lunedì 15 luglio 2013

LA DEA DIANA - I




LA DEA ARTIO

Una statua della Dea Artio con l’orsa, di epoca gallo-romana, venne trovata nei pressi di Berna e conservato nel Museo Storico della città.

DIANA
Berna, la cui etimologia rimanda all’orso (ber, bern, bear, sono termini germanici riferiti all’orso), era un centro molto importante per l’antico popolo dei Celti.

Ma il nome Artio viene da Artemide, cioè la Diana romana.
Se Artemide è fortemente collegata all’orso, fin dalla stessa etimologia, (Artio - Artemide).

La Dea non compare solamente nella mitologia greca, ma è presente con nomi molto simili anche nel mondo celtico e germanico: nelle zone dell’Europa centrale e insulare sono presenti, infatti, Arduina e Andarta, venerate rispettivamente nelle Ardenne e sulle Alpi, e soprattutto la Dea Artio, adorata nella Germania del sud e in Svizzera, il cui attributo principale era un’orsa, appunto.

Da lei e dal suo culto derivò il nome Artù col suo mito volto al maschile, dove la Dea è adombrata dalla Dama del Lago che gli consegna la spada e dalle Norne che lo accolgono nella morte. Ma di orsi non se ne parla.



ARTEMIDE TAURIDE

Nel mito greco del sacrificio di Ifigenia, figlia del re Agamennone, si narra che Artemide, adirata contro il re colpì la flotta greca con una spaventosa bonaccia che bloccava la via per Troia, onde l'oracolo chiese il sacrificio della figlia di Agamennone, Ifigenia.

Il re fu costretto ad acconsentire, ma Artemide rapì la ragazza dall'ara del sacrificio sostituendola con un’orsa e conducendola a Braurone. Qui Ifigenia divenne divenne grande sacerdotessa del tempio di Artemide Tauride.

Secondo altri autori invece la sostituì con un cervo e la fanciulla fu trasportata in Crimea, che gli antichi Greci chiamavano Taurica o Scitica, e nominata sacerdotessa del tempio della Dea a Tauride, nel quale gli stranieri le venivano offerti come sacrifici umani.

In seguito suo fratello Oreste riportò in Grecia la statua della Dea, istituendo in Laconia ( territorio di Sparta), il culto di Artemide Tauridea. Secondo le cronache spartane il legislatore Licurgo sostituì l'usanza del sacrificio umano con la flagellazione.

I primi abitanti di Crimea furono i Cimmeri, espulsi dagli Sciti nel VII secolo a.c., quando i Dori  e gli Ioni vi fondarono diverse colonie. Queste invasioni patriarcali variarono di sicuro i costumi e la religione dell'epoca.

In questo luogo di culto, almeno dal VI secolo a.c, si recavano le giovani ateniesi, chiamate “orsette” (artktoi), per partecipare ad una cerimonia misteriosa e iniziatica, in gran parte segreta.

Per quello che è possibile sapere le fanciulle arrivavano in processione da Atene al grande santuario vestite con abiti color zafferano; qui danzavano, spesso nude, imitando le movenze delle orse, come riportano alcuni storici dell’antichità.

I riti si concludevano, nell'ipotesi della cultura attuale e patriarcale, probabilmente con l’uccisione di un’orsa, invece la mentalità del femminile è molto lontano da ciò, tanto è vero che diversi autori antichi sostennero che in tempi remotissimi (come testimoniano  Plutarco, Esiodo e Plinio, sulla base delle loro ricerche) non si facevano riti cruenti agli Dei.

Sempre la mentalità maschile ha dedotto che la qualità preponderante dell’orsa, cioè il suo istinto materno, attraverso l'uccisione dell'orsa e il cibarsi delle sue carni, si sarebbe così trasmesso alle giovani ateniesi in procinto di diventare spose e madri.

Dunque un rito di passaggio dalla condizione puerile a quella adulta: a testimonianza di questa versione, nella fonte sacra del tempio, ancora visibile, sono stati rinvenuti oggetti personali delle giovani adolescenti e legati alla loro condizione infantile, offerti ad Artemide.

Ma l'immagine di un'orsa per la maternità non è un po' troppo selvaggia riferita a candide fanciulle?
E pure la Dea Lupa, o la Dea Cinghialessa, per non parlare delle Dee orientali, leonesse, gatte, serpenti, coccodrilli e scorpioni, erano tutte immagini della maternità?
O piuttosto era la Dea selvaggia, vergine ed indipendente, che era associata alla maternità proprio per la ferocia dell’orsa.

