DIANA
“Figlio di Apollo, custodisco per sempre il passaggio
Donde le anime salgono ai Cieli.
Tu non scorgi che un lato del mio doppio volto:
L’altro guarda gli Dei!
Comprimo quaggù l’effluvio della terra;
Con tutto il peso del mio globo
Premo gli Spiriti, le Anime e i Corpi;
E tutto il mondo sotto la mia gravità,
Tutto soggiace al mio ritmo e riceve la rugiada
Dei miei silenziosi accordi.
Io congiungo e disgiungo, accordo e oppongo
Tutto: poli, sessi, elementi;
Io sono il femmineo latente in ogni cosa:
Attiro a me i movimenti;
Essi cedono, nella loro forma, alle leggi delle mie ebdomadi:
Bestie, piante, folle umane,
flussi, venti, nuvole, mari,
Tutto fluisce a me nella sua marea,
dal fuoco centrale divampante all’Empireo,
fino ai rarefatti confini dell’Aria.
Presiedo alla Morte, regolo la nascita,
perché nascere è sempre morire.
Le generazioni scorrono sotto la mia potenza:
Ne posseggo le chiavi d’argento e d’oro;
Rimando sul Sole le Anime immortali
Il cui Spirito ha meritato le ali
Per partirsi dal torrente delle nascite;
Altrimenti, al fondo dello Spazio,
Io li lego alla donna, e il loro destino ritorna
Sotto il giogo dei miei turbini.
…Ah! Se le vedessi, le anime invisibili
Uscire a sciami dalle tombe,
Vacillare e salire sui miei raggi pazienti
Scivolare in folla sulle acque!
Alcune, prendono la folle corsa dai campi,
Più rapide della parola,
Passano, rasenti il suolo, si lanciano nell’aria,
Si sospendono su caligini opache,
O sognano su rocce deserte.
Le altre, raggiunta la sfera delle nuvole,
Cercano di volare fino a me,
Scalando l’Etere, afferrandosi ai miei miraggi,
ruzzolando, tremanti d’emozione,
Risalendo, raggiungendomi palpitanti di visioni,
giocando a branchi sui miei greti,
spaziando nei miei vulcani, cercandosi,
chiamandosi, Trovandosi, formandosi in schiere,
E portando a spasso i loro cori
nei miei valloni sulle groppe
Del mio grande circo scintillante.
Ma la Terra ti chiama, addio! Parla alle Stelle:
Io ti perdo all’orizzonte.
Forza, quando del tuo corpo lascerai il sudario
Nella sua funebre prigione,
Non temere: vieni, monta i miei corsieri di luce,
credi, - e verso la fonte prima
Da cui scaturisci, verso il Dio superbo,
dall’arco vermiglio,
Fissando fortemente il tuo pensiero,
Va! Io ti lascerò, dalla mia sfera ghiacciata
Salire senza ostacoli al Sole!..."
Tratto dal VI capitolo de LA CLEF DE LA MAGIE NOIRE (1897) di Stanislas de Guaita che qui cita Il Testamento lirico, di Alexandre Saint-Yves, p. 384-387 [ed. francese].
Insomma la magia appartiene a Diana.. la magia? Ancora crediamo a queste cose?
Dipende da quale magia si intenda. Gli antichi la chiamavano Magia Naturale, niente bacchetta magica, glifi, scongiuri, incantesimi, cerimone e riti, tutto interiore.
La Magia era la trasformazione, il mondo dei cicli, quelli che fanno tanta paura ai maschi, che temevano quando Diana, la Luna Nera, si rifugiava nelle grotte.
DIANA DI NEMI
La vita è come la percepiamo, secondo lo specchio che la riflette: per questo la luna era lo specchio dell’anima, e le sacerdotesse si tuffavano nel lago di Nemi, chiamato un tempo lo Specchio di Diana (oggi c’è solo un ristorante che lo ricorda), e per questo il santuario di Diana, anzi i suoi resti, giacciono dimenticati sulle rive del lago.
La Magia era la trasformazione, il mondo dei cicli, quelli che fanno tanta paura ai maschi, che temevano quando Diana, la Luna Nera, si rifugiava nelle grotte.
DIANA DI NEMI
La vita è come la percepiamo, secondo lo specchio che la riflette: per questo la luna era lo specchio dell’anima, e le sacerdotesse si tuffavano nel lago di Nemi, chiamato un tempo lo Specchio di Diana (oggi c’è solo un ristorante che lo ricorda), e per questo il santuario di Diana, anzi i suoi resti, giacciono dimenticati sulle rive del lago.
