LA DAMA DI ELCHE |
GUERRIERO/A DI OSUNA |
E 'stato trovato a Osuna, città della provincia di Siviglia, la cui esistenza risale niente di meno che a 3.000 anni fa. Diciamocelo: ma non sembra una donna?
Ha i capelli lunghi ma non come gli uomini delle tribù che li lasciavano liberi, magari con un codino e/o una treccia. Questi sono capelli ben pettinati, addirittura abboccolati, che escono fuori da un elmo crestato.
Per non parlare del volto con le guance piene e le labbra carnose.
E che dire del seno che sembra spuntare ingrandendo la foto?
Presso Osuna si sono rinvenute molte sepolture di epoca pre-romana. Questa è dunque l'arte iberica, ma gli iberi chi erano?
GLI IBERI
LA SIGNORA DEI CAVALLI |
In epoca preistorica fu abitata da: Iberi, Celti e Celtiberi. In epoca protostorica lungo il I millennio a.c. ebbe molti insediamenti di popolazioni orientali: fenicio-cartaginesi (800/600) nel Sud, greche (600/500) ed etrusche (600 in poi).
Con la caduta delle città fenicie Cartagine divenne la regina dei commerci del Mediterraneo e l' Andalusia partecipò attivamente alla guerra contro Roma, che però sconfisse i cartaginesi e conquistò l'Andalusia, rinominandola Betik .
Perfettamente integrata a Roma questa regione dette all'Urbe importanti magistrati e senatori, nonchè imperatori come Traiano e (molto probabilmente) Adriano.
La convivenza di queste colonie non fu liscia e dette luogo a diverse battaglie, soprattutto con le popolazioni preesistenti, finchè con le Guerre Puniche fu Roma a vincere e a stabilire la Pax Romana.
L'Iberia era governata da una Grande Dea fenicia che era anche la Dea del divenire: passato presente e futuro, ed era pertanto la Dea duplice della vita e della morte, e pure la Potnia Theron, La Signora delle Belve, o la Signora dei Cavalli come è mostrato nel bassorilievo arcaico che la mostra seduta, intenta a nutrire due cavalli.
LA DAMA DI ELCHE
Ma a noi la cosa sembra fanta-archeologica, possibile che tutto ciò che sia misterioso provenga da Atlantide? La scultura è ibera, praticamente iberica.
Le caratteristiche del viso, infatti, rivelano una certa influenza greca, in contrasto con l’abbigliamento completamente nativo.
Secondo l’Enciclopedia delle Religioni, la Signora di Elche avrebbe una connessione diretta con Tanit, una Dea di Cartagine adorata dai punici-iberici.
Il simbolo di Tanit era la piramide tronca portante una barra rettangolare sulla sommità. Su questa barra appaiono il sole e la luna crescente.
Tanit era la Dea che deteneva il posto più importante a Cartagine e significativamente, per una città prettamente commerciale, la sua effigie compariva nella maggior parte delle monete della città punica.
Questa vista laterale mostra gli ornamenti in ruote di metallo che possono essere stati costruiti di vimini. E dimostra inoltre che la mantiglia spagnola risale a circa 24 secoli.
Un simile copricapo a punta sormontato da un velo è stato indossato in Tunisia in tempi moderni. I gioielli, sono analoghi a quelli fenici e cartaginesi.
Lo stesso fenomeno è accaduto con la scoperta della Signora di Elche, avviando un interesse popolare per la cultura iberica pre-romana, tanto da apparire nel 1948 sulla banconota spagnola da un peseta.
Secondo alcuni, la tradizione continuerebbe con la banconota americana da un dollaro, dato che il simbolo della “piramide con l’occhio che tutto vede” avrebbe una matrice comune con il simbolo di Tanit. Ma anche questo ci sembra fanta-archeologia.
Naturalmente altri studiosi hanno postulato che la statua potrebbe raffigurare una sacerdotessa, una nobildonna o forse una regina sconosciuta, comunque una creazione artistica della quale non si conoscono le origini. Anche la datazione è oggetto di speculazione: nessuno sa per certo quanto sia antica.
Altri invece, spingendosi oltre le possibili verifiche storiche e archeologiche, e anche oltre il buonsenso, hanno ipotizzato che le origini del busto possano avere connessioni con tradizioni artistiche riconducibile al continente perduto di Atlantide.
