo di Atlantide fosse governato da una misteriosa ed inquietante regina, Antinea, evidentemente ispirata al personaggio di Tin Hinan.
TIN HINAN
Tin Hinan è il nome che i Tuareg dettero a una donna del IV secolo cui fu dedicata nel Sahara la tomba monumentale, ad Abalessa, nella regione Ahaggar (o Hoggar) dell'Algeria.
Il nome significa "Lei delle tende", forse la "madre della tribù" o la "regina del campo", visto che la circondavano una serie di tombe.
Talvolta è chiamata "Regina dell'Hoggar", e dai Tuareg tamenoukalt che significa signora o regina.
Il nome significa "Lei delle tende", forse la "madre della tribù" o la "regina del campo", visto che la circondavano una serie di tombe.
Talvolta è chiamata "Regina dell'Hoggar", e dai Tuareg tamenoukalt che significa signora o regina.
La tomba fu aperta da Byron Khun de Prorok con il supporto dell'armata francese nel 1925, ed archeologi preposti ad investigare il sito, ma solo nel 1933.
Il sito conteneva lo scheletro di una donna posta su un lettino di legno, sdraiata sulla schiena con la testa rivolta ad est. Era accompagnata da oro massiccio e gioielli in argento, alcuni dei quali ornati di perle. Sul suo avambraccio destro portava sette braccialetti d'argento, e alla sua sinistra, 7 braccialetti d'oro. Un altro braccialetto d'argento e un anello d'oro sono stati collocati con il corpo. Resti di una collana cottimo complesso di oro e di perle (reale e artificiale) erano presenti.
Sono emersi diversi oggetti funerari fra cui una statua "Venere" in stile Aurignaziano (simile alla Venere di Hohle Fels), un calice di vetro (perso durante la seconda guerra mondiale), e la foglia d'oro che portava l'impronta di una moneta romana di Costantino I emessa tra il 308 e il 324. Il IV e V sec. sono coerenti coerente con la datazione al carbonio del letto in legno e anche con lo stile della ceramica e dei mobili. L'antica Dea doveva essere la Grande Madre di cui perdurava il culto.
LA REGINA MUSULMANAI Tuareg sapevano che la tomba conteneva una donna di grande prestigio e diverse leggende su di lei esistevano molto prima che la tomba fosse aperta. Tin Hinan si credette fosse stata una musulmana della tribù Braber dei Berberi che veniva dall'oasi di Tafilalt nelle montagne Atlas, nell'area del moderno Morocco accompagnata dall'ancella Takamat.
Nella leggenda, Tin Hinan aveva una figlia, o una nipote, chiamata Kella, mentre Takamat aveva due figlie. Queste figlie sarebbero state le antenate dei Tuareg dell'Ahaggar.
In un'altra versione Tin Hinan aveva tre figlie (con nomi totemici riferiti agli animali del deserto) che furono le antenate della tribù.
La sua religione musulmana però è anacronistica, come l'affermazione che Kella fosse sua figlia o nipote, in quanto la figura storica e reale della matriarca tribale Kella visse nel XVII sec.
Le genealogie tribali mostrano all'indietro linee maschili fino a giungere a lei, dopodichè la linea del potere diventa femminile.
Nel XIV sec. lo storico Ibn Khaldun riportò invece la leggenda su una regina di nome Tiski. la zoppa, che era la madre ancestrale delle tribù dell'Ahaggar, molto vicino alla documentazione archeologica.
LA DONNA ETERNA
Nel 1887 uscì il romanzo La Donna Eterna (She) di Harry Magden, mentre nel 1918 fu pubblicato L'Atlantide di Pierre Benoît, che vinse il Gran premio dell'Académie française. Entrambi i romanzi si erano ispirati ad una leggenda Tuareg, quella riguardante una misteriosa Regina, Tin Hinan, più conosciuta con il nome di Antinea, la quale in compagnia della sua ancella Takama traversò il deserto per diventare la progenitrice degli attuali Tuareg. A rafforzare le narrazioni vi è "la tomba di Tin Hinan", uno di quei monumenti megalitici noti come édebni, formati dall'accumulo di massi che possono avere le forme più varie (a tumulo, a mezzaluna, ecc.), che per i Tuareg sarebbero le tombe degli Ijabbaren, popolazione di giganti dell'antichità.
Alcune campagne di scavo, in particolare quella ad opera di M. Reygasse nel 1935, hanno cercato di investigare questa ipotesi. Il monumento è alquanto complesso, contenendo non meno di undici vani sotterranei circondati da una spessa muraglia.