Per questo si diceva che Artemide si allontanasse dai boschi solamente per soccorrere le donne afflitte dalle doglie: a questo proposito, a Braurone, sono state trovate delle piccole figure umane, forse ex voto, consegnati alla Dea dopo il felice esito dei parti e, nello stesso luogo, i mariti e i familiari erano soliti offrire gli abiti indossati delle spose decedute durante il travaglio.

Sembra che Ifigenia ed Artemide fossero anticamente un’unica Dea, come Core sta a Demetra, e come è riportato sull'Ifigenia in Tauride di Euripide. Ifigenia sacrificata a Poseidone (in era patriarcale, ma si mettessero d'accordo, non era ad Artemide?), era anticamente l’immersione rituale nel mare. Non a caso negli stucchi della Basilica Neopitagorica a Roma l’ultima immagine è della vergine Saffo che si getta in mare.

La partecipazione cosmica è l’immersione nell’acqua III dell’oceano dei Pesci, come sa ogni astrologo che si rispetti. Morte dell’io e vittoria del Sé, o dell’Anima, e si profila l’alata effigie della graziosa Nike che sta nella mano di Minerva armata. La vittoria, si sa, è solo dell’anima.

MELEAGRO ED ATLANTA CONTRO IL CINGHIALE CALIDONIO


ATLANTA

Artemide salvò la piccola Atalanta dalla morte per assideramento, dopo che suo padre l'aveva abbandonata, mandando da lei un'orsa che la allattò finché non venne raggiunta da alcuni cacciatori. Tra le sue avventure, Atalanta partecipò alla caccia al Cinghiale calidonio che Artemide aveva mandato per distruggere Calidone, dato che il re Eneo si era dimenticato di lei durante i sacrifici per celebrare il raccolto.

Nella mitologia greca, il cinghiale di Calidone o calidonio è un cinghiale di straordinaria potenza che compare in diversi miti come antagonista di grandi eroi. Fu mandato da Ares, per gelosia, a uccidere Adone quando costui si innamorò di Afrodite.

La fiera trovò la morte nella caccia calidonia, una battuta di caccia al cinghiale organizzata dal re Oineo di Calidone. Il cinghiale era stato inviato da Artemide a distruggere i campi di Calidone perché Oineo era venuto meno nelle offerte votive. Per liberarsi della belva, Oineo organizzò una caccia in cui chiese la partecipazione di quasi tutti gli eroi del mito greco; tra gli altri, Castore e Polluce, i Cureti, Ida e Linceo, Admeto e Atalanta.

In altro mito invece Meleagro e Artemide cacciano il cinghiale calidonio, colpito per primo da Atlanta che è tuttavia la stessa Artemide. L'Atlanta Artemide rappresenta infatti le donne succubi dei maschi su cui il padre ha diritto di vita e di morte, è la Dea a richiamare l'antica Orsa, o Dea Orsa per proteggere la fanciulla che sempre rifiuterà il matrimonio, a cui verrà però suo malgrado costretta.

Artemide è portatrice di un archetipo femminile caratterizzato da un forte spirito d'indipendenza dall'uomo e da una forte solidarietà col mondo delle altre donne, come appunto vi fu nel matriarcato.
Non c'è da meravigliarsi dunque se la Dea rimase come protettrice delle donne e della magia per tutto il medio evo e oltre.



ARTEMIDE o DIANA. la DEA ORSA

Artemide Dea della caccia era a volte indicata come “straniera”, forse per la sua origine non greca, ma anche perché era associata ai territori selvaggi e a quelli di confine, come le aree di frontiera, le coste, le zone d’acqua.

Tra gli attributi principali di Artemide compare spesso il cervo: l’animale preferito dalla divinità sembra essere stato, però in tempi più antichi, l’orso, dal momento che molti miti lo legano ad Artemide.

Primo fra tutti la metamorfosi di Callisto, splendida principessa e compagna di caccia di Artemide: la giovane, infatti, fu trasformata in orsa dalla Dea adirata, probabilmente per aver infranto il voto di castità, dopo essere stata posseduta da Giove.

Arcade, il piccolo che Callisto portava in grembo, fu però risparmiato e, nel volgere di qualche anno, divenne re dell’Arcadia ( “la terra degli orsi”).

Un giorno il giovane, recatosi a caccia, venne trasformato da Zeus in un cucciolo d’orso per impedirgli di uccidere la madre e, successivamente, i due furono trasportati nella volta celeste dove formarono le Costellazioni dell’Orsa Maggiore e Minore, le uniche a non tramontare mai sotto la linea dell’orizzonte.

In questo mito Callisto appare come compagna della Dea, ma dal momento che Artemide era conosciuta anche come Kalliste, cioè “la bellissima”, appare chiaro che le due figure femminili in realtà fossero la stessa persona.
Questo potrebbe confermare la natura divina dell’orsa, personificata dalla stessa Dea.