Ora avvenne che verso il 3.800/ 4.700 a.c., dei Pelasgi provenienti dalla Grecia si installarono nell'Italia del sud, in Sicilia, a Malta, a Cipro, in Sardegna, in Provenza, nel Portogallo del sud, alle Baleari, nella Spagna del sud e probabilmente in Algeria e in Tunisia.
Nella Spagna del sud, fondarono la civiltà iberica (apparentata ai Baschi secondo Starbone, essi stessi discendenti dei liguri, nella Francia attuale). I Pelasgi adoravano la grande Dea e il Dio toro. I Baschi le danno il nome di "Maya" e la fanno regnare sul mondo sotterraneo.
La Dama di Baza è una scultura, opera del popolo celtibero dei Bastetani. L'antica capitale Basti, del popolo dei bastetani, si trova a circa 5 km dall'attuale città di Baza, nella provincia di Granada.
Essa comprende due necropoli e una città cinta di mura in cui si trovano il nucleo iberico e quello romano.
La figura femminile, con diverse tracce di pittura policroma, è stata trovata il 22 luglio 1971 da Francisco José Presedo Velo, a Baza, cittadina spagnola posta sull'altipiano a nord-ovest della provincia di Granada. La dama venne recuperata in una necropoli della città di Baza, un'antica città ibero-romana.
La figura, del IV sec. a.c. è seduta su un trono e, per la presenza di un'apertura sul retro della statua, si pensa che avesse potuto contenere le ceneri della cremazione della persona rappresentata.
La scultura, visto sia il tipo di rappresentazione, sia l'epoca e il luogo del ritrovamento, si ricollega alla più celebre Dama di Elche. Dopo l' opera di restauro e conservazione, la scultura è stata collocata nel Museo archeologico nazionale di Spagna a Madrid, nella stessa sala della Dama di Elche e la Dama di Ibiza.
La Dama de Baza potrebbe rappresentare una divinità legata al culto funerario, è seduta su un grande trono, ha le mani sulle ginocchia, la mano destra è aperta e la mano sinistra tiene un uccello.
Non lo imprigiona, come alcuni hanno arditamente interpretato, si sa che tutte le Grandi Madri avevano come attributo una colomba, tanto è vero che la Chiesa cattolica, visto che i fedeli erano così intenti a venerare le colombe, ne piazzarono una come Spirito Santo, seppure asserendo che era una colomba maschile.... Misteri della fede...
La dama indossa un copricapo speciale che ricorda la Dama di Elche, visto che indossa un mantello poggiato sulla testa, evidentemente su un pettine a mo' di mantiglia, e raggiunge il pavimento in grandi pieghe.
Un collare copre quasi interamente il suo petto. Due pesanti e lunghi orecchini le scendono fino alle spalle, sul capo ha un diadema, siede su un trono con grande spalliera che simula dietro due ali spiegate.
Ha un volto composto e solenne che richiama la regalità della dama di Elche.
DAMA SEDENTE
DAMA DI GUARDAMAR
La Dama di Guardamar conosciuta anche come la Signora di Cabezo Lucero, è un busto calcare femminile, alta 50 cm, datata intorno al 400 a.c, che è stato scoperto in frammenti nel sito archeologico fenicio di Cabezo Lucero 'a Torrevieja nella provincia di Alicante, in Spagna, il 22 settembre, 1987.
Però è il femminile che deve acquistarlo, il femminile della donna o dell'uomo, ma non del maschio che sottomette la donna, perchè non può conquistare in sè ciò che non rispetta in natura. E se non rispetta la donna, l'anima (cioè emozioni, sentimenti ed istinti) e la natura non conquista l'acqua di vita, quello che Iside rappresentava anche con l'ankh, per cui quando muore va nel riciclaggio universale, per intenderci nel calderone di Birghit che la Dea mescola alacremente togliendo qualsiasi individualità.
Il Cerro de los Santos si trova nella città di Montealegre del Castillo (Albacete), a ricordare la ricchezza archeologica del tipo iberico di questa popolazione dove si sono reperite sculture e ceramiche, e pure una grande necropoli che ha fornito numerosi urne di cremazione.
Attualmente è stata collocata nel Museo archeologico nazionale di Spagna a Madrid nella stessa sala con la Dama di Elche e la Dama di Baza.
Le donne avevano insomma il potere di un retaggio matriarcale, non governavano ma si occupavano della religione e di fare da consigliere degli uomini di governo.
Là dove la Dea è potente le donne sono rispettate.
Là dove la Dea non è Dea, pur essendo Madre di Dio, ed è assoggettata al Dio, la donna è assoggettata al maschio, come avviene oggi nelle varie religioni, cattolica compresa.