All'interno di una di queste stanze venne in effetti rinvenuta una tomba contenente uno scheletro di donna circondato da un ricco corredo funebre. L'analisi di tali resti ha dato questi esiti: "Spalle larghe; piedi piccoli; statura molto alta (tra 172 e 175 cm). Patologia: lesioni evidenti di artrosi lombare localizzate a destra e accompagnate da deformazioni delle vertebre lombari e dell'osso sacro".
Il dato interessante che emerge da questa analisi (in pratica, la donna sepolta doveva zoppicare) è la congruenza che si ha con le indicazioni di Ibn Khaldun, il quale afferma che la progenitrice degli Hawwara (cioè Ihawwaren, oggi Ihaggaren o Kel Ahaggar) era una certa Tiski "la zoppa".
Secondo i Tuareg Tin Hinan era l'ultima Regina di Atlantide e loro ne sono i discendenti; calcolando che la Regina Antinea fu seppellita nel '300, bisogna pensare che il Regno di Atlantide, seppur non in modo ufficiale, durò fino al IV secolo, anche se si spostò dall'Atlantico all'Atlante Africano. La Catena montuosa dell'Atlante è un sistema montuoso dell'Africa nord-occidentale, diviso tra Marocco, Algeria e Tunisia. Il suo nome locale (berbero) è Adrar n Dern ("il Monte dei Monti"). Anche il nome Atlante, benché pervenuto tramite la mitologia greca, doveva essere in origine un toponimo locale (libico-berbero).
Da dove proveniva la Regina Tin Hinan o Antinea? Secondo molti studiosi Antinea giunse nell'Ahaggar provenendo dal Tafilalet (una regione del sud del Marocco).
Quello che meraviglia è che la zona da cui proveniva quella che molti indicano come l'ultima Regina degli Atlantidei sembra essere la zona di approdo perfetta dopo una fuga dall'Atlantide situata nell’Atlantico, dove crediamo fosse situata.
Evidentemente per millenni i discendenti di Atlantide, dopo essere sbarcati sulle coste orientali del Marocco, erano avanzati di pochi km. al suo interno e vi si erano stabiliti per ben 10.800 anni, prima che la Regina Antinea, forse esiliata dal Tafilet, raggiungesse la zona dell'Ahaggar da cui iniziò la civiltà dei Tuareg.
Quindi, la Regina Antinea sembra provenire da quei luoghi.
ATLANTIDE
Ci sono una serie di Indizi sull'esistenza dell'Atlantide. Il mare dei Sargassi, in pieno oceano Atlantico, è una superficie composta da una vegetazione marina perenne che mira all'esistenza di terre sommerse.
Le sorprendenti conoscenze astronomiche di molti paesi dell'antichità farebbe supporre che queste civilta' si dedicavano all'osservazione del cielo da molti secoli, in un periodo n cui la cui storia ufficiale afferma che non esistevano ancora dette culture.
Circa 10.000 anni fa il deserto del Sahara era verdeggiante con abbondanti piogge, ma un cambiamento drastico delle condizioni climatiche portò alla sua desertificazione. Esistono teorie secondo le quali la desertificazione del Sahara fu prodotta del cambiamento di inclinazione dell'asse del pianeta che avrebbe prodotto catastrofi a livello globale, tra queste lo sprofondamento dell'Atlantide.
La Sfinge egiziana, secondo gli studi geologici, presenta tracce di erosione provate dall'acqua,datate a 10.000 anni fa. Le enigmatiche pitture di Tassili, nel Sahara algerino, avrebbero un'età di circa 10.000 anni. L'architettura megalitica presente lungo tutta la parte occidentale dell'Europa, vicino al mare, sembra prodotta da un'unica cultura arrivata su quelle coste.
Secondo i geologi, i sedimenti del fondo marino indicano modificazioni geologice anormali avvenute circa 10.000 anni fa. Le migrazioni di uccelli, anguille e di roditori scandinavi, il lemin, verso l'interno dell'oceano Atlantico in cui le anguille vanno a deporre le uova nel mare dei Sargassi, fa supporre la morte di migliaia di roditori. Le numerose storie su un grande diluvio catastrofico, si possono leggere nell'epopea di Gilgamés, nel Prossimo Oriente, la Popol-Vuh maya, in America, ed il racconto biblico di Noé.