NEL MITO EBRAICO

Un brano dello Zohar narra come Lilith sia nata nel periodo di oscuramento della Luna, quando lo splendore dell’astro notturno non stempera l’oscurità della notte. L’assenza della luce, che si ripete ogni mese fino a raggiungere l’eclisse, è la causa che permette alle forze del male di farsi strada sulla scena del mondo.

Lilith è la personificazione femminile del lato oscuro e negativo della sessualità, la concubina che tormenta di preferenza i giovani che sono privi di una sposa o irretisce mariti che sono separati dalle loro mogli, quando ad esempio sono in viaggio.

Pertanto il richiamo alla sessualità operato dal corpo della donna è peccato per il maschio perchè lui non sa resistervi e rischia per esso di perdere la sua indipendenza.

La dipendenza dell'uomo dal sesso non è determinata dal suo testosterone maturo, ma dalla mancanza di maturazione della sua anima. L'essere accolto nel grembo della donna è per molti uomini il rientro nell'utero materno che li protegge e li scalda.

Più l'uomo si distacca dalla sua anima più dipende dalla donna-madre che egli deve stuprare per dimostrarsi più adulto di lei. Battaglia persa in partenza perchè è lui a desiderarla come madre, è lui ad eleggerla madre.

Il ritorno odierno ai seni abbondanti, spesso esagerati e ottenuti con plastiche varie, denota la dipendenza maschile dal lato materno della donna che egli desidera ed odia perchè in fondo si sente inferiore a lei.

La Venere–Lucifero-Lilith era anche identificata nell’Antico Vicino Oriente con la Grande Dea Ishtar.



LA DEA ARALIA

Diana disse un giorno a sua figlia Aradia:

E' vero che tu sei uno spirito,
ma tu sei nata per essere ancora
mortale, e tu devi andare
sulla Terra e fare da maestra
a donne e uomini che avranno
Volontà di imparare la tua scuola
che sarà composta di stregonerie.

Non devi essere come figlia di Caino
E della razza di quelli che son divenuti,
scellerati e infami a causa dei maltrattamenti,
come Giudei e Zingari,
tutti ladri e briganti,
tu non diventi...

Tu sarai (sempre) la prima strega,
la prima strega venuta al mondo.
Tu insegnerai l'arte di avvelenare
di avvelenare (tutti) i signori,
di farli morti nei loro palazzi.


Di legare lo spirito dell'oppressore; 
E dove si trova un contadino ricco e avaro 

insegnerai alle streghe tue alunne
come rovinare il suo raccolto
con tempesta, folgore e baleno,
con grandine e vento.

Quando un prete ti farà del male
del male colle sue benedizioni,
tu gli farai un doppio male
col mio nome, il nome di Diana
Regina delle streghe...


Quando i nobili e i preti vi diranno:
"Dovete credere nel Padre,
nel Figlio e in Maria"
rispondetegli sempre:
"Il vostro Dio Padre, suo Figlio e Maria 

sono tre diavoli...

Il vero Dio Padre non e' il vostro Dio
io sono venuta
per distruggere la gente cattiva
e la distruggerò...

<<Voi altri poveri soffrite 

anche la fame, e lavorate male 
e molto soffrite anche la prigione;
ma però avete un'anima più buona
e nell'altro mondo voi starete bene;
e gli altri male >>


Ora, quando Aradia ebbe imparato a compiere ogni sorta di stregoneria e a distruggere la razza infame degli oppressori, insegnòai suoi discepoli quest'Arte e disse loro:

Quando io sarò partita da questo mondo,
qualunque cosa avrete bisogno,
una volta al mese, quando la luna e' piena,
Dovete venire in luogo deserto,
in una selva tutte insieme,
e adorate lo spirito potente della vostra regina 

di mia madre Diana, 
e chi vorra' imparare la stregoneria,

Che ancora non conosce
mia madre le insegnerà 

tutte le cose sconosciute.
Sarete liberi dalla schiavitù!
E così diverrete tutti liberi!
E come segno della vostra vera libertà
uomini e donne nei vostri riti
sarete tutti nudi, fino a che 

non sarà morto l'ultimo degli oppressori.

Farete il giuoco del moccolo di Benevento,
e farete poi una cena cosi'
.


(1) Nota dal testo:
Secondo Leland, il nome Aradia deriva da Erodiade o Herodiad, non in riferimento alla figura del Nuovo Testamento, ma ad una versione precedente di Lilith recante lo stesso nome, nata dalla fusione delle "regine del cielo ariane e semitiche".