Perfettamente integrata a Roma questa regione dette all'Urbe importanti magistrati e senatori, nonchè imperatori come Traiano e (molto probabilmente) Adriano.
La convivenza di queste colonie non fu liscia e dette luogo a diverse battaglie, soprattutto con le popolazioni preesistenti, finchè con le Guerre Puniche fu Roma a vincere e a stabilire la Pax Romana.
L'Iberia era governata da una Grande Dea fenicia che era anche la Dea del divenire: passato presente e futuro, ed era pertanto la Dea duplice della vita e della morte, e pure la Potnia Theron, La Signora delle Belve, o la Signora dei Cavalli come è mostrato nel bassorilievo arcaico che la mostra seduta, intenta a nutrire due cavalli.
LA DAMA DI ELCHE |
LA DAMA DI ELCHE
Una delle figure emblematiche dell'arte Iberica è la Dama di Elche (Dama d’Elx in valenziano; Dama di Elche in spagnolo), una scultura che rappresenta un busto di donna in pietra calcarea, datata al V o IV secolo a.c., scoperta in un sito romano antico, l'Alcudia, a 2 km a sud di Elche, vicino ad Alicante, in Spagna.
La Dalma di Elche è un busto ritrovato nel 1897 e conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Madrid. Rinvenuta a due Km a sud della città di Elche (antica Eliki) nella comunità valenciana della Spagna, il busto rappresenta una donna con due ruote verticali enormi e misteriose sul lato del viso.
La dama è stata trovata vicino Elche, in un tumulo che gli arabi chiamavano Alcudia (collina) e che in tempi antichi era circondata da un fiume. Sappiamo, inoltre, che l’insediamento in epoca ellenica era chiamato Helike (poi Illici dai romani), diventando “Elche” per gli arabi.
Qui accanto si è tentata una ricostruzione dei colori originari della statua, che secondo alcuno indossava un mantello rosso, per altri era azzurro (!).
Tutti i gioielli invece erano in oro o bronzo dorato.
La ricostruzione tuttavia non rende giustizia all'espressione originaria della statua, che ha un aspetto molto intenso e distaccato, come appartenesse ad un mondo molto diverso da quello umano. Insomma, e giustamente, lo sguardo impenetrabile di una Dea.
Questa donne invece, diciamolo, è tozza, pingue e priva di espressione. Al contrario dell'altra che è bellissima.
La Dalma di Elche è un busto ritrovato nel 1897 e conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Madrid. Rinvenuta a due Km a sud della città di Elche (antica Eliki) nella comunità valenciana della Spagna, il busto rappresenta una donna con due ruote verticali enormi e misteriose sul lato del viso.
La dama è stata trovata vicino Elche, in un tumulo che gli arabi chiamavano Alcudia (collina) e che in tempi antichi era circondata da un fiume. Sappiamo, inoltre, che l’insediamento in epoca ellenica era chiamato Helike (poi Illici dai romani), diventando “Elche” per gli arabi.
Qui accanto si è tentata una ricostruzione dei colori originari della statua, che secondo alcuno indossava un mantello rosso, per altri era azzurro (!).
LE DUE RUOTE DEL DESTINO |
La ricostruzione tuttavia non rende giustizia all'espressione originaria della statua, che ha un aspetto molto intenso e distaccato, come appartenesse ad un mondo molto diverso da quello umano. Insomma, e giustamente, lo sguardo impenetrabile di una Dea.
Questa donne invece, diciamolo, è tozza, pingue e priva di espressione. Al contrario dell'altra che è bellissima.
"Alcuni ipotizzano che il tumulo di Elche un tempo fosse una città appartenente ad un colonia atlantidea. Il simbolo solare associato alla dea Tanit ci ricorda che il culto del Sole era la religione dominante di Atlantide, e più tardi ereditato da tutte le culture antiche del mondo, dagli Egizi agli Inca."
"In generale si ritiene essere il lavoro di iberica scultura dal IV sec. a.c, anche se la tecnica indica forti influenze ellenistiche . Secondo l' Encyclopedia of Religion la Signora di Elche sarebbe direttamente collegata alla Tanit o Tinit, la Dea dei Cartaginesi, adorata dai Cartaginesi in terra Iberica".
Secondo gli archeologi e gli studiosi la scultura è di provenienza incerta: forse greca, iberica o cartaginese. La datazione è discussa, anche se in genere viene collocata tra il V e il III sec. a.c.