Per i tuareg, Tin Hinan fu una principessa berbera che emigrò dalla regione dell'Atlante, nell'attuale Marocco, probabilmente Tafitali, attraversando il deserto sahariano su di una camella bianca. Fu un'eroina e la fondatrice della Nazione tuareg.
Dopo una lunga marcia di quasi 1.400 chilometri, andò a stabilirsi in Abalessa, nelle prossimità di Tamamrraset, a sud dell'Algeria ove fu trovata la sua tomba e le ossa che si conservano attualmente nel Il Bardo.
OPPURE UN UOMO
L'analisi dei resti organici che si accompagnavano allo scheletro ha stabilito un'età che oscilla tra i 470 e 130 anni della nostra era. Vicino all'enorme scheletro vi erano cento di pezzi d'oro ed argento.
BACINO MASCHILE |
Per gli archeologi ed investigatori come Lehuraux, Gautier e Reygasse, il tumulo di Tin Hinan è il ritrovamento più distaccato dell'Africa sahariana. Per altri, invece, la realtà di una donna di fronte ad un paese di guerrieri non sembra verosimile.
Secondo questi investigatori, Tin Hinan sarebbe un mito, inventato per i berberi o per i tuareg e le ossa trovate in Abalessa sarebbero quelle di un uomo secondo la teoria di Adila Talbi, esperta delle ossa in questione, e alcuni medici che hanno avuto accesso alle ossa di Tin- Hinan concordano con la teoria di Adila: per esempio la zona pelvica, non sembra quella di una donna o in ogni caso, quella di una donna che non avrebbe avuto parti.
BACINO FEMMINILE |
In particolare lo stretto superiore e l'angolo pubico femminile si presentano più ampi che nell'uomo. Inoltre, come avviene per molte altre ossa, nel maschio le ossa iliache e sacrali si presentano più spesse e più pesanti di quelle della donna.
Pertanto non raccontino favole, chiunque sarebbe in grado di distinguere un bacino maschile da uno femminile senza possibilità di equivoci, e il dire che la Adila sia un esperta di quelle ossa è per lo meno ridicolo. Esiste un maschilismo che si perpetua sa secoli, quello che deve negare a tutti i costi un potere femminile esistito nei tempi antichi. Se aveva potere non era femmina.
I tuareg sostennero che Tin-Hinan si accoppiò con gli Dei per creare una nuova razza. I più anziani depositari della tradizione orale parlano di "uomini di grande altezza, con capelli gialli ed occhi panoramici, provenienti da Orione, e che furono i genitori della loro razza." Se gli anziani tuareg dicono la verità, forse si trattò di europei del nord, ossia vichinghi.
Ce ne sono ampli cenni anche negli antichi testi biblici. Nel Libro di Enoch le donne si accoppiarono con gli angeli che erano molto alti, biondi e di pelle chiara.
LA REGINA DIHIYA KAHINA
Per comprendere la fiera natura delle donne Tuareg e Berbere, ricordiamo la Regina Kāhina che, già vedova e avanti negli anni, si battè contro i musulmani che volevano annientare l'anima del suo popolo e la libertà delle sue donne.
Dopo avere già partecipato al combattimento contro le truppe del Califfo a Tehuda (683), nel corso del quale trovò la morte 'Uqba b. Nāfi', la Kāhina affrontò, alla testa delle sue truppe, i rinforzi arabi inviati da oriente nel 688, sotto il comando del governatore dell'Egitto, Hasan b. al-Nu'mān, contro i Berberi e i Bizantini.
Il combattimento ebbe luogo nel 689 presso il wādī Nini (vicino a Khenchela), gli Arabi vennero sconfitti dalla Kāhina e successivamente inseguiti fino in Tripolitania (l'attuale Libia).
La Kāhina fece allora ritorno nell'Aurès, dove adottò uno dei suoi prigionieri arabi, Khālid ibn Yazīd. Le truppe del Califfo si riportarono in una posizione molto più vantaggiosa a partire dal 698 con la presa di Cartagine e la sconfitta dei Bizantini in Nordafrica.
Gli uomini della Kāhina, convinti che gli Arabi fossero attirati nel paese dalle sue ricchezze agricole, si misero allora - secondo il resoconto del Bayān - a fare terra bruciata. I coltivatori della costa, ostili a questa politica, come ricordano Ibn Khaldūn ed il Bayān, abbandonarono la Kāhina e inviarono addirittura, secondo lo storico Ibn al-Athīr, degli emissari all'emiro Hasan b. al-Nu'mān per chiedergli di intervenire.