Anni addietro, in un bar di Nemi, un gruppo di turisti tedeschi chiesero dove fosse il tempio di Diana, i locali li guardarono sbalorditi: non sapevano neppure che esistesse.
Ricordo le facce stupite e addolorate dei turisti quando spiegai in un cattivo inglese l’oblio del tempio. A chi interessa quel mondo dimenticato, inutilmente rievocato nelle prime pagine del “Ramo d’oro” di Frazer, il più letto tra i libri d’antropologia in tutto il mondo?
La sacerdotesse chiamavano il lago "Lo specchio di Diana", perchè in esso si rispecchiavano per scorgere la loro profondità.
E lì si bagnavano ritualmente ogni anno per riacquistare la propria verginità, che non è verginità fisica ma verginità di cervello, ovvero purificavano la mente condizionata.
Oggi la donna liber è mignotta mentre allora era.. libera, ma la cosa non andò giù ai maschi che da sempre si sentono figli della donna e si adoperano per levare l'onta della sudditanza.
Così maltrattano le donne, le chiudono un casa, mettono loro il burca o se sono libere le stuprano così imparano.
Cosa cercavano le sacerdotesse nelle profondità vulcaniche del lago di Nemi?
E cosa celebravano sulla sommità del monte dove trionfava la Diana dalla cornucopia vuota, fregata all'epoca dai ricchi prelati Ruspoli la cui copia giace nei giardini del cratere vulcanico, ex giardini Ruspoli?
Già, come Bartolomeo Ruspoli che nel 1730 ricevette la berretta cardinalizia ed il 22 novembre di quello stesso anno la diaconia dei santi Cosma e Damiano con dispensa per non essere ancora stato ordinato sacerdote.
Cavolo l'avevano fatto cardinale senza che fosse nemmeno prete? Si sa, la chiesa fa miracoli.
Ricordo le facce stupite e addolorate dei turisti quando spiegai in un cattivo inglese l’oblio del tempio. A chi interessa quel mondo dimenticato, inutilmente rievocato nelle prime pagine del “Ramo d’oro” di Frazer, il più letto tra i libri d’antropologia in tutto il mondo?
La sacerdotesse chiamavano il lago "Lo specchio di Diana", perchè in esso si rispecchiavano per scorgere la loro profondità.
E lì si bagnavano ritualmente ogni anno per riacquistare la propria verginità, che non è verginità fisica ma verginità di cervello, ovvero purificavano la mente condizionata.
Oggi la donna liber è mignotta mentre allora era.. libera, ma la cosa non andò giù ai maschi che da sempre si sentono figli della donna e si adoperano per levare l'onta della sudditanza.
Così maltrattano le donne, le chiudono un casa, mettono loro il burca o se sono libere le stuprano così imparano.
Cosa cercavano le sacerdotesse nelle profondità vulcaniche del lago di Nemi?
E cosa celebravano sulla sommità del monte dove trionfava la Diana dalla cornucopia vuota, fregata all'epoca dai ricchi prelati Ruspoli la cui copia giace nei giardini del cratere vulcanico, ex giardini Ruspoli?
Già, come Bartolomeo Ruspoli che nel 1730 ricevette la berretta cardinalizia ed il 22 novembre di quello stesso anno la diaconia dei santi Cosma e Damiano con dispensa per non essere ancora stato ordinato sacerdote.
Cavolo l'avevano fatto cardinale senza che fosse nemmeno prete? Si sa, la chiesa fa miracoli.
Cosa cercavano dunque le sacerdotesse che si perse nei meandri dei secoli e che i ricchi prelati ecclesiastici non cercarono più? Lo specchio di se stesse? Uno specchio così profondo da potervi leggere la propria anima e l'Anima Mundi?
Solo favole, nemmeno il miraggio del turismo fa rivivere la Dea, perché il femminile è dimenticato.
Da custodi del fuoco sacro le donne son diventate cuoche, da soccorritrici della comunità a infermiere casalinghe, donne delle pulizie, nutrici e tate dei mariti, che sono più figli dei loro figli.
Da secoli la donna nasconde l’odio che nutre verso il protettore esigente, l’uomo-padre che la delude ogni giorno in qualità d’uomo-figlio.
Le nostre donne dicevano: ” La donna si danna per nascondere il danno.”
Lei s’era illusa e lui poverino… è solo un uomo. Per contentarla s’inventa d’essere forte, non piange e non ride, e s’inaridisce.