(tra il 499 e il 300 a.c.). Altezza: 56 cm. Larghezza: 45 cm. Profondità: 37 cm.
Il busto, ribattezzato come “La Dama di Elche”, sul dorso presenta una cavità sferica di circa 18 cm di diametro e profonda 16 cm, probabilmente utilizzata per conservarvi reliquie, oggetti sacri o le ceneri di un defunto."
E' ovvio che si tratta di una Dea, ne ha tutta la maestà, la serenità e l'astrazione dalle beghe degli umani. In quanto alle due misteriose ruote... che diamine, stanno in ogni parte del mondo: sono le ruote del divenire, la nascita-crescita e la crescita-morte.
Se ne trovano anche nella Sardegna prenuragica. o nell'India prearia. con le svastiche sinistrorse o destrorse. Ma si ritrovano pure nei capitelli ionici, con le antiche spirali rinvenute peraltro nei megaliti preistorici, come forza creativa e distruttiva.
Originariamente, il busto era completamente colorato, con vernici policrome. La donna raffigurata indossa una tunica di colore rosso, sulla quale poggia un ampio mantello marrone con rifiniture in rosso. Le labbra della donna conservano ancora pochi pigmenti rossi.
Secondo gli archeologi e gli studiosi la scultura è di provenienza incerta: forse greca, iberica o cartaginese. La datazione è discussa, anche se in genere viene collocata tra il V e il III sec. a.c.
(tra il 499 e il 300 a.c.). Altezza: 56 cm. Larghezza: 45 cm. Profondità: 37 cm.
Il busto, ribattezzato come “La Dama di Elche”, sul dorso presenta una cavità sferica di circa 18 cm di diametro e profonda 16 cm, probabilmente utilizzata per conservarvi reliquie, oggetti sacri o le ceneri di un defunto."
E' ovvio che si tratta di una Dea, ne ha tutta la maestà, la serenità e l'astrazione dalle beghe degli umani. In quanto alle due misteriose ruote... che diamine, stanno in ogni parte del mondo: sono le ruote del divenire, la nascita-crescita e la crescita-morte.
Se ne trovano anche nella Sardegna prenuragica. o nell'India prearia. con le svastiche sinistrorse o destrorse. Ma si ritrovano pure nei capitelli ionici, con le antiche spirali rinvenute peraltro nei megaliti preistorici, come forza creativa e distruttiva.
RUOTA SARDA DEL DIVENIRE |
Secondo l’Enciclopedia delle Religioni, la Signora di Elche avrebbe una connessione diretta con Tanit, una Dea di Cartagine adorata dai punici-iberici.
Il simbolo di Tanit era la piramide tronca portante una barra rettangolare sulla sommità. Su questa barra appaiono il sole e la luna crescente.
Tanit era la Dea che deteneva il posto più importante a Cartagine e significativamente, per una città prettamente commerciale, la sua effigie compariva nella maggior parte delle monete della città punica.
Questa vista laterale mostra gli ornamenti in ruote di metallo che possono essere stati costruiti di vimini. E dimostra inoltre che la mantiglia spagnola risale a circa 24 secoli.
Un simile copricapo a punta sormontato da un velo è stato indossato in Tunisia in tempi moderni. I gioielli, sono analoghi a quelli fenici e cartaginesi.
Lo stesso fenomeno è accaduto con la scoperta della Signora di Elche, avviando un interesse popolare per la cultura iberica pre-romana, tanto da apparire nel 1948 sulla banconota spagnola da un peseta.
Secondo alcuni, la tradizione continuerebbe con la banconota americana da un dollaro, dato che il simbolo della “piramide con l’occhio che tutto vede” avrebbe una matrice comune con il simbolo di Tanit. Ma anche questo ci sembra fanta-archeologia.
TANIT LA MONETA ED IL DOLLARO |
Altri invece, spingendosi oltre le possibili verifiche storiche e archeologiche, e anche oltre il buonsenso, hanno ipotizzato che le origini del busto possano avere connessioni con tradizioni artistiche riconducibile al continente perduto di Atlantide.
Nella Spagna del sud, fondarono la civiltà iberica (apparentata ai Baschi secondo Starbone, essi stessi discendenti dei liguri, nella Francia attuale). I Pelasgi adoravano la grande Dea e il Dio toro. I Baschi le danno il nome di "Maya" e la fanno regnare sul mondo sotterraneo.
I Liguri adoravano anche il Dio-toro del monte Bego o il Dio cervo della val Camonica (i Celti daranno il nome di "Cenunnos" alle due forme di questo Dio).