D'altra parte, il suo figlio adottivo Khālid, che conservava rapporti con il campo avversario, tenne informati gli Arabi degli spostamenti dei Berberi.
Di questo passo, indebolita da queste defezioni, la Kāhina subì un rovescio e cercò rifugio in una cittadella bizantina nei pressi di Biskra. Venne però costretta a proseguire ulteriormente la ritirata, e affrontò l'ultima battaglia a Tarfa. Qui la Kāhina trovò la morte in una località che conserva tuttora il suo nome (Bi'r al-Kāhina, "il pozzo della Kahina".
Alla vigilia del combattimento, la Kāhina avrebbe domandato ai suoi due figli, secondo Ibn Khaldūn, di allearsi al futuro vincitore. Di conseguenza l'emiro Hasan nominò, dopo la loro conversione all'Islam, il figlio maggiore governatore dell'Aurès, e l'altro figlio capo delle milizie Ğerawa. Questa alleanza portò con sé quella di numerosi Berberi cristiani ed ebrei, che si convertirono in massa all'Islam.
Tutti i poteri religiosi patriarcali furono monoteisti, tuttio diavano quelli che non avevano lo stesso credo, e tutti praticarono la conversione con la massima violenza.
I tuareg sostennero che Tin-Hinan si accoppiò con gli Dei per creare una nuova razza. I più anziani depositari della tradizione orale parlano di "uomini di grande altezza, con capelli gialli ed occhi panoramici, provenienti da Orione, e che furono i genitori della loro razza." Se gli anziani tuareg dicono la verità, forse si trattò di europei del nord, ossia vichinghi.
Ce ne sono ampli cenni anche negli antichi testi biblici. Nel Libro di Enoch le donne si accoppiarono con gli angeli che erano molto alti, biondi e di pelle chiara.
LA REGINA DIHIYA KAHINA
Per comprendere la fiera natura delle donne Tuareg e Berbere, ricordiamo la Regina Kāhina che, già vedova e avanti negli anni, si battè contro i musulmani che volevano annientare l'anima del suo popolo e la libertà delle sue donne.
Dopo avere già partecipato al combattimento contro le truppe del Califfo a Tehuda (683), nel corso del quale trovò la morte 'Uqba b. Nāfi', la Kāhina affrontò, alla testa delle sue truppe, i rinforzi arabi inviati da oriente nel 688, sotto il comando del governatore dell'Egitto, Hasan b. al-Nu'mān, contro i Berberi e i Bizantini.
La Kāhina fece allora ritorno nell'Aurès, dove adottò uno dei suoi prigionieri arabi, Khālid ibn Yazīd. Le truppe del Califfo si riportarono in una posizione molto più vantaggiosa a partire dal 698 con la presa di Cartagine e la sconfitta dei Bizantini in Nordafrica.
Gli uomini della Kāhina, convinti che gli Arabi fossero attirati nel paese dalle sue ricchezze agricole, si misero allora - secondo il resoconto del Bayān - a fare terra bruciata. I coltivatori della costa, ostili a questa politica, come ricordano Ibn Khaldūn ed il Bayān, abbandonarono la Kāhina e inviarono addirittura, secondo lo storico Ibn al-Athīr, degli emissari all'emiro Hasan b. al-Nu'mān per chiedergli di intervenire.
D'altra parte, il suo figlio adottivo Khālid, che conservava rapporti con il campo avversario, tenne informati gli Arabi degli spostamenti dei Berberi.
Di questo passo, indebolita da queste defezioni, la Kāhina subì un rovescio e cercò rifugio in una cittadella bizantina nei pressi di Biskra. Venne però costretta a proseguire ulteriormente la ritirata, e affrontò l'ultima battaglia a Tarfa. Qui la Kāhina trovò la morte in una località che conserva tuttora il suo nome (Bi'r al-Kāhina, "il pozzo della Kahina".
Alla vigilia del combattimento, la Kāhina avrebbe domandato ai suoi due figli, secondo Ibn Khaldūn, di allearsi al futuro vincitore. Di conseguenza l'emiro Hasan nominò, dopo la loro conversione all'Islam, il figlio maggiore governatore dell'Aurès, e l'altro figlio capo delle milizie Ğerawa. Questa alleanza portò con sé quella di numerosi Berberi cristiani ed ebrei, che si convertirono in massa all'Islam.
Tutti i poteri religiosi patriarcali furono monoteisti, tuttio diavano quelli che non avevano lo stesso credo, e tutti praticarono la conversione con la massima violenza.
Un unico appunto, "La Donna Eterna" è di Haggard.
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