Per questo parla poco e sorride scettico all’astrologia, ai fenomeni paranormali, agli ufo, ai cartomanti, ai miracoli, ai fantasmi.
Evita ospedali e cimiteri, non li sopporta. Le donne invece imboccano a tutto, speranzose d’una nota del mondo dimenticato, che non sia tutto qua, che abbia spazi e possibilità infinite.
Cercano il mito, la favola, la metafora, la nebbia autunnale, la cartomante, il canto del cigno, l’abbandono panico tra le messi mature, le movenze della gatta, il canto del gufo, l’incanto della foresta.
Solo favole, nemmeno il miraggio del turismo fa rivivere la Dea, perché il femminile è dimenticato.
Da custodi del fuoco sacro le donne son diventate cuoche, da soccorritrici della comunità a infermiere casalinghe, donne delle pulizie, nutrici e tate dei mariti, che sono più figli dei loro figli.
Da secoli la donna nasconde l’odio che nutre verso il protettore esigente, l’uomo-padre che la delude ogni giorno in qualità d’uomo-figlio.
Le nostre donne dicevano: ” La donna si danna per nascondere il danno.”
Lei s’era illusa e lui poverino… è solo un uomo. Per contentarla s’inventa d’essere forte, non piange e non ride, e s’inaridisce.
Per questo parla poco e sorride scettico all’astrologia, ai fenomeni paranormali, agli ufo, ai cartomanti, ai miracoli, ai fantasmi.
Evita ospedali e cimiteri, non li sopporta. Le donne invece imboccano a tutto, speranzose d’una nota del mondo dimenticato, che non sia tutto qua, che abbia spazi e possibilità infinite.
Cercano il mito, la favola, la metafora, la nebbia autunnale, la cartomante, il canto del cigno, l’abbandono panico tra le messi mature, le movenze della gatta, il canto del gufo, l’incanto della foresta.
Un tempo le donne spartane circolavano nel succinto costume da circasse, con le gambe scoperte e un seno nudo, il costume della Diana Nemorense, e gli uomini non le stupravano per questo.
Potevano gareggiare nelle palestre nude come gli uomini, che non si sentivano meno maschi per questo, come oggi si sentirebbero, e farebbero scattare la violenza per punirle. Avevano obbligo di fedeltà solo da sposate, ma prima giacevano con chi gli garbasse.
Oggi la libertà femminile suscita odio negli uomini, perché fa paura. Ma se facciamo crollare l’immagine di maschio potente, a lui togliamo un grosso fardello, alle donne un’ingiusta dominazione ed esagerate aspettative sul maschio, ma soprattutto togliamo l’odio tra i sessi.
Potevano gareggiare nelle palestre nude come gli uomini, che non si sentivano meno maschi per questo, come oggi si sentirebbero, e farebbero scattare la violenza per punirle. Avevano obbligo di fedeltà solo da sposate, ma prima giacevano con chi gli garbasse.
Oggi la libertà femminile suscita odio negli uomini, perché fa paura. Ma se facciamo crollare l’immagine di maschio potente, a lui togliamo un grosso fardello, alle donne un’ingiusta dominazione ed esagerate aspettative sul maschio, ma soprattutto togliamo l’odio tra i sessi.
"Ogni essere umano, da che mondo è mondo, è nato da una donna e da una sola. Archetipo del teorema dell'esistenza e dell'unicità. Per quanto si voglia imbrigliare la donna nei numeri, legarle i piedi, immergerla nella molteplicità o ridurla ad una metà, la sua unicità resta irriducibile. La donna è l'Uno, e come tale è la protagonista assoluta." riconosce Denis Gduey.
Maschio rassegnati: ogni volta che domandi alla tua donna dove stanno i calzini o le chiedi di apparecchiarti la tavola e aspetti di essere servito "perchè tu lavori tutto il giorno" tu ti fai figlio, per giunta un figlio bambino, un non cresciuto con arie e pretese di adulto.
Per questo gli uomini sono spesso così violenti: perchè sono rimasti bambini piccoli.
Maschio rassegnati: ogni volta che domandi alla tua donna dove stanno i calzini o le chiedi di apparecchiarti la tavola e aspetti di essere servito "perchè tu lavori tutto il giorno" tu ti fai figlio, per giunta un figlio bambino, un non cresciuto con arie e pretese di adulto.
Per questo gli uomini sono spesso così violenti: perchè sono rimasti bambini piccoli.
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