Comunque Maya o Tanit la Dea reggeva un po' ovunque nel mondo mesopotamico e mediterraneo.
Per i Cartaginesi, Tanit era Dea della fertilità, dell'amore e del piacere, associata alla Luna e agli inferi, per cui Dea della Terra, del Cielo e dell'Aldilà, Una e Trina.
Nella mitologia fenicia era simile ad Astarte, la Dea madre. Nella religione greca, Tanit corrispondeva ad Afrodite, ad Artemide ed a Demetra, unite insieme. Il simbolo di Tanit era la piramide tronca portante una barra rettangolare sulla sommità. Su questa barra appaiono il sole e la luna crescente.
Questo simbolo può essere osservato nella maggior parte delle steli delle necropoli puniche, dall'Africa Mediterranea, alla Sardegna, alla Sicilia, alla penisola Iberica. In realtà è una pupazzetta come un bambino potrebbe disegnare sua madre.
Tuttavia secondo studiosi delle religioni dell'Antichità il cono su cui poggia il disco solare è direttamente collegato alle ambrosie petrae fenicie, cioè le pietre sacre venerate in Libano e nell'Oriente mesopotamico come pure in Israele.
Ma queste pietre, tra cui quella araba della Mecca, che erano le pietre del tumulo sacro della Grande Madre, non erano solari ma lunari. Infatti Tanit era, come la maggior parte delle antiche Dee, una divinità lunare e non solare.
Qui accanto un'altra ricostruzione colorata, meglio della precedente, ma non rende ancora giustizia alla bellezza della Dea incolore. La causa ovviamente non sta nel colore ma nella riproduzione.
La Gran Madre Tanit tra i suoi appellativi divini era anche chiamata Mirionima, ovvero "dai 10.000 nomi". Appellativo passato alla Iuno Caelestis, che altri non è che Tanit stessa nella forma ellenistico-romana.
"Pe'ne Baal" significa "Viso di Baal" o "di fronte a Baal" ed era una delle epiclesi (invocazioni religiose) divine con cui era invocata. Quest'ultimo titolo indicava e le conferiva la prerogativa di avere la precedenza su Baal Hammon stesso, ma non è determinato in quale ambito liturgico o teologico ciò avvenisse o in relazione all'altro componente, Eshmun, della triade cartaginese.
Secondo molti autori classici, tra cui Diodoro Siculo, il culto di Tanit richiedeva anche sacrifici umani. ma oggi è chiaro fosse la propaganda anti-cartaginese dell'epoca.
Nella mitologia fenicia era simile ad Astarte, la Dea madre. Nella religione greca, Tanit corrispondeva ad Afrodite, ad Artemide ed a Demetra, unite insieme. Il simbolo di Tanit era la piramide tronca portante una barra rettangolare sulla sommità. Su questa barra appaiono il sole e la luna crescente.
Questo simbolo può essere osservato nella maggior parte delle steli delle necropoli puniche, dall'Africa Mediterranea, alla Sardegna, alla Sicilia, alla penisola Iberica. In realtà è una pupazzetta come un bambino potrebbe disegnare sua madre.
RICOSTRUZIONE DEI COLORI ORIGINALI |
Ma queste pietre, tra cui quella araba della Mecca, che erano le pietre del tumulo sacro della Grande Madre, non erano solari ma lunari. Infatti Tanit era, come la maggior parte delle antiche Dee, una divinità lunare e non solare.
Qui accanto un'altra ricostruzione colorata, meglio della precedente, ma non rende ancora giustizia alla bellezza della Dea incolore. La causa ovviamente non sta nel colore ma nella riproduzione.
La Gran Madre Tanit tra i suoi appellativi divini era anche chiamata Mirionima, ovvero "dai 10.000 nomi". Appellativo passato alla Iuno Caelestis, che altri non è che Tanit stessa nella forma ellenistico-romana.
"Pe'ne Baal" significa "Viso di Baal" o "di fronte a Baal" ed era una delle epiclesi (invocazioni religiose) divine con cui era invocata. Quest'ultimo titolo indicava e le conferiva la prerogativa di avere la precedenza su Baal Hammon stesso, ma non è determinato in quale ambito liturgico o teologico ciò avvenisse o in relazione all'altro componente, Eshmun, della triade cartaginese.
Eshmun fu un nume tutelare della città fenicia di Sidone, qui venerato almeno dall'età del ferro e le cui tracce di culto si rinvengono anche a Tiro, a Cipro, in Sardegna e a Cartagine. In quest'ultima città era parte della triade divina assieme a Baal e a Tanit.