DIANA

" Fu nel medesimo Vico (Patricius) un Tempio di Diana, Aedes Dia in cui non entravano uomini. Plutarco nel Problema terzo: Cur Jiornce quum Lfiance muLtce sint (^cics , ciò . eani soluni non intrant viri quae est in vico Putrido) e soggiugne, che avendovi un uomo fatta violenza ad una donna, vi fu lacerato da cani." Questo a Roma quando ancora la Dea era rispettata e con essa le donne.



LE JANARE DI DIANA

Le tracce del matriarcato in Sardegna vanno dai siti premuragici, finora scoperti oltre 120, soprattutto a ovest e nel centro dell'isola fino alle domus de Janas, o “case delle fate”, necropoli sia ipogee che in superficie, caratterizzate dalla forma a utero, a uovo o a corpo femminile (la Dea).
Ma chi è Jana? E' ovvio, è Diana, e le janare sono le Dianare, le sue sacerdotesse.

Fino alla prima metà del Novecento, le deinas continuarono ad essere «veggenti stimate e temute allo stesso tempo». A loro vengono attribuite relazioni con il mondo occulto e quindi divino.

Si racconta che quando “las fadas” (le fate) del Monte Oe scendevano a mezzanotte a ballare nella piazza del paese, se qualche uomo cercava di toccarle veniva schiacciato da una maledizione: «Ancu ti tocchet sa musca maghedda!» («Che tu sia punto dalla mosca maghedda!», insetti mostruosi, grandi come una pecora e dotati di un pungiglione mortale).

Nel loro corredo di fate non potevano mancare lo specchio, il setaccio, il velo, gli arnesi da tessitura; e naturalmente le erbe, gli unguenti e le sostanze che favorivano la trance. Tra i loro poteri il dominio del fuoco, il contatto con gli spiriti, l'oracolo, la capacità di visione a distanza e di guarigione, l'estasi e la trance e il volo magico.

Pratiche esercitate apertamente ancora nei primi secoli del cristianesimo, che non cessarono mai del tutto e sopravvissero agli oltre 750 processi intentati dell'Inquisizione tra il 1562 e il 1688, la maggior parte dei quali riguardavano “fattucchiere e sortileghe”. 

Le più perseguitate furono le streghe di Castel Aragonese, conosciuto oggi come Castelsardo; gli inquisitori individuarono come luogo del sabba la misteriosa località della piana del Coghinas, dove attualmente si trovano le terme di Casteldoria.

Anche l'antichissimo culto lunare di Diana, di cui si trovano vistose tracce nella toponomastica dell'isola, non riuscì a superare la repressione cristiana. Durante il medioevo, la venerazione della Dea venne ripetutamente condannata e demonizzata della chiesa.

In realtà Artemide-Diana era una figura protettrice: «puniva coloro che violentavano le vergini e si macchiavano di ogni altra sopraffazione, così come puniva coloro che esercitavano la caccia in modo selvaggio, effettuando una distruzione senza limiti. Anche i cuccioli, al pari dei bambini, erano sotto la sua protezione e dovevano essere risparmiati». 

Fino a una cinquantina di anni fa, era d’uso, soprattutto nella Sardegna centrale, intonare filastrocche recitate da ragazze sedute in cerchio che battendo le mani, oppure in girotondo ad occhi chiusi, dopo aver guardato la luna, recitavano:
«Luna luna, paraluna, paristella
ses sa bella de muntanna... 
Luna luna, porchedda luna
porchedda ispana, sette funtanas
sette chilivros, appiccamilos
sutta sa mesa, luna Teresa,
Teresa luna, dammi fortuna.» 

Fino a qualche decennio fa esistevano donne depositarie di un sapere molto antico, abili erboriste chiamate orassionarjas che guarivano anche con formule magiche dette verbos e usavano tre grani di sale per scacciare il malocchio.

Le anziane accabadòras, protagoniste anche dello splendido romanzo di Michela Murgia, una vecchia donna che veniva chiamata a por fine all’agonia dei moribondi, quando questa si protraeva per molti giorni provocando inutili sofferenze al malato, oppure dopo le esequie si recavano al cimitero per “chiudere la casa”, girando tre volte la punta di una grossa chiave sulla tomba.

E anche attualmente esistono deinas che praticano la cosiddetta “medicina dello spavento” a chi è oppresso da incubi o ossessioni, oppure adottano la gestualità lustrale dell'acqua gettata dietro le spalle.

Tuttora, nella Bassa Gallura, si saluta la luna nuova con l'esclamazione:
« Luna miraculosa, dammi la grazia di l'anima».
E chi può dare la grazia dell'anima? Il Dio maschio che non sa cosa sia la Grazia, cioè il "dare gratis" e non secondo se siamo stati obbedienti o meno?

No di certo, la grazia dell'anima è legata all'Anima Mundi, ovvero a Diana, la Luna misteriosa è lei.



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