A Cartagine, nel tempio di Eshmun, si ritirarono gli ultimi difensori della città mentre le truppe romane la stavano distruggendo alla fine della Terza guerra punica. Oggi sul tempio sorge la cappella di San Luigi che morì di peste a Tunisi nel 1270 (del tipo: metti qualsivoglia persona sopra ad ogni immagine di culto pagana. Possibilmente un santo oppure qualcuno che lo si fa diventare tale.
Secondo molti autori classici, tra cui Diodoro Siculo, il culto di Tanit richiedeva anche sacrifici umani. ma oggi è chiaro fosse la propaganda anti-cartaginese dell'epoca.
Visto che ritrovarono delle fosse con ossa calcinate di bambini si suppose il sacrificio, ma sarebbe come dire che siccome nelle necropoli etrusche ci sono delle piccole tombe di neonati aldifuori delle grandi tombe a tumulo, quei neonati sian stati uccisi e sacrificati.
Nelle civiltà arcaiche si supponeva che i neonati non avessero un'anima se non dopo un certo periodo di tempo, per cui non venivano sepolti insieme ai parenti. Del resto anche alcuni padri della Chiesa l'hanno creduto.
DAMA DI BAZA
LA DAMA DI BAZA |
La figura femminile, con diverse tracce di pittura policroma, è stata trovata il 22 luglio 1971 da Francisco José Presedo Velo, a Baza, cittadina spagnola posta sull'altipiano a nord-ovest della provincia di Granada. La dama venne recuperata in una necropoli della città di Baza, un'antica città ibero-romana.
La figura, del IV sec. a.c. è seduta su un trono e, per la presenza di un'apertura sul retro della statua, si pensa che avesse potuto contenere le ceneri della cremazione della persona rappresentata.
La scultura, visto sia il tipo di rappresentazione, sia l'epoca e il luogo del ritrovamento, si ricollega alla più celebre Dama di Elche. Dopo l' opera di restauro e conservazione, la scultura è stata collocata nel Museo archeologico nazionale di Spagna a Madrid, nella stessa sala della Dama di Elche e la Dama di Ibiza.
La Dama de Baza potrebbe rappresentare una divinità legata al culto funerario, è seduta su un grande trono, ha le mani sulle ginocchia, la mano destra è aperta e la mano sinistra tiene un uccello.
LA DEA DI PROFILO |
La dama indossa un copricapo speciale che ricorda la Dama di Elche, visto che indossa un mantello poggiato sulla testa, evidentemente su un pettine a mo' di mantiglia, e raggiunge il pavimento in grandi pieghe.
Un collare copre quasi interamente il suo petto. Due pesanti e lunghi orecchini le scendono fino alle spalle, sul capo ha un diadema, siede su un trono con grande spalliera che simula dietro due ali spiegate.
Ha un volto composto e solenne che richiama la regalità della dama di Elche.
LA DAMA SEDENTE |
Cerro de los Santos, Montealegre del Castillo
La scultura iberica fiorì soprattutto le persone a sud Júcar River Valley. Il sito archeologico in cui sono state rinvenute più sculture e ceramiche di origine iberica fino ad oggi, è il Cerro de los Santos, che si trova nella città di Montealegre Del Castillo, a 52 km. da Albacete.
La Dama Sedente venne realizzata in pietra calcarea della zona e viene fatta risalire tra il IV e il III sec. a.c. Seduta in posa ieratica, veste una tunica con manto, con un diadema sul capo che le ferma il manto, ornata di collane ed orecchini come la maggior parte delle Dame Iberiche. Rappresenta la Grande Madre in trono.La scultura iberica fiorì soprattutto le persone a sud Júcar River Valley. Il sito archeologico in cui sono state rinvenute più sculture e ceramiche di origine iberica fino ad oggi, è il Cerro de los Santos, che si trova nella città di Montealegre Del Castillo, a 52 km. da Albacete.
DAMA DI GUARDAMAR
La Dama di Guardamar conosciuta anche come la Signora di Cabezo Lucero, è un busto calcare femminile, alta 50 cm, datata intorno al 400 a.c, che è stato scoperto in frammenti nel sito archeologico fenicio di Cabezo Lucero 'a Torrevieja nella provincia di Alicante, in Spagna, il 22 settembre, 1987.
Il primo pezzo venuto alla luce, poichè locato a bassa profondità, fu una ruota del copricapo.
Seguirono altri frammenti del busto della donna Iberia, e un grande pezzo che includeva il copricapo, viso e collo, che hanno molte analogie con il busto iberico, la Dama di Elche.
La scultura era stata martellata per frammentarla e anche bruciata in diverse parti. Come mai tanto accanimento?
Questi frammenti sono stati portati al laboratorio del Museo Archeologico Provinciale di Alicante, si cominciarono a lavare e a provare ad unire i vari pezzi, prima il mento, poi le labbra, poi collo e pezzi di torace, oltre ad altri frammenti che non si adattavano perchè non facevano parte della scultura.
Il restauro è iniziato a ottobre 1987 ed è stato completato a giugno 1988. Lo stile della Dama di Guardamar è un po 'più arcaico rispetto alle altre sculture iberiche contemporanee, la Signora di Elche o la Signora di Baza, con caratteristiche più iberiche. Poiché nulla è più recente del 300 a.c. e il sito fiorì tra il 430 e il 350 a.c., sembra probabile che la Signora risalga al 400-370 a.c.
Seguirono altri frammenti del busto della donna Iberia, e un grande pezzo che includeva il copricapo, viso e collo, che hanno molte analogie con il busto iberico, la Dama di Elche.
LA SIGNORA DI GKOUARDAMAR |
Questi frammenti sono stati portati al laboratorio del Museo Archeologico Provinciale di Alicante, si cominciarono a lavare e a provare ad unire i vari pezzi, prima il mento, poi le labbra, poi collo e pezzi di torace, oltre ad altri frammenti che non si adattavano perchè non facevano parte della scultura.
Il restauro è iniziato a ottobre 1987 ed è stato completato a giugno 1988. Lo stile della Dama di Guardamar è un po 'più arcaico rispetto alle altre sculture iberiche contemporanee, la Signora di Elche o la Signora di Baza, con caratteristiche più iberiche. Poiché nulla è più recente del 300 a.c. e il sito fiorì tra il 430 e il 350 a.c., sembra probabile che la Signora risalga al 400-370 a.c.
La scultura restaurata è di calcare grigio a grana fine. La signora indossa una tunica con scollo rotondo. Una fascia smerlata attraversa la fronte e collega le ruote cave, probabilmente di metallo sottile, su ogni lato. Sopra la fascia la donna indossa un mantello a pieghe finemente scolpite.
Ogni collana che indossa è diversa; una è composta da sette tori uguali tranne quello centrale, che è scanalato. Sotto la collana successiva ha pendenti più grandi, alcuni a forma di triangoli curvi e alcuni semicircolari.
La seconda stringa di perline ha, perle sferiche e piatte a forma di oliva, sopra di esso è una stringa di perle sferiche con due piastre al centro. Nella realtà sarebbero stati fatti in pasta vitrea, come spesso apparso nello scavo Albufereta.
Ogni collana che indossa è diversa; una è composta da sette tori uguali tranne quello centrale, che è scanalato. Sotto la collana successiva ha pendenti più grandi, alcuni a forma di triangoli curvi e alcuni semicircolari.
La seconda stringa di perline ha, perle sferiche e piatte a forma di oliva, sopra di esso è una stringa di perle sferiche con due piastre al centro. Nella realtà sarebbero stati fatti in pasta vitrea, come spesso apparso nello scavo Albufereta.
DAMA SEDENTE
Questa Dama sedente è ora nel Museo Archeologico Nazionale di Madrid, è uno dei tanti pezzi che sono stati scoperti nella città di Montealegredel Castillo (Albacete).
Questa Dama sedente è ora nel Museo Archeologico Nazionale di Madrid, è uno dei tanti pezzi che sono stati scoperti nella città di Montealegredel Castillo (Albacete).
Il luogo dove sono stati trovati è stato chiamato dai locali Cerro de los Santos, perché questi pezzi ricordavano i santi nelle chiese.
Il Cerro de los Santos è stato un grande santuario dove i fedeli depositavano le loro offerte.
Questa dama mostra uno straordinario copricapo, evidentemente imbottito o avvolto molte volte per formare una specie di turbante in stoffa molto pronunciato.
Sotto al copricapo però si vede il diadema che la contraddistingue come regina, anche se si tratta di un altra immagine della Dea Tanit.
Stavolta però la Dea non indossa il mantello, come se fosse sufficiente il suo copricapo a rappresentare la sua importanza ed imponenza.
La Dea indossa una collana che sembra a due fili e forse degli orecchini, comunque coperti dall'enorme copricapo.
Le segna la vita una cintura probabilmente di metallo prezioso.
Il corpetto che indossa ha lunghe maniche d è di tessuto diverso dalla gonna o dalla sopragonna.
Questa appare eseguita a grandi losanghe che ricordano un po' quelle dell'omphalos delle grandi Dee mediterranee, intagliati a losanghe e ricordare le squame del serpente, eterno simbolo della Madre Terra. Perchè ogni Grande Madre è la Natura e la Madre Terra che tutti nutre.
GRAN DAMA OFFERENTE
La Gran Dama Offerente si stima appartenga ad un periodo tra il III e il II sec. a.c, il momento in cui la cultura ibérica ebbe il suo massimo splendore.
Essa rappresenta una donna riccamente vestita, con tunica e mantello smerlato e orlato che la copre fino ai piedi.
Il copricapo invece non fa parte del mantello ma è a sè, tenuto sul capo da un doppio diadema, orlato tutt'intorno da una lunga frangia che si suppone di seta come il vestito.
Indossa dei lunghi e larghi orecchini che ricordano le due ruote che ornano il capo della Dama di Elche.
Dal collo le pende una triplice e pesante collana che arriva oltre i seni.
La vita è sottolineata da una preziosa cintura lavorata da cui pende un gioiello a larche maglie con nappi finali che le orna la veste nella parte della gonna.
tra le mani regge un vaso ripieno di un qualche liquido, che supponiamo sia acqua.
Ci ricorda iside con la sua brocca d'acqua che non rappresentava un'offerente ma la delineava come la Dea dell'acqua di vita.
Acqua che viene citata anche dal Cristo: - "Chi berrà di quest'acqua non morirà", nulla di nuovo sotto il sole. L'acqua di vita delle Dee erano i sentimenti più elevati a cui giunge un'anima nel pieno della sua consapevolezza.
LE ALTRE DAME IBERE
La scultura qui a fianco, realizzata in pietra calcarea, inizialmente era una statua a figura intera è stata tagliata all'altezza del petto.
Il busto ricorda il gruppo delle Dame íberas trovato nel sud-est della penisola.
Tuttavia, soprattutto mantiene l'estetica di ritratti romani, e secondo alcuni potrebbe essere il ritratto di un membro dell'aristocrazia dell'Andalusia.
A nostro avviso anche se c'è un vago tratto romano, questo dipende dall'epoca forse un po' più tarda della statua.
L'aspetto però un po' ieratico si riallaccia a quello delle altre immagini della Dea ibera.
DAMA DI IBIZA
La Dama di Ibiza è una figura d'argilla alta 47 cm, risalente al III sec. a.c..
Fu ritrovata nella necropoli posta sul Puig des Molins a Ibiza, isola delle Baleari.
Fu realizzata con uno stampo e presenta una cavità sul retro, caratteristica di tutte le altre Dame ritrovate, fatto che ipotizza l'uso per conservare reliquie, offerte funerarie o le ceneri del defunto.
Si ritiene però che anche questa sia la rappresentazione della Dea cartaginese Tanit.
Si ritiene però che anche questa sia la rappresentazione della Dea cartaginese Tanit.
La figura presenta vesti e gioielli molto ricchi, lavorati con molte volute e fiori. Indossa vari gioielli sul capo, sulla fronte e sulla veste.
Autori classici come Strabone, Polibio, Sallustio e Livio, oltre agli scavi archeologici della penisola iberica, ci hanno offerto preziose informazioni circa l'importanza del ruolo svolto dalle donne nella società iberica.
Ma la preoccupazione per la bellezza ha occupato una parte importante della loro vita, come dimostrano i corredi che sono stati trovati, che comprendono anche vasetti per cosmetici e profumi.
Esse presiedevano alle grandi cerimonie, suonavano degli strumenti e ballavano al fianco degli uomini.
Inoltre si occupavano delle erbe per la salute e curavano le malattie della comunità.
Infine, non si sa se avessero posizioni di potere, ma si sa per certo che venivano coinvolte politicamente, occupandosi delle alleanze e trattando con le altre tribù.
La sua vita quotidiana nel villaggio riguardava la maternità o il lavoro domestico.
Là dove la Dea è potente le donne sono rispettate.
Là dove la Dea non è Dea, pur essendo Madre di Dio, ed è assoggettata al Dio, la donna è assoggettata al maschio, come avviene oggi nelle varie religioni, cattolica compresa.
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